Leggiamo sul quotidiano elbano www.tenews.it l'interessante articolo che di seguito abbiamo deciso di proporvi perchè si possa riflettere su un tema che alla nostra Redazione sta molto a cuore ovvero la 'Cultura del Soccorso' di una comunità.
Al Giglio questo tipo di cultura non esiste e questo rappresenta, secondo il nostro modesto parere, un grande punto di negatività.
Acquistare defibrillatori semiautomatici (DAE) e collocarli nei punti strategici dell'isola addestrando il massimo numero di cittadini al loro uso era il sogno del dottor Giuliano Mattera e, qualora le istituzioni locali volessero prendere in mano il suo progetto, la nostra Redazione sarà in prima linea per qualsiasi tipo di collaborazione.
Mercoledì 22 ottobre 2008 - Capoliveri (Isola d’Elba) - sono da poco passate le 20, la quiete che avvolge gli ultimi turisti della stagione ospiti del Campeggio Tallinucci di Lacona in cerca di relax, è spezzata dalle grida e il pianto di una bambina tedesca che corre lungo il viale cercando disperatamente aiuto. Solo pochi attimi prima stava tranquillamente cenando nel suo appartamento insieme al papà e alla giovane mamma Erika, quando questa si è improvvisamente accasciata a terra priva di sensi.
Michele Tallinuci, che in quel momento è in casa con il resto della famiglia, si precipita fuori e va incontro alla bambina per capire cosa sta accadendo, “Help Me, Help Me” ripete con gli occhi gonfi di lacrime, indicando l’appartamento nel quale è ospite insieme con i genitori per una breve vacanze sull’isola.
Michele senza esitare corre verso l’appartamento e al suo interno trova la giovane donna distesa sul pavimento e il marito inginocchiato al suo fianco che tenta inutilmente di farla respirare scuotendola. Il corpo della giovane mamma non da alcun segno di vita, il volto è pallido, le labbra di un colorito viola… segni inequivocabili. Michele capisce subito la gravità della situazione, si precipita fuori e ordina al suo personale di allertare il 118 e corre più veloce possibile verso la reception. Il Campeggio Tallinucci, lo scorso anno ha aderito all’iniziativa del progetto Salvacuore della Società Nazionale di Salvamento e si è dotato di un defibrillatore semiautomatico…… l’unico su 23 campeggi presenti all’Isola d’Elba.
Una manciata di secondi e Michele è di nuovo di ritorno con il defibrillatore della Mortara Rangoni, mentre lo sfila dallo zainetto giallo, ripercorre velocemente tutte le fasi del corso di primo soccorso BLSD, dove insieme alla sorella Ilaria e la cugina Valeria, ha appreso le manovre necessarie per prestare aiuto ad una vittima colpita da arresto cardiaco. Non c’è esitazione nei suoi movimenti, lo capisco dalla lettura del tracciato del defibrillatore, che scorre sullo schermo del mio personal computer. La data card inserita al suo interno ha registrato perfettamente tutte le fasi del soccorso, comprese le voci dei soccorritori, il pianto della bambina e il suo papà che continua disperato a chiamare per nome la moglie, mi vengono i brividi…. Michele posiziona gli elettrodi sul torace di Erika e accende il DAE alle 20.08, ed inizia ad inviare precisi messaggi vocali, con semplici e chiare istruzioni da seguire, che Michele conosce molto bene, le ha ripetute molte volte al corso BLSD sul manichino, ma questa volta davanti a lui c’è una persona vera, una mamma di appena 45 anni. Il defibrillatore segnala che ha iniziato ad analizzare il ritmo cardiaco, e avverte che è pronto per erogare la prima scarica. Nella sua tragicità, questo rappresenta un segnale positivo, in quanto significa che c’è una speranza di poter convertire la fibrillazione ventricolare in un ritmo cardiaco normale e poter far ripartire il cuore, che in quel momento non permette una regolare ossigenazione del cervello. Michele si assicura che nessuno tocchi la vittima, non tralascia davvero nulla, preme il tasto di shock, la scarica viene rilasciata. La giovane mamma non sembra però dare segni di ripresa.
Michele inizia il massaggio cardiaco, contando a voce alta: 1, 2, 3… 15, 16,… 28, 29 e 30 e l’amico inala aria nei polmoni di Erika per due volte. Resto veramente colpito, Michele esegue il protocollo delle linee guida IRC alla perfezione, da manuale, forse io non avrei potuto fare meglio.
Passano due minuti, sento le voci sottofondo delle convulse telefonate al 118, nelle quali si sollecita l’arrivo dell’ambulanza e che la donna è stata già defibrillata, lo stesso operatore della Centrale Operativa 118 di Livorno stenta a credere che ci sia un defibrillatore disponibile, e che nel frattempo autorizza ad erogare una seconda scarica elettrica che percorre il torace di Erika e attraversa il suo cuore che non pompa ancora sangue. Ancora niente, il suo corpo non si muove, Michele riprende la rianimazione cardiopolmonare, sa benissimo che non può fermarsi, i suoi movimenti garantiscono l’ossigenazione del cervello e allontanano possibili danni neurologici irreversibili.
