Tutta la verità sull'eradicazione del ratto nero a Montecristo e a Pianosa
Un manuale Ispra evidenzia l'importanza degli interventi realizzati in 5 isole "caso di studio"
Il ratto nero (Rattus rattus) è una delle specie invasive più diffuse a livello globale e si è insediato con successo in tutti i continenti introdotto accidentalmente dall’uomo. Il ratto nero ha un forte impatto su attività umane, salute pubblica ed ecosistemi ed incluso nell’elenco IUCN delle 100 specie invasive più dannose al mondo. L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) ricorda che "l'impatto dei ratti è ancora più rilevante in contesti insulari: la colonizzazione delle isole da parte del roditore ha importanti effetti negativi sull’avifauna marina, su altri innumerevoli gruppi faunistici (invertebrati, rettili, passeriformi e altri uccelli terrestri, chirotteri, ecc.), su flora e vegetazione nonché sull’equilibrio ecosistemico complessivo".
Per questo l’Ispra ha pubblicato il manuale "L'eradicazione del Ratto nero (Rattus rattus) dalle isole del Mediterraneo: linee guida, buone pratiche, casi di studio" nel quale vengono descritte le principali metodologie utilizzate per contrastare la diffusione del ratto nero nelle isole italiane. Uno strumento utile per "Una più efficace pianificazione degli interventi di eradicazione della specie nelle isole. Inoltre, vengono illustrate le esperienze acquisite evidenziando le peculiarità dell’approccio all’eradicazione del ratto di ciascuna isola".
Infatti, la pubblicazione comprende 5 casi di studio e ben due sono nell’Arcipelago Toscano: Montecristo e Pianosa. Si tratta di due interventi finiti nel tritacarne mediatico in occasione della polemica sull’eradicazione dei mufloni all’Isola del Giglio, quando i contrari all’eradicazione e qualche animalista poco informato tirò nuovamente in ballo una vecchia polemica (montata dagli anti-parco) su una presunta strage di avifauna, capre e pesci a Montecristo causata dallo spargimento di esche avvelenate.
La pubblicazione di ISPRA smentisce queste fantasiose e interessate ricostruzioni e accuse e spiega scientificamente in due schede cosa è davvero successo a Montecristo e Pianosa e perché è importante eradicare dalle isole le specie invasive. Ve le proponiamo:
ERADICAZIONE DEL RATTO NERO DALL’ISOLA DI MONTECRISTO – LIFE08 NAT/IT/000353 – Montecristo 2010: eradicazione di componenti florofaunistiche aliene invasive e tutela di specie e habitat nell’Arcipelago Toscano
Area di intervento: isola di Montecristo – Parco Nazionale Arcipelago Toscano . Estensione: 1071.7 ha
Distanza minima da altre isole o terraferma: 29,41 km (Isola di Pianosa) Abitanti: presenza costante di personale dei Carabinieri Forestali a turnazione. Periodo di intervento: gennaio – febbraio 2012 – Principio attivo utilizzato: brodifacoum. Tipologia delle esche: pellettato e blocchi paraffinati . Modalità di distribuzione: Via aerea (tramite elicottero) e terrestre all’interno di erogatori in settori limitati
L’isola di Montecristo è in assoluto la più distante dalle coste o da altre isole italiane Caratterizzata da una morfologia particolarmente aspra, è di costituzione interamente granitica con ampi ‘liscioni’ molto acclivi sul mare. La macchia è costituita in prevalenza da ericeti e cisteti, con limitati nuclei relitti di leccio. È presente acqua perenne. Specie target: Puffinus yelkouan (berta minore mediterranea)
Azioni preliminari:
Sono stati effettuati trappolaggi standardizzati, con 4 sessioni svolte a marzo, giugno, settembre 2010 e inizio febbraio 2011 su 5 transetti con 10 postazioni di cattura ciascuno poste a intervalli di 10 m, tenuti in attività per 5 notti consecutive con 1-2 notti precedenti di pre-baiting. Contestualmente è stato tenuto in attività un sistema di trappolamento permanente nell’area delle abitazioni, costituito da 29 trappole controllate giornalmente. Per questioni logistiche i transetti standard sono stati disposti relativamente vicino a Cala Maestra (l’area logisticamente più accessibile), mentre per le zone più difficilmente raggiungibili sono stati svolti campionamenti speditivi in altre 5 aree per esaminare settori dell’isola con diversa altitudine/esposizione, effettuando un controllo singolo oppure utilizzando una metodologia indiretta basata sul consumo di blocchetti da 20 g di esca priva di principio attivo. I risultati hanno messo in evidenza l’assenza di attività riproduttiva nei mesi invernali e hanno quindi permesso di identificare questo come il periodo più idoneo per l’intervento di eradicazione. Sono stati inoltre raccolti campioni di tessuto di 30 individui di ratto nero per la caratterizzazione genetica della popolazione.
