I contenuti dei post nella rubrica "Dite la Vostra" di questo giornale sono opinioni personali ed informazioni non verificate provenienti direttamente dai rispettivi autori che se ne assumono totalmente la propria responsabilità. La redazione GiglioNews si dissocia preventivamente dai contenuti che dovessero offendere o ledere la dignità di soggetti terzi, fermo restando il diritto di rettifica ai sensi della legge n. 47/1948. (n.d.r.)
Il polpo Fritz in viaggio verso Genova. Anche Fritz è arrivato a Genova assieme alla Concordia, solo che nessun media si è interessato di lui …
La storia di Fritz
Fritz è un bell'esemplare di polpo maschio che tutto felice aveva trovato riparo all'interno della Costa Concordia naufragata all'isola del Giglio. Dopo qualche ora di esplorazione Fritz aveva pensato che quel luogo era perfetto per farci la propria tana: nessun pescatore si avvicinava, di predatori ce n'erano pochi e quelli grandi si allontanavano disturbati dai rumori. Così Fritz ha deciso di trasferirsi sulla Concordia, trovando alloggio nei pressi di una cabina.
Di indole Fritz è sempre stato un tipo un po’ spavaldo e come tutti i giovani un po’ incosciente, a volte strafottente, ma anche curioso. Qualche anziano gli aveva detto che era meglio stare lontano dal relitto, ma lui si sentiva attirato da quel luogo misterioso e soprattutto ... voleva soddisfare il suo spirito da giovane esploratore. Così ha cominciato a girellare sulla Concordia.
All'inizio Fritz si muoveva con prudenza e circospezione lungo i corridoi della nave, ma poi ha preso confidenza col relitto e sempre più sicuro di sè ad un certo punto ha deciso di farci sopra la propria casa. Tutto felice del suo nuovo riparo comincia a diffondere la notizia a tutta la comunità di polpi che all'inizio lo guarda con un po' di diffidenza, ma col passare dei giorni si lascia convincere.
Sotto la maschera del duro infatti Fritz è anche molto dolce e generoso ed è fiero di poter far del bene ai propri simili.
In men che non si dica Fritz è diventato un idolo per tutta la sua comunità ed in tanti si sono trasferiti sulla nave. Di spazi ove metter su tana ce n'erano assai e la sera si facevano anche alcune feste. Tutti erano grati a Fritz per la sua idea e le giovani polipette lo guardavano con ammirazione. Sulla nave nascevano nuovi amori e qualcuno ha anche messo su famiglia. Ogni tanto si avvicinava qualche strano essere con maschere e pinne ma Fritz, interpellato sul punto, riteneva che quei personaggi erano innocui. E' stato un inverno fantastico e lui - giustamente - si godeva il suo momento di gloria.
Poi d'improvviso - ad aprile - si cominciano a sentire dei rumori fortissimi e sempre più insistenti. Catene che sbattono, martelli pneumatici e tanti altri. E poi quei personaggi con pinne e maschere venivano sempre più spesso, ma soprattutto venivano in tanti. In molti iniziavano a preoccuparsi e nonostante Fritz tentasse di rassicurare tutta la comunità oramai troppi si chiedevano cosa sarebbe successo e le opinioni erano molto discordanti. Così una sera viene indetta un'assemblea per decidere cosa fare e nella grande sala riunioni la comunità di polpi ha votato a maggioranza che era meglio andarsene. Fritz si ritrovò solo a cercare di difendere le sue idee. Molto amareggiato non se la sentiva di abbandonare quel luogo che tanta gioia gli aveva dato. Inoltre voleva dimostrare a sè stesso ed agli altri di avere ragione e così mentre i suoi compagni si trasferivano altrove, lui ha deciso di rimanere e sfidare il destino. Oramai solo, passava il tempo a cercare di capire cosa stesse per capitare ma era impossibile fare previsioni.
