L’avvistamento di una foca monaca all’Isola del Giglio ha avviato il dibattito sulla gestione delle riserve naturali italiane. Su ''La Stampa'' il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ha sostenuto la necessità di aprire ai privati le aree marine protette. Mario Tozzi, presidente del Parco dell’Arcipelago toscano ed editorialista de ''La Stampa'' apre il dibattito.

Mario Tozzi:
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Prendiamo per ottimo l’impegno del ministro Prestigiacomo per la difesa dei nostri mari, ma sarebbe forse opportuno partire comunque dai dati concreti, che, nel caso dell’arcipelago toscano (dove è stata avvistata l’ormai famosa foca monaca), sostengono si tratti forse delle uniche aree di ripopolamento faunistico del Tirreno centrale e delle sole praterie di posidonia ancora in relativa buona salute. Nel contempo, però, soffrono una sovrappressione turistica che minaccia da vicino la biodiversità e i fondali.
Il ministro asserisce che le aree marine protette si fanno sulla spinta delle popolazioni locali, ma che succede se gli amministratori locali, per caso, non sono sensibili alle tematiche ambientali supportate scientificamente e inseguono solo profitti e svendite di territorio? Non c’è forse un obbligo europeo e nazionale alla conservazione di un patrimonio che è di tutti, e non solo degli isolani? Ma nel caso specifico c’è di più: la proposta di istituzione di un’area marina protetta all’isola del Giglio giace già da un anno presso il Dipartimento Protezione Natura del ministero dell’Ambiente e, dunque, il ministro dovrebbe sapere che la popolazione, tramite la sua precedente rappresentanza comunale, aveva già chiesto l'area marina protetta. Il fatto che un mese fa sia cambiata maggioranza non può bloccare processi iniziati anni prima: cosa succederebbe se tutte le nuove amministrazioni contestassero le scelte di tutela ambientale di quelle precedenti? Cancelleremo il sistema delle aree protette in Italia?
C’è poi un’affermazione più grave, quella in cui si minaccia l’apertura delle riserve marine ai natanti ecologici e ai subacquei.
Ricordiamo al ministro che le sole zone in cui ciò è categoricamente proibito sono quelle di riserva integrale (zona A), che corrispondono a meno del 5 per cento dei territori marini tutelati: una piccolissima parte che però deve restare intangibile proprio per garantire quel ripopolamento ittico che lo stesso Ministro auspica. Aprire anche le zone di riserva integrale significa soltanto rendere inutile tutto il resto della protezione.
Da un punto di vista del metodo sarebbe comunque opportuno consultare anche i responsabili dei parchi e gli ecologisti (lasciando da parte le accuse di ideologismi, per favore, che chi opera sul territorio ne fa tranquillamente a meno) su proposte come queste, e non solo gli amatori della pesca subacquea (che sembrano essere i soli a non mancare mai).
Come dirigenti di parchi nazionali saremmo infine molto volentieri vicini alla lotta quotidiana del ministro per difendere le poche risorse a disposizione e razionalizzare il sistema di protezione della natura in Italia, ma, a oltre un anno dal suo insediamento, solo un paio di noi hanno avuto l’opportunità di incontrarla, mentre la maggior parte resta in attesa da mesi di un appuntamento''.

Grazia Francescato, portavoce dei verdi, grande camminatrice e «in politica per amore di madre terra» - come dichiara lei stessa - ha lavorato anche come assessore all’Ambiente nel Comune salentino di Tricase, quindi conosce bene i problemi del mare: «Mi ero battuta per la salvaguardia delle querce centenarie che vegetano a Tricase e per difendere la costa di S Maria di Leuca. Ora questa vicenda delle aree marine protette mi sembra allucinante».
Perché non è d’accordo con le proposte del ministro Prestigiacomo?
«Ma come? Abbiamo una bellissima notizia, l’arrivo della foca monaca nell’Arcipelago toscano, e il cosiddetto ministro per l’Ambiente prende la palla al balzo e invece di tutelare le aree protette, che già sono molto malridotte per conto loro, pensa a privatizzarle! Ogni giorno ne pensano una. Fra un po’ faranno l’appalto sulle foche, sugli orsi, sui lupi… Invece di proteggerli li metteranno all’asta. La fauna non è res nullius ma grande patrimonio collettivo e il ministro per l’Ambiente ha il dovere di proteggerla».
Di cosa hanno bisogno i parchi italiani?
«Hanno gravi problemi di personale, ad esempio, di precariato della gente che ci lavora. Le strutture pubbliche vanno rafforzate, non smantellate. E ora questo ministro, che brilla per la sua assenza, salta fuori con una proposta assurda».
La natura può diventare una risorsa economica?
«La natura ha valore in sé, a prescindere dal quello che puoi farne.
Lo sviluppo dev’essere sostenibile, alberi e animali non sono merci da supermarket. Questa concezione privatistica e commerciale della natura dev’essere totalmente respinta: non si può dare un prezzo all’apparizione di una balena o di un lupo, sono valori enormi, spirituali, tutti hanno diritto di usufruirne».

Folco Quilici, ambientalista e amante del mare tra i primi in Italia (sabato riceverà il Premio Acqui Ambiente alla carriera) vede di buon occhio la proposta del ministro Prestigiacomo per una maggiore apertura delle aree marine: «Ho fatto parte del gruppo che nel 2002 si era battuto a fianco del ministro Altero Matteoli perché cadessero alcune delle assurde barriere che impedivano a chi voleva entrare in un’area protetta marina di farlo. E’ assurdo che una bellezza del nostro Paese sia preclusa ai suoi abitanti».
Quali regole, ad esempio, andrebbero applicate?
«Vanno benissimo quelle che permettono ai subacquei che si rivolgono ai “Diving center” autorizzati di entrare in certe aree marine. Gli esperti dei Diving fanno da guide, c’è libertà ma con un minimo di controllo. Dove invece c’è meno efficacia è nel controllo dei pescatori di frodo, di passaggio o locali. C’è una certa timidezza della autorità nel far applicare le regole. Mi auguro che i parchi marini si aprano ancor di più, sempre con l’aiuto di Diving vigilanti che impediscono tra l’altro anche molti incidenti. Altrove funziona così».
Dove ad esempio?
«In Spagna e in Francia: certo, esistono alcune regole, le imbarcazioni ad esempio si devono fermare lontano dalla costa e si deve salire su quelle del diving. E i controlli lungo la costa sono molto più stretti. In un paese costiero della Sicilia ho fotografato alcuni pescatori di frodo che mi hanno sbeffeggiato: “Fotografi, fotografi, tanto peschiamo lo stesso!”».
La solita arroganza e furbizia italica...
«In tutti c’è una certa paura di entrare in contrasto con alcuni poteri locali. Questo è il vero problema ecologico. Eppure malgrado questo e malgrado non ovunque i parchi funzionino a pieno ritmo, chiunque va sott’acqua nelle aree protette nota un tale salto di qualità e una tale ricchezza! Non c’è alcun paragone con il mare di 10 anni fa».