Il ritorno al Castello del Crocifisso d’avorio
Don Marco Monari
Diocesi di Pitigliano-Sovana-Orbetello
Direttore Ufficio Beni Culturali
Relazione Tecnica della dott.ssa Maria Mangiavacchi, Soprintendenza Bsae di Siena:
"Il Crocifisso d'avorio di Papa Innocenzo XIII" - VISUALIZZA
«O Crux, ave, spes unica!»: Salve o Croce, unica speranza. Si tratta dell’incipit dell’ottava quartina dell’inno Vexilla Regis, composto da Venanzio Fortunato verso la metà del secolo VI e cantato in quaresima. L’inno fu scritto quando una reliquia della Santa Croce regalata da Giustino II, fu consegnata al monastero fondato da Radegonda moglie di Clotario e figlia del re di Turingia, regalatale da Giustino II.
Sull’Isola del Giglio lunedì tredici gennaio è sbarcata non la reliquia della Santa Croce, ma il prezioso Crocifisso del secolo XVII, rimasto – forse per la prima volta in assoluto – lontano dall’Isola e dalla Parrocchia di San Pietro al Castello per oltre sette mesi dal momento del suo primo arrivo. Il Crocifisso d’avorio fu donato dal gigliese monsignor Miliani nel 1725 insieme ad un prezioso parato da altare in argento, compreso il braccio reliquiario di San Mamiliano, proveniente dalla cappella papale di Innocenzo XIII.
Le operazioni di inventariazione delle opere d’arte nel territorio diocesano che stiamo ultimando e la storia che il Giglio conserva, hanno fatto nascere l’idea di approfondire lo studio di questi manufatti sei-settecenteschi. Attraverso un certosino lavoro di ricerca negli archivi più importanti di Roma – compreso il cosiddetto archivio segreto vaticano – e in quelli locali, condotto dalla nostra responsabile scientifica dottoressa Valentina Valerio, sarà possibile offrire all’Isola e in particolare al Castello un’importante documentazione storica, che verrà consegnata alla popolazione in un prossimo convegno, auspicabilmente da organizzare nella prossima primavera.
Tornando al Crocifisso d’avorio, va specificato che il prezioso manufatto non era stato certamente trafugato, ma legittimamente consegnato alle autorità statali e diocesane dietro regolare richiesta al parroco don Vittorio prima e don Lido poi, per essere esposto in importanti mostre al Museo degli Argenti di Palazzo Pitti a Firenze e al Museo di Palazzo Orsini di Pitigliano, insieme ad altri preziosi manufatti della stessa epoca. Un’opera di questa portata, con un valore religioso, storico, culturale e artistico non quantificabile, ha potuto essere così apprezzata da migliaia di persone di tutto il mondo, che tra l’altro ne hanno anche chiaramente appreso la provenienza e l’importanza. Sicuramente un punto di sano orgoglio per la parrocchia del Castello e dell’intera Isola del Giglio, custode gelosa e fiera di questa «reliquia» da oltre due secoli.
Le operazioni per la riconsegna del prezioso manufatto sono iniziate a Pitigliano, da dove è partito scortato da una pattuglia dei carabinieri e accompagnato dal direttore dell’Ufficio diocesano beni culturali e dall’ispettore del Ministero italiano dei beni e attività culturali e del turismo, dottoressa Maria Mangiavacchi. A Porto Santo Stefano la cassa contenente il Crocifisso d’avorio è stata imbarcata sulla vedetta della Capitaneria di porto, che ha fatto immediatamente rotta verso l’Isola. A questo proposito ai Carabinieri e alla Capitaneria di porto vanno i nostri più sentiti ringraziamenti, per la loro disponibilità e sensibilità.
Per le tristi circostanze della giornata, in coincidenza con la commemorazione del secondo anniversario del naufragio della Concordia, l’arrivo del Crocifisso è avvenuto con la massima discrezione e in silenzio. Tuttavia, questo oggetto sacro e caro per il grande significato che contiene in sé per i cristiani e non solo, in questa occasione avrebbe potuto dare pubblicamente un segno di speranza e consolazione, offrendo un motivo ulteriore di riflessione, accanto alla quasi esclusiva risonanza mediatica – forse fin troppo rimarcata – della drammatica ricorrenza. «Salve, o Croce, unica speranza!». È consolante pensare che forse non a caso il parroco don Lido, d’accordo con il sindaco Ortelli, ha chiesto che il Crocifisso tornasse al Castello in questa ricorrenza.
Nel primo pomeriggio il Crocifisso è stato poi ricollocato nella sua sede originaria, ovvero nella chiesa del Castello, prima del previsto concerto dei bravissimi solisti dell’ensemble del Festival Musical Giglio. Con una nota di commozione alcuni Castellani hanno voluto presenziare a tutte le delicate operazioni di riposizionamento nella cappella, accompagnate dal suono ininterrotto delle campane.
Da parte mia, quale responsabile dei beni culturali presenti nel territorio della Diocesi di Pitigliano-Sovana-Orbetello di cui l’Isola fa parte integrante, mi preme infine portare i ringraziamenti alla comunità del Castello del Vescovo S.E. Guglielmo Borghetti – ai quali unisco volentieri i miei – per la straordinaria sensibilità della popolazione verso il proprio patrimonio culturale e artistico, come anche per la generosità e la pazienza che hanno dimostrato nell’attendere il ritorno del Crocifisso.
Mi preme inoltre fare una precisazione. Un’opera di straordinaria importanza quale è il Crocifisso d’avorio, necessita di un’elevata attenzione conservativa, per evitare che pezzetto per pezzetto si deteriori ulteriormente irreparabilmente, mentre invece richiede di conservarsi nel migliore modo possibile, a tutela dell’opera stessa e soprattutto della memoria che porta in sé. Una memoria che conserva la storia e la cultura di chi l’ha creata, di chi l’ha donata e di chi l’ha accolta. Una memoria che contribuisce a garantire anche l’identità di chi oggi la custodisce e la contempla, al Giglio come anche in ogni altra parte del mondo.
Non possiamo e non dobbiamo dimenticare che il Crocifisso è simbolo e patrimonio universale dell’identità cristiana (e, mi si permetta, non solo cristiana). Un’identità incentrata sui valori irrinunciabili e non negoziabili della speranza, dell’accoglienza e della solidarietà, espressi egregiamente dalla popolazione del Giglio nelle ultime tragiche circostanze, a dimostrazione di quanto la cristianità, nata proprio dal cuore stesso della Croce, abbia vissuto e trasmesso in ogni tempo tali valori, fino ad oggi.
Relazione Tecnica della dott.ssa Maria Mangiavacchi, Soprintendenza Bsae di Siena:
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Il ritorno al Castello del Crocifisso d'Avorio
Autore: Maria Mangiavacchi e don Marco Monari
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