RICORDI di Caterina Baffigi Ulivi
Il 18 novembre è la festa che i gigliesi amano di più. Forse per gratitudine ancestrale verso il patrono San Mamiliano che li aveva aiutati a respingere "duemila tunisini" quando nel novembre del 1799 invasero l'isola con l'intento di espugnare il Castello e depredarlo di uomini e cose. Durante la battaglia che avrebbe sicuramente favorito la vittoria dei tunisini, più numerosi e ben armati, la reliquia del santo fu esposta sulle mura del Castello, mentre tutte le altre furono poste sull'altare maggiore della chiesa, nella quale le donne erano riunite in preghiera. Il braccio di San Mamiliano sulle mura suscitò nei turchi la sensazione di una moltitudine agguerrita in difesa del Castello. Si ritirarono frettolosamente sui loro sciabecchi nel golfo del Campese, lasciando qualche morto sul terreno.
Risale a quella storia e a quegli anni la festa di San Mamiliano de' Turchi, che cento anni dopo, ad Italia unificata, il Consiglio comunale avrebbe decretato giorno festivo. Si svolgeva in quella data - e ancora si svolge - una processione con il braccio di San Mamiliano benedicente popolo e campagne tutto attorno alle mura del Castello. Era allora una stradina impervia che la pioggia autunnale scavava tra i sassi di granito. Ma era piacevole seguire quella processione che provocava nell'intimo tanti sussulti, vuoi per la circostanza di fede, vuoi per la natura che si svelava, ad ogni passo in frammenti sempre più fascinosi. La diaspora nel tempo ha ridotto la partecipazione del popolo dei fedeli, ma nella mia gioventù era festa grande, la gente veniva anche dal Porto e dal Campese.
Mi sovviene al riguardo un fatto che siamo ormai pochissimi a ricordare e che risale al 1945. La guerra era appena finita, mio padre il primo sindaco alla rinascita della democrazia. Era innamorato della natura e della storia dell'isola. Cosciente che solo dalla bellezza del paesaggio sarebbe potuto nascere un qualche sbocco per l'avvenire del Giglio, mirò da subito alla sua valorizzazione. Ebbe l'idea di proporre ai castellani una giornata di lavoro gratuito per ricostruire il percorso della circonvallazione: chi non poteva lavorare avrebbe pagato un giorno di lavoro compiuto da altri. Partirono le lettere di invito. Aderirono tutti. E il sentiero sconnesso diventò una strada, che oggi i fortunati presenti percorreranno in processione. Eravamo poveri di mezzi, ma carichi di ricchezza interiore e di buona volontà, che diedero poi buoni frutti.
Forse sarebbe bene rivolgere un pensiero grato a quei lavoratori gigliesi che, con sacrificio e dedizione, prepararono quella strada, il primo passo del progresso e del benessere dell'isola. E magari intestare a loro quella gran bella passeggiata.
Caterina Baffigi Ulivi
POESIA di Olga Centurioni
In questa ricorrenza di San Mamiliano dei Turchi ho tentato di mettere in rima la vicenda ispirandomi alle poesie che il maestro Variento ci insegnava piene di valori e di amor patrio. (Pianto Antico, La Cavallina storna, i Cipressi di Bolgheri e altre, senza dimenticare il libro Cuore). Non si meravigli il lettore se troverà dei vocaboli e modi di dire raramente usati nella letteratura moderna e diciamolo pure, un po’ vetusti, è stato intenzionale. Non posso venire per festeggiare il Santo ma con il pensiero sarò con voi. Buon San Mamiliano dei Turchi a tutti.
San Mamiliano dei Turchi 18 novembre 1799
Il sole nascente
la riva rischiara,
il nemico invadente
al Campese ripara.
La baia, adagiata sul mare,
è sbirciata da occhi profani,
giunti per predare e spogliare
gli ignari e indifesi isolani.
Sette sciabecchi e una fregata
bombardano la medicea torre,
ma l’esigua brigata
non riesce a contrapporre.
Sulla spiaggia i pirati
rovinano ogni cosa,
bruciano, berciano, arrabbiati,
con foggia minacciosa.
La chiesa di San Rocco
è saccheggiata e profanata,
sotto un vento di scirocco
da quell’orda scatenata.
Duemila corsari agguerriti,
recando numerose bandiere,
raggiungono gli abitanti atterriti
a grandi e piccole schiere.
Frattanto, dalla Casamatta,
rimbomba e balena il cannone.
Spara la compagnia compatta,
all’invasore si oppone.
I corsari intimiditi e stupiti,
cingono il muro di cinta,
copiosi cadono periti
dall’inaspettata respinta.
La grida disperate
di donne e bambini,
si uniscono, iterate,
a quelle dei tunisini.
Pargoli e fanciulli
vengono condotti al sicuro
alla Rocca, che li accoglie
dietro l’imponente muro.
Uomini e donne dalle mura
lanciano pietre al nemico odiato,
senza timore né paura
ma con coraggio appassionato.
Rintocca la campana
che invita la gente a raccolta,
gli angusti vicoli
si animano di gente sconvolta.
Una piccola folla di credenti
entra timorosa in chiesa,
angosciata per il nuovo dramma
resta fiduciosa in attesa.
Il sacerdote turbato e impietosito
osserva le anime assediate,
con fervore le scuote
dando risposte immediate.
Il braccio del Santo Patrono
espone davanti all’altare,
e il piccolo santuario
invita gli astanti a pregare.
L’isolano popolo indomito
a San Mamiliano intercede
e il Santo Protettore,
opera il miracolo della fede.
Alla sedicesima ora
la fregata richiama i predoni
e mentre il cielo scolora,
fuggono per le piantagioni.
I castellani dal torrione,
aggiustano la mira
di un grosso cannone,
mentre il sole spira.
I predoni, sconcertati,
si imbarcano con furia
sulle lance, spaventati,
lanciando ogni ingiuria.
Vele al vento, i bastimenti
vanno via velocemente,
prende il largo l’oppressore
affrancando quella gente.
La barbarie non vince,
la fede è più forte,
disertano i nemici
e con essi la morte.
Olga Maddalena Centurioni
cara Maddalena sei stata bravissima a esporre in rima la trascrizione di quel fatidico giorno fatta dall'allora sergente Giovan Battista Pini. Cara maestra Caterina racconta ancora aneddoti sul Giglio e i gigliesi. Recuperare la memoria per me è come recuperare l'infanzia dimenticata.
Auguri a tutti i gigliesi per la fasta di S. Mamiliano dei Turchi
Vorrei essere in processione con tutti voi!
Anna Pellegrini