Riconoscendo Assunta Solari in Cavero
Voglio esprimere un pensiero che ho da qualche tempo ma che di recente è divenuto molto importante ... personale ... ma spero coinvolgente.
Vorrei che l'Isola del Giglio sia fatta di una comunità che ricordi, attraverso riconoscimenti tangibili, quelle persone che si sono distinte con merito nel loro ruolo sociale, specialmente in tempi remoti e disagiati, difficili da ricordare e tramandare.
Alcuni di questi "personaggi" del passato sono presenti in poesie, canzoni, effigi o raccontati fra le pagine della storia del Giglio ... ma c'è una donna che passa quasi inosservata pur meritando un gran rispetto ... E’ la mia bisnonna ASSUNTA SOLARI di Pucetta.
Assunta era una donna diciamo "non-ordinaria" ... aveva un dono naturale che mise al servizio dell’intera comunità Gigliese (Porto, Castello e Campese) e con assoluta dedicazione in un tempo quando medici, medicine e soccorsi non erano così a portata di mano ...
Purtroppo oggi sono poche le persone ultra-ottantenni che ricordano l'opera di Assunta in dettagli, sono ricordi felici ma sbiaditi ...
Questi anziani sono quei bambini che lei stessa ha aiutato a venire alla luce e curato, curando anche i loro familiari attraverso l'aiuto di rimedi naturali o disponibili ... ma a volte anche con parole di conforto ...
Quei bimbi venivano fasciati, dovevano essere curati dal mughetto e la candida, ricevere nutrimento quando una mamma non poteva ... gli anziani necessitavano sollievo da dolori e piaghe o infezioni e così via ... C'era Assunta, con la sua conoscenza istintiva, che amministrava unguenti e rimedi al fine di guarire chi ne aveva bisogno ...
Potrei dilungarmi narrando come il "murzo" di mare guariva dai vermi intestinali o come il pane masticato e mischiato allo zucchero diventava il cataplasma per assorbire ogni tipo di infiammazione ... il tutto amministrato con buone parole ed una preghiera.
Lei era presente, sempre pronta a correre per assistere chi ne aveva bisogno.
Assunta riposa al Bonsere da molti anni con suo marito Domenico Cavero, ma sulla loro lapide c’e solo una foto senza nomi né date ... Mi sono ripromesso, quando avrò i mezzi, di far fare una targa in memoria da porre vicino alla loro fotografia.
Pensavo all'inizio di farlo in silenzio, senza attrarre l'attenzione pubblica o dei miei parenti da lei discendenti. Ma ho scelto FB e anche Giglionews perché il fine è di rendere noto e di non-dimenticare ... quindi sarò felice se anche i miei parenti decidessero e desiderassero di affiancarsi a questo.
Spero anche l’amministrazione Comunale, ispirata da questa storia, possa valutare la possibilità di far costruire delle steli con i nomi di tutte quelle persone meritevoli che, come Assunta, hanno avuto ed avranno un impatto socialmente rilevante nella nostra collettività.
Non per differenziare ma per riconoscere nel presente ed ispirare il futuro.
Grazie. Renato Cavero
YAD WASHEM Se vado al Cimitero, v’indugio a lungo, vagando tra le tombe, come a “soppesare”, i tanti morti che là sono sepolti; specie gli sconosciuti, che sono i più. Morti antichi e recenti. Quante, quante storie dimenticate! Quanti affetti troncati! Quanto dolore e quanti insegnamenti, perduti, di gente modesta che ha vissuto la vita nel dovere, e, magari, ha fatto tanto bene come Assunta Solari di Pucetta, in Cavero Conoscevo, più che bene, “zi’ Pietro”, uno dei Belmonti di Pratieghi, sotto il Fumaiolo, là dove nasce il Tevere “Sacro ai destini di Roma”. Zi’ Pietro, che non aveva figli, era un “satanasso”, coi nipoti. Talché, a capo di tutta la famiglia, spesso, in campagna, se “battevano la fiacca”, gli gridava: “Incazzatevi con me, così lavorate di più”. Erano altri tempi: tempi di miseria e di squallore, tempi in cui un “tozzo” di pane era assai salato, e l’acqua, portata, a braccia, da lontano, era molto amara. Ma zi’ Pietro era anche tant'altro per tutti, nel paese e fuori, dove non c’era medico, né strade, e dove la neve durava da Novembre a Pasqua. Zi’ Pietro, ch’era stato stalliere in Cavalleria, aveva appreso e ben li aveva coltivati i primi rudimenti della Medicina, assistendo un Veterinaio militare. Ora, dopo aver tanto, tanto lavorato, ed aver fatto bene a tutti, riposa sopra la prima “briglia” del Marecchia, in una tomba scarna e senza foto, ormai dimenticato: da quelli che, a suo modo, avea curato ed aiutato, facendoli nascere, rimettendo fatture, fasciando ed applicando cataplasmi, preparando “pozioni”, nauseabonde ma efficaci, per viscere e polmoni “costipati”, ed anche un po’ “segnando”, sì anche segnando la testa, gli arti e gli occhi, là dove, insomma, era il dolore, nel mentre recitava preghiere e litanie, farcite di parole misteriose. Quanto bene ha fatto Il mio zi’ Pietro, che non m’era parente, a tutta la sua gente ed anche agli altri. Ne ha fatto così tanto che, quasi fosse stato il suo lavoro, ristà dimenticato nella tomba. Perché? Perché della povera gente si perde il “conto” ed il ricordo? Perché le tombe dei ricchi, son monumentali e portano, scolpite, effigi e storie? Quanto mai costerebbe ai Municipi, che, oggi, “sfrattano”, da miseri giacigli i “dimenticati”, erigere una stele, e, quando muore chi abbia, degli altri, meritato, piantarvi, intorno, un albero con targa, come, da tempo, si fa, a Gerusalemme, con il “Giardino” del “Yad Washem”, ch’è diventato un bosco, e con il “Muro d’onore”, per i “Giusti tra le Nazioni”?