Si stava quasi abituando a tutti quegli strani rumori quando d'improvviso il relitto si comincia a muovere. Sembrava stesse ruotando, ma a Fritz la cosa non sembrava possibile. Così ha deciso di aspettare - col batticuore - nella sua tana ed infatti, dopo alcune ore, la nave si è fermata. A quel punto Fritz è andato a farsi un giro scoprendo che in effetti la nave aveva ruotato di almeno 30 gradi. La prospettiva a bordo era del tutto cambiata ma in sostanza il relitto era sempre molto confortevole. L'acqua fresca continuava ad entrare dalle varie finestrelle aperte e così sono passati altri mesi. Finchè una mattina di luglio la nave riprende a muoversi. All’inizio molto lentamente, poi sempre più rapidamente e prima che Fritz riesca a ragionare sul da farsi la nave ricomincia a galleggiare, l'acqua precipita verso il basso e Fritz si ritrova in fondo alla nave in un luogo molto buio. Quando si accorge che è meglio uscire dalla nave il suo passaggio in acqua non è più agibile perché oramai è riemerso e Fritz non può certo saltare.
Si accorge che è intrappolato ... Fritz è ancora a bordo e la Concordia si sta avvicinando veloce al Porto di Genova, ma lui non sa come uscire. Tuttavia in quel luogo così profondo ed angusto Fritz scopre che non è solo. Altri pesci e altri polpi sono ancora sulla nave ed in queste ore Fritz sta cercando di trovare una via d'uscita ... per se stesso e per gli altri …
Come finirà la storia?
Nessuno lo sa ... ed infatti aspettiamo che qualche buon giornalista finalmente si occupi di lui e dei suoi compagni e ci possa raccontare una storia ... a lieto fine!
Buongiorno Sig. Calchetti, con la mia espressione “beati voi ragazzi che pensante a polpi e polpesse” ero “quasi” certo di non aver toccato la sua sensibilità di scrittore ed eccellente comunicatore, magari cadenndo sotto i suoi strali tanto acuminati quanto ben giustificati e motivati._ Lei ha centrato subito l’importanza del momento sul problema dopo-Concordia, sul quale attualmente c’è molta attenzione, ma scarsa chiarezza … per i più._ Le assicuro inoltre che ho ben compreso il significato della storia del polpo Fritz/Concordia o, almeno credo_ Sulla bonifica dei fondali di punta Gabbianara è stata “lanciata” una gara di appalto e, come sempre accade, sarà assegnata al miglior offerente …… anzichè, per esempio, assegnarla in via diretta, ovvero con trattativa privata, all’Impresa Micoperi (comunque partecipante alla gara), che ne avrebbe già ampiamente conquistato diritti sul campo per la capacità dimostrata nella esecuzione delle opere di parbuckling e rigalleggiamento della Concordia._ Lei ben saprà, che una volta assegnata una gara che comprende anche la rimozione di quelle gigantesche piattaforme metalliche poste sul fondale a circa 30 metri di profondità ( e che quindi ormai non costituirebbero alcun danno alla navigazione e al paesaggio e tantomeno all’Ambiente con la A maiuscola) l’impresa aggiudicataria è tenuta ad attrezzarsi e a procedere all’attuazione degli interventi necessari._ Rivedere il contenuto dell’appalto si potrebbe sempre, ma sarebbe oneroso per il Committente ed introdurrebbe difficoltà di trattativa con conseguente ritardi nell’esecuzione._ L’Isola, secondo il mio modesto avviso, ha bisogno di “liberarsi completamente” al più presto dall’assedio di questo “benedetto” cantiere e pensare al suo futuro, l’occasione del mantenimento delle piattaforme come memoria di un avvenimento conosciuto e seguito a livello mondiale è molto importante e non può essere perduta dopo tutti i sacrifici fatti e sopportati dai Gigliesi._ Saluti e cordialità.