Michele inizia ad essere stanco, prega affinché arrivi il 118, il tracciato ad esclusione dell’onda sinusoidale derivata dalle compressioni toraciche, non rileva ancora alcuna attività cardiaca consistente. Altri due interminabili minuti, il defibrillatore riprende ad analizzare l’attività elettrica del cuore. Michele è ormai stremato. Il responso della diagnosi fatta dall’apparecchio è di erogare ancora una scarica, la terza. Michele è già pronto con il dito sul pulsante arancione, il sibilo segnala che il defibrillatore ha iniziato a caricarsi, pochi secondi e lancia il messaggio “erogare scarica”, fatto, Michele non esita di un millesimo di secondo…. preme deciso il tasto di shock. Questa volta accade il miracolo, a seguito della RCP che Michele non ha mai interrotto, sul tracciato iniziano a comparire dei flebili segnali di attività cardiaca, ma che non sono ancora stabili. Michele e il suo amico Giuseppe continuano decisi nelle rianimazione, nelle loro voci si percepisce una determinazione e una forza di volontà straordinaria. Siamo a 8 minuti, il DAE lancia puntuale il messaggio vocale di interrompere qualsiasi attività per permettere di analizzare il ritmo cardiaco senza interferenze, pochi secondi e viene ordinata la quarta scarica.
Questa volta lo shock converte il ritmo cardiaco che Michele è riuscito a mantenere attivo con le manovre di rianimazione, il cuore della giovane mamma inizia di nuovo a battere anche se lentamente, ma non può essere sufficiente per far arrivare il sangue ossigenato alle cellule cerebrali e correttamente Michele continua a sostenere il battito cardiaco con le compressioni toraciche. Il DAE continua l’analisi e segnala che non è più necessaria alcuna scarica. Arriva la prima autoambulanza da Capoliveri, sono passati 18 minuti da quando il defibrillatore è stato attivato. La ragazza del 118 congratulandosi con Michele, attacca l’ossigeno ad Erika , mentre il medico a bordo della seconda ambulanza proveniente da Portoferraio, giunge sul posto dopo altri 7 minuti e a differenza di quanto poteva aspettarsi trova una paziente in vita da stabilizzare.
Alle 20.41 il defibrillatore viene staccato dal medico poco prima di trasferire Erika sull’ambulanza, oltre 33 minuti dopo da quando ha erogato la sua prima scarica. Meno di due ore dopo, Erika sarà trasportata dall’elisoccorso in un presidio ospedaliero sul continente, oggi è fuori pericolo, le ultime notizie che ci sono giunte dall’ospedale parlano di una lenta ma costante ripresa, ma soprattutto escludono danni neurologici irreversibili.
Il progetto Salvacuore, dal 2004 ha portato sull’Isola d’Elba 19 defibrillatori e oltre 250 persone addestrate al suo utilizzo, per questo vorrei ringraziare la Dottoressa Laudano che insieme al sottoscritto è stata la promotrice di questa iniziativa, oltre al Dott. Genovesi Francesco, responsabile del 118 di Livorno e il Dott. Rabito Roberto responsabile commerciale della Mortara Rangoni, i quali insieme alla Confesercenti del Tirreno e alla Banca dell’Elba ci hanno sostenuto fin dall’inizio in questa nostra battaglia per la vita.
Sono convinto che sia anche merito di queste persone, se oggi una giovane mamma può riabbracciare la sua piccola bambina e il marito, e portare a casa comunque un positivo ricordo della nostra isola. Sicuramente deve soprattutto la sua vita a Michele e a tutta la Famiglia Tallinucci, che ha avuto la cultura, la sensibilità e la professionalità di comprendere l’importanza del nostro progetto e dotarsi di un defibrillatore, come altri colleghi operatori turistici, anche se purtroppo ancora pochi: l’Hotel Hermitage, Hotel Del Golfo, Hotel dei Coralli, Hotel Barcarola 2, gli stabilimenti balneari di Cavoli 2000, Sant’Andrea e Bagni Paola di Procchio. La speranza è che tale episodio, possa servire a far riflettere tutti, specialmente coloro che alla recente assemblea dell’Associazione Albergatori, parlavano della necessità di “riqualificare i servizi delle imprese turistiche”. Chissà se si sono mai posti la domanda di quale ritorno d’immagine ricadrebbe sull’Elba, sapere che ogni struttura turistica, traghetto, supermercato, fosse dotato di un defibrillatore, (dal costo di poche centinaia di euro) e di personale addestrato a prestare il primo soccorso e quindi capace di salvare una vita?
Se su questo punto interrogativo qualcuno avesse ancora qualche dubbio, allora può rivolgersi a Michele. A proposito il prossimo 20 novembre a Roma, in occasione del congresso nazionale sulla defibrillazione nei luoghi di lavoro, Michele riceverà un riconoscimento da parte dell’Italian Resuscitation Council, la più prestigiosa organizzazione scientifica che si occupa della formazione e delle linee guida del primo soccorso nella comunità.
STORIA DI UNA VITA SALVATA A LACONA, DA MICHELE
Autore: di Stefano Mazzei, fonte www.tenews.it
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