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Le "Forbicine" e gli anni '50

LE FORBICINE e gli anni '50

Era il tempo degli usci sempre aperti con la toppa sfornita di chiave; quando si usciva per un servizio alla bottega o alla fontana, dove si prevedeva lunga attesa per riempire le brocche, l'uscio veniva accostato non per mala fiducia verso i paesani ma per i gatti, numerosi nei vicoli e non graditi tra le pareti domestiche.
La chiave di casa, spesso nascosta dietro un conchino della finestra, veniva pescata a mano sicura e tolta da là solo in previsione di una prolungata assenza verso il continente; certo, in quell'occasione, che metteva in subbuglio la famiglia, si chiudeva tutto: gli scuri con la nottola, le finestrelle con la spranghetta; alla porta d'entrata, se, finestrata sulla parte superiore, veniva agganciato un portellone, che nel disuso, sotto il materasso serviva a livellare la rete del letto.

Era il tempo pure della buona stagione; degli orti abbondanti d'acqua sparsi ovunque per tutta l'isola, che da aprile in poi fornivano verdure fresche e profumate in base alla semenza piantata lungo le andane.
Tra le variegate verdure: il basilico, il sedano, il perzemolo, i pomodori, le melanzane, le bietole e la rucola, inondavano la stanza di profumo acquoso, e mettevano allegria i colori, le forme, presentate dagli ortaggi come in una tavolozza creata dalla natura.
In aprile, molto desiderati e attesi erano le primizie dei carciofi, soprattutto cucinati con le uova: gustosa pietanza da secondo piatto.

Col tempo bono, così aperto all'aria primaverile e al vicinato, le comunicazioni avvenivano spesso dal fondo delle scale, come accadde a mia madre chiamata a gran voce da una cugina che a passo veloce disse: vo, che ho furia, a casa c'ho le forbicine!.

In effetti tali insetti, negli orti, tra le verdure, abbondano soprattutto in mezzo alle foglioline dei carciofi che, pure se sbattuti e scrollati ai sassi delle greppe o alla cote, finiscono sul tavolo di casa una volta svuotato il paniere, scappando da ogni parte.
Anche io, ragazzina, conoscendo le forbicine, che chiamavo pizzicarole, rimasi impressionata della notizia arrivata dal fondo delle scale, immaginando i piccoli insetti lungo le pareti, con la codina ritta e le forbici pronte alla difesa.

Col pensiero fisso all'invasione delle pizzicarole, mia madre, sbrigate le faccende, decise di raggiungere la casa della parente per dare una mano al problema, ma veramente grande fu la sorpresa, come il vociare che usciva dalla stanza, dove la cugina seduta a tavola in compagnia di altra gente, rideva allegramente perché non si trattava di invasione di - forbicine insetti - ma di accoglienza ad una famiglia arrivata da Napoli il cui soprannome, attribuito al tempo della loro vita, originaria castellana, era appunto: FORBICINE.

E quel tempo ritorna dando fluidità alla nostra storia locale affacciatasi con una manciata di carciofi arrivati freschi freschi dall'orto e carichi di frastornate forbicine in questo caso preziose ospiti che rendono piacevole e vivo il ricordo non solo dell'aneddoto, ma di due sorelle, ignare protagoniste molto lontane da noi, e giovani isolane colte nel fiore della loro bellezza conquistata da chi aveva l'occhio giusto per portarsele via, in questo caso a Napoli.

Le ricordo con affetto e simpatia agli amici gigliesi, aggiungendo i nomi: Caterina Modesti (Forbicina) sposò un maresciallo della Marina in servizio alla Rocca con trasferimento a Napoli.
Annetta sorella di Caterina, nubile per scelta, raggiunse la famigliola nella città partenopea dopo che la coppia, constatando di non poter avere figli, adottò una piccola orfanella di nome Leda.
Io ricordo Leda già signorinella; mora di capelli, non alta, volto dagli occhi ridenti.
Il cognome Modesti porta a Rosetta moglie di Argentino Natali detto Coppale.
Note di Liliana del Coppale, figlia di Rosetta e Argentino.

Palma Silvestri di Barroccio

Foto della forbicina - forficula auricolaria - presa online

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