Per le specie non target, sono stati effettuati test ex situ sulle due specie endemiche di molluschi terrestri presenti sull’isola (Oxychilus oglasicola, Ciliellopsis oglasae) nonché sull’unico anfibio presente a Montecristo, il Discoglosso sardo Discoglossus sardus tramite esposizione ad esche contenenti principio attivo; e test in situ per verificare il rischio a carico di pesci marini costieri dovuto all’eventuale caduta di pellets in mare, prevedibile in quantità limitata nelle zone con costa ripida. Da tutti i test è emersa l’assenza di rischi apprezzabili di mortalità per le specie di interesse conservazionistico esaminate e di diffusione dei rodenticidi nella catena alimentare marina. Le azioni preliminari hanno inoltre previsto la realizzazione di una serie di interventi di tutela specificamente dedicati alla popolazione di capra di Montecristo, in quanto specie potenzialmente impattabile dell’intervento di eradicazione del ratto e caratterizzata da elevato interesse storico-culturale. In particolare le attività sono state: i) messa in sicurezza di un nucleo consistente di capre, tramite costruzione di una recinzione di circa 25 ha all’interno della quale le esche rodenticide sono state distribuite all’interno di erogatori; ii) trasferimento di un piccolo nucleo di capre presso il Bioparco di Roma iii) monitoraggio ex-ante ex-post della consistenza della popolazione; iv) analisi genetiche mirate a verificare la compatibilità genetica dei nuclei già presenti ex situ e a stimare il tasso di perdita della variabilità genetica della popolazione in caso di forti riduzioni.
Descrizione dell’andamento dell’eradicazione:
Su Montecristo la prima distribuzione tramite elicottero è stata condotta l’8 e il 9 gennaio 2012. Sono state distribuite 13,6 t di esche, pari a circa 10,5 kg/ha di superficie reale (cioè tenendo conto del rilievo) trattata. Le esche consistevano in pellet contenenti brodifacoum come principio attivo e cereali come attrattivo. È stato escluso dalla distribuzione aerea un settore di circa 33 ha comprendente interamente il recinto delle capre, l’area abitata e le zone circostanti, e il tratto a deflusso perenne del principale corso d’acqua dell’isola, che ospita un’abbondante popolazione di Discoglossus sardus e tutte le specie di invertebrati acquatici di interesse conservazionistico note per l’isola. È stata esclusa dal trattamento aereo anche una fascia di circa 20 m estesa per l’intero perimetro costiero, per ridurre il rischio di caduta in mare di esche; in quest’area, ove ritenuto necessario, la distribuzione dei pellet è stata effettuata manualmente, mentre nell’area recintata la distribuzione è stata effettuata mediante erogatori rigidi inaccessibili ad animali più grandi di un ratto, contenenti blocchi paraffinati (brodifacoum come principio attivo). Per assicurare l’esclusione di queste aree dal lancio aereo di esche, durante la loro distribuzione è stato utilizzato un apposito accessorio (deflector) che permette lo spargimento delle esche solo da un lato della rotta del velivolo, consentendo di effettuare una distribuzione delle esche più precisa in vicinanza di zone critiche. La distribuzione aerea era stata originariamente pianificata lungo transetti paralleli distanti tra loro 50 m. Tuttavia, il pilota ha avuto difficoltà a volare mantenendo le rotte predefinite, a causa di malfunzionamenti nel sistema di guida basato su GPS, causando frequenti interruzioni nella distribuzione delle esche. Il secondo giorno si è quindi deciso di completare la distribuzione adottando una diversa strategia: si è impostato un piano di volo con transetti perpendicolari a quelli del primo giorno e posti a distanza di 100 m (anziché 50) uno dall’altro. A fine giornata è stata effettuata una serie di voli “a vista” per fornire una distribuzione aggiuntiva lungo il perimetro dell’area esclusa (recinto e buffer) e lungo la costa. La seconda distribuzione di esche era inizialmente prevista per due settimane dopo, ma una stagione eccezionalmente asciutta ha permesso ai pellet di persistere sul terreno in quantità adeguate per un periodo di tempo prolungato. La seconda distribuzione è stata realizzata quindi 45 giorni dopo la prima, coprendo 110 ettari corrispondenti alle aree più critiche: la costa, una zona cuscinetto intorno alle aree escluse e un’area in cui la prima distribuzione sembrava essere stata meno ottimale. Sono stati distribuiti circa 500 kg di esche, pari a circa 4,7 kg/ha di superficie piana e 3,6 kg/ha di superficie reale. All’interno del recinto le esche sono state somministrate complessivamente in 129 postazioni, delle quali 12 realizzate sul posto con grosse pietre, 27 erogatori autocostruiti in PVC e rete metallica e 90 erogatori tradizionali. Gli erogatori sono stati controllati a cadenza mensile fino a maggio 2012, ma già da marzo non sono più state registrate tracce di ratto. Nelle zone buffer al di fuori del recinto sono state effettuate distribuzioni manuali di pellet. Le attività di monitoraggio dell’andamento dell’eradicazione sono state avviate immediatamente dopo la seconda distribuzione integrativa del 28 febbraio, con l’installazione di 39 erogatori dei quali 12 posti in diverse cale dell’isola e i rimanenti in zone dell’entroterra comprese tra Cala Santa Maria e Cala del Santo. Le postazioni di monitoraggio sono state visitate a maggio 2013, ottobre 2013, marzo, maggio, giugno e agosto 2014, e non è mai stata rilevata la presenza di ratti.