PER IL “CONCRETO” SIGNOR PIETRO RINALDI Ha perfettamente ragione, signor Pietro Rinaldi. Ben altri, che non un polpo, sono i problemi. Come, ad esempio, quello, assai serio, delle “piattaforme”. Serio soprattutto perché, come recita un vecchio “adagio” (lo recito a braccio) “finita la festa il santo è gabbato”. E Lei sa bene a cosa ed a chi mi riferisco, in quanto, mentre fare promesse è facile, mantenerle è difficile e raro. Comunque, è il momento di “rimboccarsi” le maniche una volta di più e darsi da fare. Mi consenta, però, pro domo mea, di accennare ancora una volta alla polpo. Giuro che, poi, non ne parlerò più qualunque cosa accada. Del resto, non è che abbia particolari affezioni verso questo Cefalopode. Non ostante, infatti, sia genero d’un vecchio pescatore ormai scomparso, da molti anni, non mangio più alcun tipo di pesce, perché, una volta, a Roma, ne rimasi intossicato. Il sottoscritto, che aveva pensato (agli anziani, ogni tanto, vengono delle “ubbie” e ridiventano bambini; vedasi, ad esempio, la storia di “Don Chisciotte della Mancia”, invaghitosi di Dulcinea), di assecondare, come un “cicisbeo” d’altri tempi e senza neppure conoscerla, i desiderata della signora o signorina Roberta Clerici, che, una volta inventata l’originale storia d’un giovane polpo che, a bordo della Concordia, salpa alla volta di Genova, essendosi, ad un certo momento, trovata in panne, s’augurava che qualcuno portasse a compimento ed a lieto fine la sua “novella”, s’era solo azzardato a scriverne (fors’anche in modo improprio ed inadeguato) il “seguito”, pensando di compiere “una buona azione”. A questo punto, “Apriti cielo!”, il signor Giovanni Ciriani, esperto di navigazione, classico esempio di coloro che vedono, come si usa dire, “la pianta nel bosco”, ma non s’avvedono che intorno alla pianta c’è, appunto, il bosco, ovvero di coloro che vedono il dito che indica la luna, ma non vedono la luna, con una frase furbesca quanto icastica, ha inteso prendersi gioco del sottoscritto, ironizzando sul termine, a suo dire, impropriamente usato, di “polpotta”. Di più, subito dopo che il sottoscritto, piuttosto piccato, s’era azzardato a replicare, un altro signore, Domenico Battistello, con migliore e maggiore verve, ma anch’esso evidentemente abituato a vedere la pianta ed il dito, invece del bosco e della luna, è sceso in campo ad affermare, con un minimo di scienza naturalistica come bagaglio, che “polpessa”, non esiste. Vede, signor Rinaldi, anche se può sembrarlo, questa non è cosa di “lana caprina”, bensì questione assai importante che dà la misura di come è “fatta” tanta e tanta gente di questo Paese sciagurato che va in rovina. Non si guardano quasi mai le cose nell’insieme, valutandole nel loro complesso, bensì, nella convinzione d’essere più furbi degli altri, si fa notare un particolare, che, a torto od a ragione, agli altri è sfuggito, in quanto insignificante, espungendolo dal tutto e su questo si polemizza. Per meglio farmi intendere, Le faccio un esempio, nella fattispecie assai vicino alla gente del Giglio: tutti, ma proprio tutti, negli anni, hanno cominciato a conoscere ed apprezzare un personaggio, anzi, un poeta del luogo, ossia il più che valente Tonino Ansaldo, maestro di Poesia. Ebbene, anch’io ho letto e grandemente apprezzato i suoi bei versi. E questo anche se, talvolta, la sua terminologia e la sua sintassi rispondono più che al linguaggio comune d’un insegnante d’Italiano, a quello (tra l’altro, più vivo e pregnate) dei luoghi e dei modi di dire che fanno del dialetto gigliese pressoché un unicum espressivo. Non sarebbe certamente fargli un bel servizio, sottoporre alla lente d’ingrandimento qualche sua parola o qualche sua insolita espressione. Per un occhio ed un pensiero veramente ed onestamente critici, è il tutto che vale; ossia tutto ciò che, nell’insieme, il poeta, anche nella descrizione di piccole cose, riesce a trasferire nel nostro animo, facendo sentire quello che lui stesso ha avvertito od averte nel momento in cui scrive. Ancora una volta: ebbene signor Rinaldi, fino a questo momento, mentre sul tema della Concordia, rimessa a galla ed inoltratasi nel largo mare, come dicevano i poeti e come, pensi un po’, osano dire i pescatori della laguna di Orbetello, quando si riferiscono al centro del loro angusto specchio d’acqua, si sono pronunciati formalmente in mille, non ho visto un commento al di fuori delle due insulse “bagattelle”, di cui ho scritto poco sopra, che abbia espresso un giudizio, buono o cattivo che fosse, non importa, argomentato, soppesato, meditato sull’originale storia del polpo Fritz, che la signora o signorina Clerici, ha avuto la genialità d’inventare. Una storia che, amio parere, avrebbero anche potuto scrivere altri novellieri o novellatori, quali, ad esempio, i fratelli Jacob e Wilhelm Grimm. Per ultima, ma non ultima in senso d’importanza, la questione che Lei pone. Quella delle Piattaforme. Confesso di non essere stato al Giglio e di non averle viste, neppure in termini d’impatto visivo, se non attraverso le immagini trasmesse dai media. Ragion per cui, non azzardo ad esprimere pareri. E se, comunque, lo facessi, non solo s’evidenzierebbero subito la mia presunzione e la mia incompetenza in materia, ma degraderei irreparabilmente il mio modo di fare, che, salvo errori, dal momento che faccio il giornalista da 59 anni suonati, m’impone di scrivere di cose di cui abbia informazione certa, basata sulla convinzione di dire cose oggettivamente riscontrabili. Una sola piccola cosa, ma non è un’idea da cui si possa prendere spunto per esprimere un’opinione: quando facevo il bagno a Campese e mi inoltravo in acqua verso il faraglione, dopo un po’, mi faceva comodo, sia all’andata che al ritorno, accostarmi, per riposarmi, a quel piccolo manufatto in cemento armato, che, di fronte a quello che, secondo quanto m’è stato detto, era stato l’ingresso della miniera, residua da altri tempi e da altre economie. L’unica cosa che mi creava un certo disagio era che non ci fosse nemmeno uno scalino per salirci.
