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Mufloni e conseguenze sulla flora del Giglio: il botanico risponde

Scrivo questa nota in seguito alle domande espresse da tre lettori, a valle della mia intervista pubblicata su GiglioNews in data 1 Aprile 2021. I lettori chiedono dettagli circa la relazione di causa effetto tra presenza dei mufloni e cambiamento nella composizione floristica dell’isola, inclusa la scomparsa di alcune specie di orchidee. Rispondo con due punti generali, con spirito costruttivo.

Il primo punto è quello del significato di una specie aliena come il muflone in un ecosistema insulare delicato come quello dell’Isola del Giglio. A prescindere dal suo trattamento tassonomico, indipendente o meno, il muflone è stato introdotto e si è diffuso sull’isola solo recentemente ed è classificabile senza dubbio come specie aliena. Possiamo discutere se debba essere classificato o meno come aliena invasiva, ossia come specie che minaccia la biodiversità e i servizi ecosistemici collegati (secondo quanto indicato dalla Convenzione Internazionale per la Biodiversità e dalla Unione Internazionale per la Conservazione della Natura), ma è certo che, ove introdotto, il muflone ha un impatto significativo gli habitat naturali. In uno studio del 2020 sugli ungulati invasivi pubblicato da Lara Volery e colleghi sulla prestigiosa rivista Global Change Biology, il muflone è considerato come “l’ungulato alieno peggiore” e che “ha la maggior probabilità di causare estirpazioni di specie”. Questo studio è basato su una comparazione a scala globale e non è da prendere come riferimento assoluto per una singola realtà locale, ma la dice lunga sulla capacità ecologica del muflone di insediarsi e trasformare gli ecosistemi. I lettori chiedono se ci siano studi specifici sulle relazioni causa effetto tra la presenza del muflone e la scomparsa delle orchidee al Giglio. Dalle ricerche che ho fatto sulla letteratura scientifica censita nei grandi database internazionali, non ci sono studi specifici in questo senso. Tuttavia, va considerato che gli effetti delle specie introdotte, specie se ad alta capacità di trasformazione degli habitat, possono essere anche non diretti. Gli ecosistemi e le comunità biologiche sono entità molto complesse e anche difficili da studiare, per via delle molteplici interazioni. Anche sulla base di questa complessità, uno dei principi fondamentali della biologia della conservazione è che le specie aliene con potenziali effetti negativi sugli ecosistemi andrebbero eradicate, ove possibile.

Il secondo punto è quello della relazione tra conoscenza scientifica di un fenomeno e sua eventuale applicazione nella realtà. La conoscenza scientifica è sviluppata attraverso un processo di studio e confronto tra persone specializzate. I ricercatori fanno analisi e le sottopongono al giudizio di altri esperti che, sulla base delle loro esperienze specialistiche, possono accettarle o bocciarle in base alle evidenze presentate. Questo è la modalità con cui le conoscenze scientifiche progrediscono e che offre le migliori interpretazioni possibili dei fenomeni naturali. Nel caso della conservazione della natura, queste conoscenze sono sviluppate da esperti di biologia della conservazione, siano essi botanici, zoologi, ecologi o altri, che lavorano nei loro ambiti di competenza sulla base delle loro competenze specialistiche. Queste conoscenze devono poi essere calate nella realtà territoriale, per essere eventualmente messe in pratica. In base a questa logica, come ecologo della vegetazione e biologo della conservazione, posso serenamente sostenere che, sulla base delle migliori conoscenze scientifiche disponibili, il muflone all’Isola del Giglio è una specie aliena con effetti negativi sull’ecosistema insulare, specie sulle comunità vegetali. Questo è vero a prescindere dai motivi per cui è stato introdotto, dal fatto che sia rimasto numericamente limitato (in parte a causa della piccola superficie a disposizione) o che si sia “ben ambientato sull’isola” (tutte le specie aliene invasive si adattano perfettamente al nuovo habitat, mentre le specie native sono quelle che soffrono del loro arrivo), o altro. Quindi, da biologo della conservazione non posso che vedere positivamente la sua eradicazione, proprio per salvaguardare l’isola e i suoi valori naturali. Però, come ho detto sopra, queste considerazioni vanno calate nella realtà territoriale per essere eventualmente messe in pratica e questo va fatto con il coinvolgimento e la partecipazione della comunità locale. Su questo non posso dire nulla, visto che non conosco come è stato gestito il processo. Per fare un paragone, sciocco ma chiaro, uso la professione di uno dei lettori che ha commentato la mia intervista: il veterinario. Assumo che, grazie alle sue conoscenze, il veterinario conosca le patologie e le terapie adeguate per l’animale domestico che gli sottopongo a visita. Poi, però, la decisione se fare o meno la terapia da lui consigliata al mio animale domestico spetta a me, alla mia coscienza e al mio legame con l’animale. Similmente, quando i biologi della conservazione raccomandano l’istituzione di un’area protetta o suggeriscono una azione per la conservazione di una specie o di un ecosistema lo fanno basandosi su una sintesi di conoscenze puntuali e generali di cui loro hanno competenza specialistica. Poi la decisione se mettere in pratica quella azione e con quali modalità, va maturata non più nel solo ambito scientifico ma anche in quello politico e sociale, con il coinvolgimento delle comunità locali. Nel caso del muflone, le sensibilità possono essere diverse, da quelle dell’affezione all’animale, come parte del paesaggio culturale recente, a quelle animaliste, preoccupate per le modalità di eradicazione. Tutte vanno prese in considerazione, ma non possono essere usate per dire che che il muflone rappresenta un valore positivo per la biodiversità naturale dell’isola del Giglio.

Spero di aver offerto un elemento di discussione costruttivo al dibattito su questo tema complesso, e sono certo che la partecipazione al dibattito non possa che far bene alla crescita della comprensione della biodiversità insulare.