Tragedia Concordia ed Aree Marine Protette

Utilizzare la demagogia per fare propaganda politica è un antico vizio italico. 

Ha cominciato il WWF, che dopo aver lanciato la surreale proposta di sterilizzare i cinghiali, e dopo essersi ben guardato dal porsi anche solo dei dubbi riguardo al quantomeno discutibile bombardamento aereo di tonnellate di ratticida su Montecristo, qualche giorno addietro tuonava contro il Sindaco gigliese Sergio Ortelli, reo, secondo gli esponenti del Panda, di aver bloccato l’avvento di quell’AMP che “sarebbe stata segnalata con apposite boe, costituendo un elemento in più per prevenire quanto accaduto”.

Subito l’immancabile eco di Mario Tozzi, che dichiara all’agenzia Reuters: L'attuale amministrazione comunale del Giglio ha rifiutato l'area marina protetta, che avrebbe potuto evitare l'incidente perché lì non ci si sarebbe potuti avvicinare a meno di un miglio”.

Buon ultimo, sul Tirreno di ieri, il naturalista Francesco Mezzatesta che in un lungo articolo, peraltro ricco anche di spunti interessanti e considerazioni condivisibili, non perde l’occasione per sostenere che “ se ci fosse stata l’area marina protetta l’incursione della Concordia verso costa non sarebbe stata possibile”…

Mi sembra a questo punto necessario fare qualche precisazione.

La drammatica tragedia della Concordia non ha nulla a che vedere con le Aree Marine Protette.

E perfino il tanto censurato “inchino”, se inteso come semplice “saluto” fra una splendida località di mare e un’altrettanto splendida nave, col reciproco vantaggio di permettere ai crocieristi di ammirare la costa, e ai “terricoli” di godersi la maestosità di un capolavoro dell’ingegneria navale, non comportava in sé nessun tipo di rischio.

E’ però evidente che quella che può essere considerata una “distanza di sicurezza” per un gommone non può essere la stessa per un mastodonte da oltre 100.000 tonnellate: il “passaggio in navigazione turistica” andava fatto a velocità ridotta, e a non meno di 1000 metri dalla costa. La profondità sarebbe stata costantemente superiore ai 100 metri, la visibilità reciproca ugualmente ottima, le condizioni di sicurezza rispettate.

Purtroppo ci siamo ritrovati di fronte ad un vero episodio di follia collettiva: su di una plancia di comando dove ci sono almeno 3 o 4 persone di guardia, professionisti muniti delle più sofisticate strumentazioni, non deve essere possibile per nessun motivo che non ci si accorga di essere totalmente fuori rotta.

Ma è successo. Forse che un ipotetico divieto sarebbe stato più forte, come deterrente, di uno scoglio? Certamente no. Ma non solo: se al Giglio ci fosse stata l’Area Marina Protetta, non sarebbe cambiato niente, nemmeno a livello normativo.

Cominciamo dalle “boe di segnalazione”: a Pianosa, come a Montecristo, e nonostante viga un regime di tutela molto maggiore che in un’AMP, essendo vietato l’accesso a qualunque mezzo nautico, non ci sono né boe né altri segnali a delimitare l’area interdetta. Non solo, ma avendo personalmente e più volte sollecitato tale necessità in seno al Consiglio del Parco, pare che non ci siano obblighi al riguardo.

Rotta Turistica Costa Concordia Isola del Giglio GiglioNewsDando poi uno sguardo alla cartina dell’AMP proposta dal Ministero nel 2008, anche senza parametri metrici precisi è abbastanza facile intuire che la massima estensione, tra l’altro della blanda “zona D”, avrebbe raggiunto giusto i mille metri ( e non il miglio di Tozzi) che il buon senso indicherebbe comunque come distanza minima, come detto, per una nave di quelle dimensioni.

E’ a questo punto che bisogna andare a dare un’occhiata alle normative: ancora una volta, le regole in vigore nelle AMP, così come sono, dimostrano la totale mancanza di efficacia e ancor più di logica.

Prendiamo infatti un Regolamento come quello dell’AMP “Regno di Nettuno”, istituita a Ischia e dintorni giusto a fine 2007 e quindi presumibilmente similare a quello che avremmo potuto avere al Giglio: nelle Zone B, è consentita la navigazione, a velocità non superiore a 5 nodi, entro la distanza di 300 mt. dalla costa, e, a velocità non superiore a 10 nodi, entro la fascia di mare compresa fra i 300 e i 600 mt. di distanza dalla costa, sempre in assetto dislocante.”

Quindi: chi può “navigare” in zona B? Risposta: per “navigazione” si intende “il movimento via mare di qualsiasi costruzione destinata al trasporto per acqua”.

Costa Concordia compresa,
con buona pace di chi spesso parla solo per sentito dire. Non a caso, la stessa Legambiente, che non definirei certo come “anti-AMP”, si è correttamente limitata a denunciare solo la carenza nelle norme, e soprattutto la loro inosservanza anche quando ci sono ed hanno senso, come il divieto di ancoraggio sulla Posidonia. E parla di “non demonizzare la crocieristica”

In buona sostanza, sarebbe forse ora di cominciare a pensare che la tutela del nostro mare e della sua naturale ricchezza di biodiversità è cosa ben diversa dal ginepraio di inutili pizzellacchere che caratterizzano le AMP, almeno come così maldestramente concepite.

Non servono gestori e autorizzatori dietro comode scrivanie: servono poche norme precise e sensate, e serve che si facciano davvero rispettare. Proibire la balneazione o inventarsi regolamenti farraginosi al solo fine di perder tempo a compilare moduli non ha alcun senso.

Impedire che navi “a rischio”percorrano determinate rotte su aree particolarmente sensibili, come richiesto per il canale di Pianosa, o stabilire quali siano le corrette distanze di sicurezza in funzione del tipo di nave può invece rivelarsi determinante per limitare il rischio di disastri.

Certo, niente e nessuno può impedire che la follia umana prenda il sopravvento. Fortunatamente, possiamo pensare e sperare che gli Schettino in circolazione siano finiti. Al contrario, le Capitanerie di Porto e la Guardia Costiera dispongono, come ha dimostrato il Capitano De Falco, di uomini competenti e capaci. Basterebbe metterli in condizione di poter operare in maniera efficace, sburocratizzando il lavoro degli uffici e fornendo i giusti mezzi nautici e tecnici.

Perché credo che tutto il mare, con pochi accorgimenti mirati, potrebbe e debba diventare un’immensa “area protetta”.

Yuri Tiberto
Consigliere Parco Nazionale Arcipelago Toscano