"Non sono frittate ma scheletri nell'armadio"

A distanza di un anno, parlare di “pratica dell’inchino”, rivolgendosi ai gigliesi, significa aver capito poco o niente di una vicenda che definire drammatica è poca cosa. Basta chiedere ad uno dei nostri illustri marittimi per sentirsi dire che questa è una bella cavolata. E’ una triste osservazione che faccio quando i soliti irriducibili e insoddisfatti avversano anche il senso civico della nostra rispettabile popolazione che, per il suo gesto, si è fatta apprezzare in tutto il mondo. L’ipocrisia e la faziosità delle parole scritte come fendenti alla schiena mi fanno pensare a quel giornalismo d’assalto che noi abbiamo sempre vinto e convinto con la semplice ed umile professione della verità.

ortelli sindaco comune isola del giglio giglionews“Mai più inchini”, frase riportata da un quotidiano, non è mia anche se la condivido. Abbiamo sempre detto che si trattava di un termine mai conosciuto dalle nostre parti e che continuare a parlarne significava disonorare il sacrificio dei nostri padri e della nostra gloriosa marineria. Ma ridursi al trinomio del titolo senza leggere il contenuto è riduttivo e offensivo per coloro che si ritengono espressione di una cultura isolana elitaria.

Facciamo però un piccolo sforzo. Proviamo a vedere se negli armadi di casa nostra invece delle citate “frittate” stiano vagando i soliti “scheletri” inconfessabili. Pubblico un articolo di qualche anno fa (VISUALIZZA ARTICOLO) e invito i lettori a riflettere sul solo titolo senza entrare nei contenuti. Meditiamo su quest’altro trinomio e diamo senso a quanto leggeremo. Proprio come si presume abbia fatto io sulla (oramai riconosciuta da tutti) bugia degli inchini.

Con un po’ di malinconia ritengo che anche stavolta si sia persa una grande occasione. Quella di esaltare la cultura di casa nostra con una precisa recensione di un libro dal quale avremmo potuto ricavare importanti tratti di un forte e tipico sentimento gigliese.