"La grande eredità": il nuovo libro di Palma Silvestri
Dedicato all'Isola del Giglio
Oltre la passione: un messaggio ai miei paesani, ai gigliesi che non conosco, o che conosco poco; ai forestieri che una volta scoperta l’isola la fanno loro con entusiasmo, anche se talvolta con sguardo distratto. Va guardato con umiltà e benevolenza ciò che di veramente bello dà questa nostra terra che va oltre il mare, pure maestoso e struggente in tutte le sue sfumature.
Parlo della storia locale, dell’uomo e del suo impegno nel plasmare con immane fatica e sudore le proprie radici.
Sono trascorsi tredici anni dalla pubblicazione del mio primo libro foto/narrato, intitolato “Nella mia isola - Palmenti e Capannelli” ed. Nuove scritture - 2005.
La forte speranza espressa che, attraverso Enti e/o iniziative private, si potessero recuperare i palmenti più rappresentativi della storia passata non è stata delusa; i due capanni della “Reginetta del Serrone” sono stati ripristinati e salvati dai venti che arrivano dal versante ovest; anche in località Tre Fonti, capanno, forno e palmento con edicola risplendono per l’avvenuto restauro.
Un piccolo merito credo vada anche alla divulgazione del suddetto volume. Le illustrazioni, le micro storie sulla vita passata… gli aneddoti hanno contribuito a risvegliare “la consapevolezza smarrita tra i rovi di quel mondo ordinato che fu proprio della nostra gente”.
Le mulattiere del Giglio sono testimonianza di conquista delle terre: da un appezzamento all’altro, da una vigna all’altra, è sempre stato un intensificarsi di scorciatoie, carraie, vallicole di confine dal disegno geometrico perfetto.
Quel mondo coltivato era la nostra grande eredità, ma, negli anni ’60 con la malattia della vite tutto crollò. La campagna fu in buona parte abbandonata e lo stesso destino l’ebbero le mulattiere, i palmenti, i forni.
La vegetazione mediterranea stravolse i confini compattando un panorama impenetrabile e l’isola perse ad uno ad uno i fedeli e muti aiutanti: gli asini.
Negli anni ’70, immerso nel suo torpore forzato, il Giglio viene scosso da una voce che porterà speranza di ripresa e lavoro: il Turismo; persino le antiche celle, le pagliaie, si trasformano in accoglienti monolocali…
L’eredità ritrovata
Era il 1991, quando Comune e Pro Loco, con determinata volontà e sinergia, iniziarono il ripristino di tante mitiche mulattiere agevolando la vicinanza con il territorio di quest’isola benedetta.
Vicinanza che oltre al mare, include ritorno alla terra; alla storia del vitigno Ansonica.
Dire vino Ansonaco per un isolano significa dire storia della famiglia. Significa lavoro e ritrovarsi in cantina con gli amici e il bicchiere di vino ambrato in mano.
Nel progetto “Sentieristica fiore all’occhiello”, (2011) come volontaria della Pro Loco ho sentito con forza il dovere di collaborare con il Direttivo nello sbrogliare rovi e rendere accessibili sentieri altrimenti dimenticati, perché sotto quei rovi c’era la vera toponomastica gigliese; c’erano le antiche greppe, i forni e i palmenti significanti della nostra storia.
Oggi sono aumentati gli appezzamenti lavorati da vignaioli e aziende vitivinicole; oasi verdi di respiro isolano tornano a confermare la terra come punto di forza e tradizione locale da portare avanti.
Una grande eredità, iniziata secoli e secoli fa, proprio con i Palmenti.
La mia ricerca - famigliare - si ferma a quest’ultima pubblicazione: LA GRANDE EREDITA’, che partendo dalla prima, si presenta in una nuova veste grafica e arricchita da ciò che negli anni ho ancora trovato camminando per lontani sentieri impraticabili, ma alcuni anche vicinissimi al Paese.
Auguri cari Palmenti, vi ho cercato con sentimento puro nelle terre, vero mondo bello dell’isola.
La vita degli esseri umani è precaria e ineluttabile ma ci sarà sempre qualcuno che vorrà sapere, e voi, sentinelle storiche, continuerete a raccontare…
Palma, razza Barroccio
La Grande eredità - di Palma Silvestri, Innocenti Editore dicembre 2018 - con il patrocinio del Comune, Pro Loco e Circolo Culturale gigliese, è stata stampata grazie ai seguenti sponsor:
- Azienda Vinicola "Castellari - Isola del Giglio"
- Azienda Vinicola "Il Paradiso dei Conigli"
- Azienda Vinicola "Bibi Graetz"
- Azienda Vinicola "Fontuccia"
- Cooperativa "Le Greppe"
- Panificio "Di Cristina"
Hai scritto una frase sacrosanta o addirittura solenne, Palma, che bisognerebbe scolpire sul granito: LE MULATTIERE DEL GIGLIO SONO TESTIMONIANZA DI CONQUISTA DELLE TERRE: DA UN APPEZZAMENTO ALL’ALTRO, DA UNA VIGNA ALL’ALTRA, È SEMPRE STATO UN INTENSIFICARSI DI SCORCIATOIE, CARRAIE, VALLICOLE DI CONFINE DAL DISEGNO GEOMETRICO PERFETTO. L’ORO dell’Isola (a terra) era costituito dai vigneti. Il loro graduale ripristino, con il necessario ammodernamento, costituisce una carta vincente e come tale deve essere promosso ed incentivato. Le testimonianze non mancano e Tu Palma ne sei una valida portatrice. L’isola del Giglio è protetta dal Parco Nazionale Arcipelago Toscano, le zone tutelate all'isola sono esclusivamente a terra, circa la metà del territorio. Forse qualcosa dovrebbe essere rivisto in questa ottica onde evitare che tutto, o comunque troppo, diventi macchia mediterranea impenetrabile dove nemmeno gli Asinelli riuscirebbero più ad inoltrarsi.
Risposta al maestro Giampiero Calchetti Nata nella malia di un’isola che ha forgiato il mio spirito, posso sfuggire a me stessa? Ho trascorso buona parte della mia vita alternando cieli diversi ma hai ragione caro Giampi, citando Orazio: non si mutano i sentimenti, le emozioni che fanno parte di un tesoro interiore acquisito e non acquisibile altrove…sotto altri cieli. Tante volte ho desiderato dire a me stessa: “sto bene davvero” con riferimento a quella sottile inquietudine che appunto io chiamo malia che sempre mi accompagna. Soltanto tra le pietre (pure sature di solitudine), la rena, l’erba fresca e la salsedine di casa mia percepisco “quel benessere” temporaneo. Grazie Maestro per aprirmi a codesti squarci di umana sincerità.
Cara "Silvestra", credo che a nessun Gigliese di nascita, più che a te, s'addica quanto sta scritto all'ingresso della torre di Campese, inciso su una lapide di marmo. Ossia. quel ch' ebbe ad asserire, nel verso 27° della 2^ lettera del 1° libro delle ""Epistolae", il grande poeta latino Quinto Orazio Flacco: "Caelum non animum mutant qui trans mare currunt".