Ragazzi .... beati voi che riuscite a parlare di polpi e polpesse che avevano scelto Concordia come casa._ L'attenzione dovrebbe anche essere rivolta al PROBLEMA DEL DESTINO DELLE PIATTAFORME DI PUNTA GABBIANARA._ ADESSO VIA LE TORRETTE ........ MA LA GARA DI ASSEGNAZIONE DELLA BONIFICA DEI FONDALI, se contiene anche la rimozione delle piattaforme, DEVE ESSERE SOSPESA._ Questo argomento dovrebbe diventare centrale, anche nella discussione quotidiana dei Gigliesi, altrimenti BUONANOTE AI SUONATORI._ Il Sindaco, sono parole sue di ieri mattina, vede la storia assai complessa e complicata, per me lo sarà ancor di più se si assegna la gara di bonifica completa dei fondali._ Ci vuole unità di intenti e una urgente richiesta al Premier Renzi .... in attesa che venga all'Isola.
RISPOSTA AL SIGNOR DOMENICO BATTISTELLO Egregio signor Battistello, anche se ho due lauree ed anche se mi sarebbe tanto piaciuto esserlo, non sono professore. Di più, ai tempi in cui, ad Isola del Giglio, per il disagio che comportava, non sempre e non tutti i professori accettavano l’assegnazione della cattedra, per cui il Provveditore di Grosseto era costretto a “surrogarli” con eventuali candidature di studenti universitari, disposti a trasferirsi sull’isola, il sottoscritto fece formale domanda, ma non venne accettata, non solo perché iscritto alla “Sapienza” di Roma, da solo due anni, ma pure perché aveva “dato” pochi esami. E questo molto mi rammaricò perché il mio amico d’infanzia Giampiero Saggin, di qualche anno più grande di me ed oggi scomparso, non solo fu, invece, accettato ma al Giglio trovò pure moglie. Non sono professore, come non mangio “nutella”, e se la mangiassi lo farei con il cucchiaino e non certo con i “diti”, semmai con le “dita”. Quanto alla polpessa (siccome s’usa comunemente dire in Maremma, in cui sono nato 74 anni fa, ed in cui, nella zona del “Pozzarello” dell’Argentario, specialmente da ragazzo, con la “polpara” o la classica zampa di gallina, di polpi ne ho catturati tanti), non l’ho certo citata, nella seconda parte della novella della signora o signorina Roberta Clerici (che, al cospetto della prima, non è poi un granché), perché la ritenessi, dal punto di vista naturalistico, scientificamente, ovvero linneanamente classificata quale cefalopode, bensì come parola inadatta, considerate anche le assonanze negative con altre parole, quali, ad esempio, Badessa, Pitonessa, etc., a “rappresentare” l’ipotetica giovane e graziosa partner d’un polpo innamorato poco più che adolescente; come del resto parimenti sarebbe stato per “polpa” o “polpona”, ingeneratrice d’equivoci ben più del “vezzeggiativo” polpetta, su cui, a sproposito, ha inteso furbescamente interloquire il signor Ciariani. O forse, secondo Lei, sarebbe stato meglio, al posto di “polpetta”, scrivere semplicemente ed asetticamente, facendo con ciò perdere all’espressione favolistica ogni nota di garbo e gentilezza, d’una giovane femmina di polpo, con il rischio che, poi, qualcuno, studioso quale è Lei dell’”Octopus”, mi tirasse poi le orecchie, per farmi sapere che, in realtà, il polpo non è né maschio, né femmina, in quanto “ermafrodita”?