Azioni di Biosecurity:
L’accesso all’isola di Montecristo è strettamente regolamentato e possono ormeggiare soltanto mezzi autorizzati. L’arrivo di ratti potrebbe avvenire attraverso la discesa da imbarcazioni ormeggiate al molo (e.g. motovedetta, imbarcazioni delle gite turistiche autorizzate o con autorizzazione di accesso) o l’arrivo a nuoto da natanti ormeggiati alle apposite boe, distanti circa 100 metri da riva, ivi incluso il caso di pescherecci o altre imbarcazioni private che avessero richiesto di ormeggiare per avaria o condizioni di mare avverso (tale eventualità non si verifica da anni ed è in generale molto rara). Sebbene fortemente improbabile, anche un naufragio potrebbe veicolare una reinvasione.
L’attuale sistema di biosecurity consiste in una rete di: 8 postazioni sempre attive, concentrate sul molo e nelle immediate vicinanze; 4 postazioni da attivare durante i mesi di maggiore affluenza di natanti (periodo in cui è consentito un accesso giornaliero di imbarcazioni private) e in caso di arrivo al molo di imbarcazioni ritenute a rischio; 7 postazioni da attivare in caso di ormeggio alle boe di imbarcazioni ritenute a rischio. Le postazioni sono costituite da erogatori in plastica e rat-hotel, contenitori in legno contenti altri materiali attrattivi in aggiunta al cibo. Ciascuna postazione contiene di norma tre esche sotto forma di blocchetti paraffinati di circa 20 g ciascuno, due contenenti veleni anticoagulanti di seconda generazione (brodifacoum e bromadiolone) e uno, non tossico, contenente un biomarcatore luminoso per un più facile rilevamento di eventuali escrementi. Oltre a ciò, è stata definita una procedura d’emergenza per eventuali casi di segnalazioni di roditori ritenute sufficientemente attendibili: circa 40 – 60 postazioni da attivare tempestivamente disposte in modo da coprire un’area di circa 500 metri di raggio a partire dal punto di segnalazione, con una densità di circa una postazione per ettaro. Per aumentare l’attrattività delle postazioni d’emergenza, al loro interno dovranno essere inseriti anche alimenti ad alta appetibilità, come crema spalmabile di nocciole o burro di arachidi, blocchetti con biomarcatore luminoso e cibo secco per gatti.
ERADICAZIONE DEL RATTO NERO DALL’ISOLA DI PIANOSA – LIFE13 NAT/IT/000471 “Island conservation in Tuscany, restoring habitat not only for birds” – RESTO CON LIFE
Area di intervento: Isola di Pianosa, LI – Parco Nazionale Arcipelago Toscano. Estensione: 1026,4 ha. Distanza minima da altre isole o terraferma: 13,3 km (Isola d’Elba)- Abitanti: 5 (densità: 0,5 ab/km2). Periodo di intervento: da gennaio 2017 a marzo 2022. Principio attivo utilizzato: brodifacoum e bromadiolone. Tipologia delle esche: blocchi paraffinati. Modalità di distribuzione: via terra all’interno di erogatori
Pianosa è un’isola pianeggiante di natura calcarea, occupata per circa la metà della sua estensione da seminativi e pascoli abbandonati in seguito alla chiusura della Colonia Penale nel 1997. Sono presenti lungo la fascia costiera tratti di falesia e macchia mediterranea con estese formazioni a Juniperus turbinata, mentre sparsi su tutta la superficie sono presenti numerosi rimboschimenti, prevalentemente a Pinus halepensis. L’isola è abitata da alcuni detenuti e da quattro guardie carcerarie. Intenso ma circoscritto turismo estivo e ottima rete viaria. Specie target: Calonectris diomedea -Berta maggiore – (Baccetti).
