Analisi di vite parallele legate allo stesso filo “l’Isola”.

Voglio rompere, per una volta, questo senso di distacco dalle cose e dalla memoria che il ritmo della vita moderna ci impone ed esprimere il fascino che ha suscitato in me la lettura dell’articolo “LA SFIDA VINTA DEL VIGNAIOLO  EROICO'” che ho trovato su giglionews.it, sito web che ringrazio perché mi consente di stare sempre vicino alla MIA ISOLA (così la chiamo sempre).
L’articolo Mi ha affascinato perché  la storia di Carfagna sembra aver tradotto in pratica un vago sogno che ha sempre accompagnato la mia vita. 
Nel concreto rilevo similitudini nell’età, nell’essere stato Professore (in questo caso Elettronica ed Elettrotecnica) ed in particolare  ci ritrovo affinità per quel legame affettivo, che ha indeterminate caratteristiche di unicità, che può chiamarsi veramente Amore per l’Isola del Giglio.
Lui, “Carfagna”, è stato sicuramente più determinato di me, poiché è riuscito a decidere di voltare pagina, trasferirsi sull’isola con la famiglia e fondare un’azienda vinicola che, come dirò in seguito, rappresenta l’altro aspetto avvincente della storia, almeno per me.
Una differenza la devo sottolineare e riguarda la provenienza poiché il Sottoscritto raggiunge l’Isola  da “vicino” e da sempre, per provenienza famigliare da parte di madre, ovvero sono un “mezzo Gigliese” o come mi piace pensare “un mezzo figlio dell’Isola del Giglio”. 
Ne deriva che, nel mio amore per l’Isola c’è senz’altro anche il fattore affettivo famigliare e quindi in qualche modo “Atavico”.
Anche la famiglia di mia Madre era divisa in due, Madre Portolana (Cecilia Rum) e Padre Castellano (Pietro Bartoli).
Crescendo negli anni e trascorrendo “quasi sempre” quelle meravigliose estati gigliesi ho cercato di approfondire la conoscenza dell’albero genealogico materno, non solo nei nomi ma anche nelle cose, nelle attività svolte, nei ricordi degli amici viventi e così via.
In verità qualche lontano ricordo personale me lo porto ancora dietro, quando mia Madre mi portava in barca verso punta del Fenaio dove ci aspettava lo Zio Francesco Bartoli detto “Mestolino” sugli scogli dove stendeva l’uva ad appassire e ce ne passava una cassetta da portar via.
Quelle poste ed altri pezzi di terra qua e la per l’Isola furono abbandonati quando “Mestolino” morì (anche Lui è sicuramente da annoverare tra i “Vignaioli Eroici”) e questo fù il destino della maggior parte delle vigne Gigliesi.
Per questo la storia di Carfagna mi ha appassionato lasciandomi intravedere un certo ritorno di interesse per la rivalutazione e il recupero delle vecchie abitudini isolane in contrapposizione con il “mordi e fuggi” dei turisti di oggi. 
Certo, ridare valore ai terrazzamenti vinicoli in zone impervie come sono quelle Gigliesi è impegno improbo, ma credo che poi la soddisfazione sia pagante come quella che “immagino” sia stata ed è per Carfagna.
Anche Io, nel mio piccolo, ho tentato con scarso successo, di far rivivere qualche posta nelle particelle “di eredità” ormai invase dalla macchia: pulendo i sentieri di accesso, togliendo i rovi che ricoprivano  le vasche scavate nel granito ove i vecchi nonni e prozii pigiavano l’uva e tentando anche di piantare un po’ di barbatelle di uva ansonaca (con risultato disastroso).
Non posso annoverarmi tra quelli che hanno riscoperto la voglia e il gusto di lavorare sui terreni dell’isola perché penso che nella mia testa ci siano motivazioni anche diverse e, forse, più datate».
Ma il tempo è poco, il lavoro e la professione di Ingegnere mi chiama,  la mia lotta per tentare di limitare lo stato di abbandono dei terreni, di dare merito alla memoria dei miei nonni è dura, difficile, quasi impossibile: l’anno successivo devo sempre ricominciare da capo.
Vivaddio Altri, come Carfagna, stanno vincendo questa battaglia ed è la ragione per la quale  conquistano e meritano  la mia grande ammirazione.

Pertanto anch’io voglio esclamare "Si torna all’isola, finalmente !!!" 

Pietro Rinaldi