(Se, infatti, avessi scritto polpessa, non solo la parola, strascicata ancorché non sdrucciola, avrebbe volgarizzato il soggetto, invecchiandolo, soggetto che, invece, alla stregua di come era nei pensieri, nei desideri e nei diritti d’un giovane ed aitante polpo, doveva essere giovane e desiderabile, ma avrebbe anche, in modo concettualmente surrettizio, fatto trasparire un’ipotesi di relazione sostanzialmente innaturale tra una femmina, per così dire, “navigata” (che non vuol dire andare per mare), ed un giovane maschio dalla faccia pulita, alla ricerca dell’amore.) La polpessa (Octopus macropus Risso, 1826) è un animale appartenente al phylum Mollusca, classe cephalopoda della famiglia degli Octopodidae. Non si tratta della femmina di Octopus vulgaris. Professore, colto con " i diti nella nutella" Buonagiornata sig Calchetti!
RISPOSTA AL SIGNOR CIRIANI “Punture di spillo” Caro signor Ciriani è la seconda volta che La colgo con “le mani nella marmellata”. Speravo che la “lezione” dataLe attraverso la “spiega” di cosa sia un “Fondo Comune d’investimento” Le fosse bastata. Ed invece rieccola a fare le battute come se gli altri fossero meno furbi e meno intelligenti di Lei. Sappia che scrivere è cosa seria e per far ridere ci vuole stoffa, mentre la sua battuta è solo, come si dice al mio Paese, una “furbata”, che non implica acutezza d’ingegno. Ma perché non si occupa di navigazione, di cui, mi pare, se ne intenda? Di scrivere, invece, un po’ meno, se non ha neppure capito che il termine “polpetta”, messo tra virgolette è una licenza (non poetica perché nella fattispecie non si tratta di una poesia) bensì di un modo irrituale di definire qualcosa che è altrimenti difficile significare nel suo vero senso. Comunque, se non è un Talebano od un provocatore, per favore, mi ascolti! Se, infatti, avessi scritto polpessa, non solo la parola, strascicata ancorché non sdrucciola, avrebbe volgarizzato il soggetto, invecchiandolo, soggetto che, invece, alla stregua di come era nei pensieri, nei desideri e nei diritti d’un giovane ed aitante polpo, doveva essere giovane e desiderabile, ma avrebbe anche, in modo concettualmente surrettizio, fatto trasparire un’ipotesi di relazione sostanzialmente innaturale tra una femmina, per così dire, “navigata” (che non vuol dire andare per mare), ed un giovane maschio dalla faccia pulita, alla ricerca dell’amore. Un giovane maschio, intraprendente e simpatico, di cui ha magistralmente favoleggiato la signora o signorina, non so, Roberta Clerici, arrestando la sua bella novella a metà, per chiedere collaborazione, a chi ne avesse avuto voglia e talento, nell’argomentare un conclusione a lieto fine, che, comunque, non avrebbe avuto la finezza, l’inventiva, la spontaneità e la levità di linguaggio che l’autrice è riuscita a mettere in campo. Ma perché mai sto tanto a spiegarLe cose, che evidentemente non costituiscono il suo orizzonte mentale, signor Clerici, visto che potrei cavarmela semplicemente riprendendo (in quanto già ho avuto occasione d’usarla in altra contesa) l’espressione di Plinio il Vecchio riferita al grande pittore greco Apelle (quello del famoso “scioglilingua” relativo “alla palla di pelle di pollo”), che, ad un calzolaio eccessivamente petulante e saputello al cospetto d’un suo quadro importante, ebbe a dirgli : ne sutor supra crepidam?. Con ciò significandogli di badare al suo mestiere. Ad ogni buon conto, non me ne voglia ed abbia, comunque, un cordiale saluto!
