Una nuova poesia di Tonino Ansaldo che ancora una volta sceglie GiglioNews per presentarla ufficialmente ai gigliesi ed agli amanti della nostra isola. Per chi volesse leggere i versi pubblicati negli ultimi anni, può visitare l'apposita pagina LE POESIE DI TONINO ANSALDO.
Oggi Tonino con i suoi versi ci porta indietro nel tempo fino al I° secolo Avanti Cristo e ci racconta la genesi del nostro porto dando voce, in uno slancio straordinariamente surreale, niente di meno che a Lucio Domizio Enobarbo, nonno del futuro imperatore Nerone, che sopra l'attuale cala del Saraceno decise di edificare, all'epoca, una delle sue più imponenti ville marittime.
E decise di farlo sul quel sacro colle, poi diventato Castellare, che domina ancora oggi, come una gobba che addobba, il centro abitato di Giglio Porto.
In basso, per prima, costruì la diga di cento e venti passi, ovvero il primo tratto dell'attuale molo di levante, che allor pareva di larga misura e massima protezione contro la furia del mare. Ed una peschiera tra i graniti muri della suggestiva Caletta del Saraceno che ancora oggi fa bella mostra di sé come vistosa vasca cetaria.
In cima invece, in alto al colle SACRO, eresse un faro e poi a scendere le sue domus residenziali ed ancora edifici isolati sulla spiaggia.
Il tutto ai piedi del più alto Poggio della Chiusa, imponente monte di granito masso che offriva alla sottostante marina una naturale protezione dal Libeccio, Ponente ed in parte pure dai nordici venti. E proprio su quella spiaggia quel granito compatto, SACRO NOSTRO ELETTO, CANDIDO MARMO ESTRATTO, veniva abilmente modellato in colonne colosse, quadre o tonde ed imbarcato sulle navi alla volta delle più importanti destinazioni in Italia e nel resto del mondo.
Un solo interrogativo rimaneva al poeta: perché Lucio Domizio, che di mare e terre fu padrone, non scelse altri luoghi più ampi e comodi per costruire la sua villa ed il suo porto? Avrebbe potuto farlo, ad esempio, sul versante di ponente dell'isola, laddove il sole tardo muore, in un ampio golfo aperto al nord con un enorme piano su una vasta spiaggia, su un calcare verdeggiante di fronte ad un faraglione seducente ... e la risposta sembrerebbe, al lettore, rimanere sospesa come spesso accade quando si indaga il mito e l'avvincente fascino della civiltà romana ...
Ma Tonino ci stupisce ed in maniera originale quanto solenne ci fa rispondere direttamente dal console Lucio: “poserò fabbriche su quel lido dal mar circondo che nessun altro angolo dell'isola pareggia in bellezza, su quel litorale che appare di un giallo solare anche quando la pioggia vorrebbe dipingerlo di grigio ... costruirò alta la mia reggia su quel pendio protetto dal vento dove sorge in abbondanza la SACRA PIETRA granitica ...”
Questa nostra ampia introduzione vuole semplicemente aiutare il lettore nella lettura dei bellissimi versi che seguono, senza la pretesa di riuscirci e senza voler rovinare la magia di una poesia; vi consigliamo di scorrerli tenendo sott'occhio, per immedesimarvi ancora meglio, la straordinaria ricostruzione grafica ai cui autori il poeta dedica sincere parole di gratitudine: "Un grazie infinito per il magnifico disegno alle magiche matite di Fabio e Pietro Solari, impareggiabili artisti gigliesi".
IL PORTO ROMANO
Lassù
come gobba che addobba
romano resta,
e domina.
Quel sacro colle.
Poi Castellare.
Dove Lucio Domizio Enobarbo
di Nerone sanguigno
lì presso costrusse.
Mega la diga
di cento e venti passi.
Allor pareva
di larga misura
e difesa contro il mare
si prendeva cura.
In alto
al colle SACRO
sul picco un faro
e domus (case)
Domizio per sé eresse.
Ed insulae (case)
sulla curva piaggia pose.
Pur v'era
Dabbasso al colle
di pesci cibaria
tra i graniti muri
vistosa vasca cetaria.
Quel tutto ai piè
Della detta “Chiusa”
baluardo monte
dai libecci, dai ponenti
riparo in parte pure
dai nordici venti.
Altissimo e fatto
di granito masso
porgea l’abbraccio
alla marina lì dabbasso.
E quel monte
quel dono offriva
presso la battigia
lì su quella riva.
SACRO NOSTRO ELETTO
CANDIDO MARMO ESTRATTO
GRANITO COMPATTO.
Lì sul facile approdo
multiforme prendeva quel sasso,
in colonne colosse
ora quadri ora tondi
simbarcava sui navigli
quindi lungi per altri mondi.
Ed oggi ancor
chiedommi
lì perché il bel costrutto fece
Domizio console
nonno di principe Nerone
che di mare e terre fu padrone.
Poteva
Domus ed insulae
alzare e dighe
laddove
Elio il sole
Tardo muore
e la tenebra tarda vince.
Laddove
ampio golfo
al nord s’apre
e tergo largo
enorme il piano
su vasta piaggia s'avvince.
Eppur
nulla e niente
in quel loco
Lucio eresse ...
Né palazzi mise
sul calcare verdeggiante
né presso il faraglion seducente.
E al mondo disse: "Noi ...
che di terre e mare
romani siam padroni
distruggere possiamo
e dove piace alzar
le nostre abitazioni.
Quindi ...
fabbriche poserò
laddove
di bello girando intorno
nessun angolo pareggia
quel lido dal mar circondo.
Dove
pur quando
grigio dipinge la pioggia,
solare giallo appare
quel litorale.
E lì sul pendio,
di quella gobba che addobba
già mia vedo alta la reggia.
Dove poco il vento danneggia ...
Dove di pregio maggior,
SACRA LA PIETRA
sorge in abbondanza,
e prossima viene al taglio
sulla bella piaggia
tra le altre quattro tutte
somma eccellenza ..."
Così disse
quel romano
e lì costrusse ...
Di Igilium
romano il porto.
Tonino, gennaio 2022
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