PD ISOLA DEL GIGLIO

E' ancora allarme scuola, soprattutto per le realtà periferiche. Continuiamo a tenere alta l'attenzione riportando un articolo pubblicato su “la Repubblica” lo scorso 30 agosto 2008.

Quattromila scuole a rischio chiusura allarme per i tagli, sindaci in rivolta
Repubblica — 30 agosto 2008 pagina 17 sezione: CRONACA

ROMA - I piccoli comuni, quelli di montagna o delle isole minori, dovranno dire addio alle scuole. Più di mille potrebbero cadere sotto mannaia dei tagli prevista dal decreto approvato dal Parlamento. Ma se il ministero decidesse di seguire la stessa strada per gli istituti con meno di 600 alunni il cataclisma colpirebbe più di 4 mila scuole. è l' effetto del decreto 112/2008 che fissa in 7 miliardi e 800 milioni il risparmio della Pubblica istruzione nei prossimi quattro anni. Una scelta che equivale ad un taglio di 101mila insegnanti e 47mila non docenti. Il decreto delega al ministro Mariastella Gelmini il compito di elaborare, entro 45 giorni, un piano per raggiungere gli obiettivi. Il ministro ha prima annunciato che gli accorpamenti riguarderanno le scuole con meno di 500 alunni, poi, nel corso degli incontri con le organizzazioni sindacali ha parlato di un tetto minimo di 600 studenti. «Un vero disastro - commenta l' ex ministro dell' Istruzione Giuseppe Fioroni - così salta il diritto universale all' istruzione pubblica garantito dalla Costituzione, chi è ricco potrà permettersi le scuole di alto livello, le altre famiglie dovranno accontentarsi di quello che resta, compresa la formazione professionale. Il piano di Tremonti è ormai chiaro, e se andrà in porto sarà un dramma per il Paese». Ma da dove escono fuori questi numeri preoccupanti? «Siamo partiti dai dati ufficiali del ministero della Pubblica istruzione relativi al 2007-2008 ed abbiamo elaborato una serie di proiezioni in base ai tagli del personale ed alla consistenza numerica degli studenti nelle scuole - chiarisce Mariangela Bastico, per anni assessore alla scuola in Emilia-Romagna e viceministro di Giuseppe Fioroni - Abbiamo poi messo in relazione i dati rispetto alle ipotesi di accorpamento per le scuole con meno di 500 o di 600 alunni. Ne esce fuori un panorama molto preoccupante. Presenteremo oggi i risultati dell' inchiesta alla festa nazionale del Pd a Firenze». Vediamo, attraverso esempi pratici, cosa potrebbe accadere nel prossimo futuro. Nelle grandi aree urbane, come Roma, Napoli, Palermo o Milano, spostare una scuola di piccole dimensioni in un' altra non crea problemi insormontabili. A parte le famiglie che hanno la scuola vicino a casa, in genere, i bambini vengono accompagnati in macchina e si tratterebbe di fare qualche chilometro in più. Certo ci potranno essere più disagi ed un aumento dello stress da traffico, ma nelle città ci si è assuefatti. Altra storia è quella che riguarda il piccolo paese nelle valli alpine, sull' Appennino tosco-emiliano o sui monti del Sannio. Lì bambini e genitori saranno costretti ogni mattina ad una levataccia, e dovrà essere il Comune ad organizzare il servizio di trasporto scolastico. «Ho appena finito un incontro con un gruppo di sindaci delle comunità montane a Barga, in provinicia di Lucca - confida Mariangela Bastico - e dire che sono usciti molto preoccupati è dir poco. A parte i problemi logistici e finzanziari, il problema è che si va verso uno smantellamento della scuola come presidio sociale ed identitario, in piccoli paesi dove ha già chiuso l' ufficio postale e magari anche la stazione dei carabinieri». Ancora più drammatica la prospettiva per le piccole isole: Lipari, Panarea, Pantelleria, Lampedusa, l' isola del Giglio, Ponza e tante altre. Difficile trasferire i piccoli delle elementari con un gommone sulla terraferma, condizioni meteo a parte. Ma in forza del principio dei tagli, tutto è possibile. «Tagliare 100 mila insegnanti vuol dire cambiare il sistema scolastico italiano - commenta Mariangela Bastico - ma non è un' operazione campata in aria. Abbiamo 25 mila posti vacanti, ogni anno vanno in pensione 30 mila insegnanti, quelli di ruolo si possono usare per cancellare le supplenze. Non si licenzia nessuno ed in quattro anni si raggiunge l' obiettivo di Tremonti. Ma i costi sarebbero pesantissimi: il definitivo abbandono della scuola pubblica, ed il crollo definitivo del sistema di istruzione».
MARIO REGGIO