Fino ad oggi pensavo che polpetta fosse una ricetta a base di carne insaporita da altri ingredienti :-)
IL SEGUITO DI FRITZ Fritz, intanto, poiché era un polpo intelligente, aveva capito, non solo che, intorno a lui ed al suo rifugio, le cose erano cambiate ed andavano, via via, cambiando, ma anche che, piano piano, la nave che lo aveva comodamente e per tanto tempo ospitato, si stava spostando verso Nord. Non che sapesse dove stessero l’Est, l’Ovest, il Sud ed il Nord, in quanto le scuole le aveva frequentate poco, limitandosi a qualche saltuaria presenza. E questo perché, andare e tornare, per mare, dal Porto a Campese, ove si trova l‘Istituto Regionale Acquatico, considerate le molte miglia di distanza, ogni volta gli costava tanta fatica da ridurlo allo sfinimento. Aveva, comunque, imparato ad orientarsi col sole che, ogni mattina, gli sorgeva in faccia dall’orizzonte ricompreso tra l’Argentario e Giannutri (ove i polpi anziani dicevano esserci, ormai diroccata – come l’avessero saputo non si sa – una bella villa romana), per andare, poco a poco, alzandosi e spostandosi in cielo, a riposare dietro Montecristo, che aveva visitato nel corso d’una Gita Scolastica, ben oltre quel faraglione “barzotto” di Punta Campese, che sembra stia lì lì per cadere in acqua da un momento all’altro ed, invece, non cade mai. Poi, anche senza l’aiuto delle stelle perché il cielo era coperto, si rese conto che la rotta del relitto stava piegando leggermente a Nord-Est, verso il continente e, poi, verso basse colline sempre più prossime al mare. E pure questo lo aveva capito grazie al sole perché, mentre prima l’alba dalle ”dita di rosa”, siccome la chiamavano i poeti greci, sembrava sorgere dal mare, appunto tra Giannutri e l’Argentario, ora, man mano che il convoglio procedeva verso Nord, l’astro, prima di farsi alto in cielo, spuntava da terre sconosciute, fino a primeggiare tra alte montagne, su cui stavano abbarbicati, in bella evidenza, paesi e paesi. Insomma, Fritz, dopo tante giravolte, rotazioni, sollevamenti, qualche sversamento di poco conto, ed un lento e lungo viaggio, quando si trovò sottocosta, in piena luce, all’interno d’un ampio bacino su cui affacciavano finestre e balconi (che, poi, seppe essere stati “salatamente” affittati per gratificare tanti e tanti curiosi della vista del mastodonte che lo ospitava), si rese, improvvisamente conto, visto l’affanno che, nel frattempo, gli era venuto, che per lui e per gli altri pesci, rimasti intrappolati all’interno, c’era il rischio di morire asfissiati: perché l’acqua, in cui erano rimasti immersi per giorni, non aveva avuto ricambi; perché erano in tanti a respirare, ed anche perché, qualche infiltrazione di liquidi sporchi si era travasata nei locali, in cui s’era raggruppati e raccolti. Peccato pensò che, tra noi, non ci sia nemmeno una “polpetta”. “Se fosse stata qui, gorgogliò a se stesso, le avrei preso la mano, le avrei fatto una breve corte, e se, poi, ci “fosse stata” anche nell’altro senso, ci saremmo abbracciati stretti stretti con i nostri tanti tentacoli, e se il destino, non ostante l’amore, avesse comunque voluto carpire le nostre giovani vite, almeno ci saremmo per un po’ consolati a vicenda, prima di soccombere”. Capì anche che si trovava ben lontano da dove era nato e che, forse, il nome di Fritz che gli era stato dato, non gli si addiceva molto (l’aveva sentito pronunziare un giorno, quando, avendo fatto capolino, appena fuori della sua tana, d’improvviso, si trovò faccia faccia con un tipo alto e biondo e di pelle chiara, che, mentre lui, per reazione, gli spruzzava acqua salata negli occhi, l’altro, per il fastidio procuratogli, s’era abbandonato ad una serqua di esclamazioni alquanto irose ed incomprensibili, che s’erano chiuse con una parola secca e dura, dal significato incontestabile di “Fritz”, con cui pensò d’essere stato battezzato. Ormai, però, non c’era più nulla da fare, perché, seppure sarebbe stato meglio avere un nome dalle assonanze acquatiche e gutturali come, ad esempio, “Blob” o “Blub”, che richiama il rumore d’una bolla d’aria che s’apra sulla superficie del mare, tutti ormai