L'annosa questione della palestra
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A suo tempo, ebbi a scrivervi in merito alla palestra di Campese, messa, a bella posta, ai margini del campo sportivo, proprio di fronte al “residence” della Sirmet.

palestra isola del giglio giglionews campeseMi permetto di riscrivere in merito, ancorché già in ballo per una mia poesia, ritenuta, a torto, dissacrante dell’immagine del Giglio, mentre è solo una surrealistica rappresentazione meteorologico- paesaggistica, da una parte, del faraglione “diruto” e, dall’altra, d’una tromba marina che fa di tutto per “possederlo”, perché mi sembra che i nodi stiano venendo al pettine.

Ovvero i nodi che l’allora maggioranza (che oggi, tra l’altro, divenuta minoranza, non mostra alcun pudore in merito al degrado del manufatto), in disdoro d’ogni e qualsivoglia tipo di parere dei, loro malgrado, “veri” interessati allo scempio (ovvero dei proprietari dei minuscoli appartamenti dirimpettai, mai consultati in merito, non ostante il progetto originale del manufatto implicasse che venisse loro sottratta, di fatto, l’affaccio con vista sul mare) intrecciò, senza alcuna ragione, o necessità funzionale, solo e perché, almeno così si disse, era preferibile edificarlo dove non serviva, piuttosto che in altro sito, ben prima e ben altrimenti individuato in quel di Giglio porto.

Così come diceva l’Onorevole Andreotti, noto, appunto, tra gli altri suoi meriti, per la famosa frase relativa al fatto che “Forse, a pensar male si compie peccato, ma spesso ci si “azzecca”, mi vien da pensare che, oggi, come allora fu deviata altrove, rispetto alla destinazione fisiologica e prefigurata, l’edificazione della palestra, forse a motivo d’interessi non proprio commendevoli, oggi, di fronte al degrado d’un manufatto, inutile ed inservibile, ancorché dimidiato, a Campese, l’attuale minoranza s’impanchetti, slealmente, gridando allo scandalo d’un deterioramento di fatto, che anche il più sprovveduto degli individui avrebbe saputo prevedere sin dall’inizio.

Deterioramento di cui, appunto, la minoranza è fattrice olista, se non fosse stata presa dalla fregola di spendere dei finanziamenti pubblici già stanziati e deliberati ed altrimenti irrecuperabili.

Di tutto Giglio Campese aveva bisogno, fuorché d’una palestra.

Ed al riguardo, bastava analizzare le presenze dei residenti al netto di quelle turistiche, che impegnano la frazione (quando la impegnano, visto che negli ultimi due anni c’è stato un forte calo) esclusivamente nel periodo delle ferie estive, senza considerare che il turista, dopo una bella e rilassante giornata al mare farcite di belle nuotate (questo almeno è il mio parere) ha poca voglia d’andare a sudare in palestra.

Comunque, si sappia, e qui, in considerazione del ruolo, per così dire, “salvifico”, che ebbi, allorché la società costruttrice era sull’orlo del default ed i proprietari in procinto di perdere quello che già avevano profumatamente pagato a tutto vantaggio dell’Istituto che aveva finanziato l’opera, m’arrogo il diritto di parlare per tutti senza averli consultati, dichiarando che provvederemo a manifestare (al limite lo farò da solo) davanti al Comune, ovvero ad occupare simbolicamente il cantiere, se del manufatto in essere, s’intenderà non solo sanare il degrado, ma addirittura sopraelevarlo rispetto a a come ora si trova.

E questo, non solo perché, mentre ai non residenti (che, naturalmente, non votando sono considerati quali una sine cura o, peggio, soggetti da “spremere”) vengono chiesti incrementi d’imposte (anche per la nettezza urbana ed anche se taluni, da qualche hanno, non si concedono una vacanza o non riescono neppure ad affittare), le finanze pubbliche languono come non mai (e chiedere altre risorse dallo Stato, in tempi come questi, è da ritenersi sciagurato), ma, soprattutto, perché trovarsi, la mattina al risveglio, davanti agli occhi, un “catafalco” qual è quello progettato, che ti toglie quella poca vista del mare che c’è rimasta, è da considerare assolutamente delittuoso.

Quando i non residenti decisero di realizzare, con pesanti sacrifici (per lo meno per quel che mi riguarda), a Campese, le loro, per altro assai “parve”, residenze estive, sapevano e vedevano che, davanti ai loro occhi, quando s’affacciavano, c’era solo e soltanto, a parte le costruzioni preesistenti, un campo sportivo ed, in lontananza, un pezzo di mare che oggi si vorrebbe togliere loro.

Gian Piero Calchetti