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Ilo: "Il dispensatore di sano umorismo"

IL DISPENSATORE DI SANO UMORISMO

in morte di Ilo Danei

Non abitava più al Giglio da anni, ma era gigliese.
A un certo punto del suo lungo romanzo di vita, scelse, insieme alla moglie Luisa, maestra elementare, di vivere in continente non molto lontano dalla costa, sempre nella possibilità, guardando l'orizzonte marino, di scorgere l'isola, lasciata senza traumi né sofferenze, al suo passato di bimbo, ragazzo e giovane uomo vivace e turbolento.

Quinto di sei figli (due femmine e quattro maschi), si chiamava Ilo come il fondatore della città di Troia descritto tragicamente bene da Omero nell'Iliade, e in cui Virgilio, nell'Eneide, lo rese famoso esaltandone la facondia, cioè la naturale disposizione ad esprimersi con facilità e abbondanza di parole verso un pubblico coinvolto e attento.
Un nome un destino: il nostro Ilo, certamente ne ereditò la magia "dell'affabulazione scenica" e quindi la rara capacità di dispensare battute di sano umorismo.

Aveva il sorriso aperto alla Fernandel, e ciò aiutava molto la mimica facciale nei racconti di aneddoti dove i protagonisti erano vecchi paesani, o i suoi giovanili trascorsi familiari quasi mai felici, usando parole e verbi di antico stampo toscano.
Gli umori si creavano intorno alla sua figura racchiusa da capannelli di gente; amici assetati di voglia di ridere e di vivere il momento offerto dal nostro affabulatore.

Con Ilo non c'erano da pagare biglietti d'ingresso a teatro: bastava sedergli accanto sul murello della Porta, e ascoltare.
Umori che oggi inchiodano alla riflessione di un mondo perduto con le lacrime agli occhi per quanto "si schiantava da ride" - lacrime che forgiavano gli animi all'ottimismo con quel ragazzo irresistibile.

Ma io ho conosciuto anche la malinconia dell'amico che faceva sorridere; chitarra alla mano, i suoi occhi verde scuro nascondevano sogni e tante paure nel domani.
Ho conosciuto il giovane Ilo innamorato (ricambiato) della mia migliore amica; una storia limpida avvolta nei palpiti della tenerezza e del timore di amare sotto gli sguardi severi dei genitori (che poi vinsero) sempre contrari alle scelte dei figli.

Ho voluto bene a Ilo. Ci siamo voluti bene nella fatica che la speranza delle nostre vite potesse alfine prendere la svolta giusta per tutto il gruppo sognatore isolano degli anni '60: per lui, per suo fratello Nanni, per la mia amica, per me. E così, nel tempo di - ognuno per la sua strada - è stato.

Nel ricordo di quegli occhi velati di verde scuro, non da schianta' da ride vanno oggi le lacrime, ma ahimè, questa è la via, dopo che "la lunga svolta giusta" giunge alla fine.

Palma Silvestri