lo chiamavano Fritz, e tale lo avrebbero sempre chiamato, nella convinzione, come si diceva in giro, che quel Nibelungo incazzato, si fosse onomatopeicamente riferito, allo sfrigolio che, tale e quale ad uno spruzzo di Seltz, fa il getto d’acqua emesso dai polipi per difendersi. Fritz, inoltre, poiché si ricordava bene che, nel corso delle sue capatine, per così dire, “fuori porta”, che, di tanto in tanto, si concedeva nei luoghi natali, aveva sentito parlare tante e tante lingue diverse, tutte parimenti incomprensibili al di fuori delle tonalità e delle cadenze, si rese anche conto che, per lo più, quelli che s’accingevano a salire a bordo, erano gente diversa e d’altra specie, in quanto pronunciavano parole cantalenanti come se parlassero a fatica cercando di economizzare anche sul fiato. Ed alcune di queste persone gli furono subito antipatiche perché, approfittando del fatto che nelle angustie degli spazi di ricovero in cui lui e gli altri pesci s’erano ridotti in massa, ormai prossimi all’asfissia, avevano nascostamente gettato in acqua delle lenze, sicuri d’allamare qualche malcapitato per metterlo in pentola. Per fortuna che tra gli autorizzati a salire sul relitto, per scopi ispettivi, c’erano anche alcuni autorevoli rappresentanti di Legambiente e Greenpeace che, mentre Fritz stava riflettendo su com’era bella la vita anche solo a pensare ai giorni appena passati, quando, a ridosso della Gabbianara, non correva insidie di sorta e poteva tranquillamente muoversi senza rischi nel ventre della nave, appena s’accorsero dell’opera di sciacallaggio in atto, si misero ad urlare come ossessi, richiamando l’attenzione delle autorità portuali preposte ed obbligando quegli sciagurati a desistere dai loro insani propositi. Non solo, cosiddetti “ambientalisti”, ricordandosi che a Genova, da anni, era stato realizzato uno dei più belli, imponenti ed attrezzati acquari del mondo, tanto strepitarono che la Capitaneria di Porto, approntato un grosso motoscafo e predisposti dei contenitori opportunamente ossigenati, con l’ausilio di capienti retini, raccolse con accortezza tutti i pesci rimasti intrappolati nella stiva, ivi compreso Fritz, e li fece trasportare, appunto, presso l’Acquario Nazionale, ove ben ripuliti e stabulati per qualche giorno, emendati da incrostazioni, residui oleosi e quant’altro gli era rimasto addosso nell’angusta dimora del viaggio, furono immessi in una grandissima vasca, a sguazzare tranquilli, assieme alle molteplici altre specie di pesce, al cospetto di visitatori e scolaresche appositamente organizzati per visite a pagamento. Tra gli altri pesci, c’erano anche diverse “polpette” che, come si sa (così è e sempre sarà la vita), fecero a gara, per conoscere il nuovo venuto, appena sbarcato, mettendoglisi intorno e chiedendogli, tra tante “smancerie”, chi mai fosse, da dove mai venisse, se fosse ammogliato o meno. Una volta saputo che nessuna polpetta aveva ancora conquistato il suo cuore, la più bella ed intraprendente tra loro (forse anche la più autorevole), scopertasi il seno, fino a quel momento celato da bionde e lunghe chiome intrecciate, senza tanti preamboli, lo prese per mano e lo condusse lestamente in un anfratto, cui faceva velo un giardino di Anemoni e di Gorgonie, a compiere il suo dovere. Ora, all’Acquario s’attende che nascano tanti polpetti, cui sembra saranno dati i nomi di Campese…Cannella … Caldana … Capel Rosso … Fenaio … Allume … Arenella, etc., nomi pacifici, distensivi e nostrani, che molto più gli si addiranno rispetto al rischio di finire battezzati quali Fritz 1°, 2°, 3°, 4° e così via, scattosi e frizzanti, nonché, di fatto, incomprensibili. A proposito di Fritz, un pettegolezzo. Sembra che questi, “eccitato” più che mai al cospetto di quel “tiaso” di avvenenti “sirocchie”, palpitanti d’amore, non si sia affatto preoccupato di chiedere, all’audace polpetta, che s’era fatta avanti, quale fosse il suo nome (né sembra che lei abbia ritenuto importante fargli “conoscere” quel dettaglio). Ragion per cui, anche se riteniamo, come nelle favole, che abbia, comunque, un bel nome, non siamo in grado di rendervene edotti.