Azioni preliminari:
sono stati effettuati trappolaggi standardizzati, 4 sessioni svolte a marzo, giugno, settembre e dicembre 2015, su 6 transetti con 10 postazioni di cattura ciascuno. I risultati hanno messo in evidenza la presenza di rilevanti fluttuazioni demografiche interannuali: nelle prime sessioni infatti il tasso di cattura è risultato bassissimo, e nelle sessioni successive è stato osservato un progressivo aumento sia del Ratto nero che del Topo domestico. Si è ritenuto comunque di aver raccolto elementi sufficienti per individuare il periodo ottimale per l’eradicazione, la stagione invernale, durante la quale entrambe le specie apparentemente non si riproducono. Sono stati esaminati campioni di Ratto nero raccolti in 2 aree dell’Isola d’Elba e a Pianosa al fine di caratterizzare geneticamente le diverse popolazioni, valutare l’eventuale esistenza di scambi genetici fra le due isole e la possibile presenza di subpopolazioni all’interno di ciascuna isola. È stata inoltre svolta la ricerca dei marcatori genetici che indicano la resistenza ai rodenticidi, che ha dato esito negativo. Sono stati infine effettuati interventi di decespugliamento e apertura sentieri di accesso temporaneo soprattutto nelle aree a macchia mediterranea più densa, per consentire il passaggio degli operatori e facilitare il posizionamento degli erogatori.
Andamento ed esito dell’eradicazione:
l’eradicazione è avvenuta tramite l’utilizzo di esche con anticoagulanti di seconda generazione all’interno di stazioni-esca, poste ai nodi di una griglia di maglia 50 × 50 m che copriva l’intera isola. La densità delle esche è stata raddoppiata lungo la costa e nelle aree urbane, in considerazione delle densità di ratti localmente più elevate. Nel gennaio 2017 sono stati posizionati circa 4.750 erogatori, poi controllati e riforniti mensilmente fino a maggio 2017. Sono stati registrati la percentuale di esche consumate e/o qualsiasi segno di ratto rilevato. Le esche consistevano in blocchetti di cera con brodifacoum, tranne nelle aree occupate da insediamenti umani dove sono state sostituite da blocchetti contenenti bromadiolone allo 0,005% per ridurre il rischio di avvelenamento secondario degli animali domestici presenti (pochi gatti semidomestici alimentati da detenuti e agenti della Polizia Penitenziaria) che potevano ingerire roditori intossicati. Dopo un consumo iniziale molto elevato (653 kg, pari al 70% circa dell’esca presente), si è rilevato un calo di circa un ordine di grandezza già al secondo controllo, proseguito anche nel terzo, dopodiché i consumi sono rimasti quasi stabili e attribuiti soprattutto a insetti, gasteropodi e topi. Non essendo stata rilevata alcuna traccia di ratto già nel sopralluogo di giugno 2017, nell’ottobre 2017 le stazioni sono state rimosse. Contestualmente alla rimozione degli erogatori sono state installate 106 postazioni di monitoraggio su tutta l’isola (circa una ogni 10 ettari), per confermare l’avvenuta eradicazione del ratto; 11 di queste erano concentrate nella zona portuale e nelle sue immediate vicinanze, con funzioni di biosicurezza. A dicembre 2017, tuttavia, sono emersi nuovamente segni inequivocabili di presenza del ratto, dapprima concentrati in una area circoscritta, per poi venire rilevati dalla rete di monitoraggio costituita dalle 106 postazioni in più siti dell’isola. È stato quindi necessario un secondo tempestivo e massiccio intervento con il posizionamento di nuovi erogatori e controlli serrati. Durante i primi 3 controlli la diffusione dei ratti è risultata ampia, continua in un esteso settore centrale dell’isola, discontinua in buona parte delle zone costiere e nel settore settentrionale, scarsa o sporadica nel settore occidentale. Elevata presenza di ratti e forti consumi sono stati rilevati fino ai controlli di marzo-aprile 2019, in occasione dei quali si è avuta una netta riduzione del consumo totale. A novembre dello stesso anno, nel settore più critico dell’isola, sono state posizionate ulteriori 500 postazioni di tipo completamente diverso, realizzate in bambù e contenenti anche una bustina di esca in pasta fresca, al fine di intercettare eventuali individui non attratti dalle esche utilizzate o sospettosi nei confronti degli erogatori. Per la stessa ragione, nel corso di diversi controlli sono state posizionate esche in pellet al di fuori degli erogatori ma in siti protetti quali muretti a secco e fessure fra le rocce. Sono state posizionate inoltre esche non tossiche all’aperto (blocchetti autocostruiti in cera e crema di nocciole o burro di arachidi) al fine di rilevare eventuali rosicchiature di ratto, che non sono mai state osservate. Dal 2021 non sono più state rilevate tracce di ratto nei sistemi di rilevamento posizionati sull’isola.
Possibili cause della mancata eradicazione durante la prima fase dell’operazione:
Non è possibile individuare con certezza la causa del temporaneo fallimento del primo tentativo di eradicazione del ratto a Pianosa. L’esame delle caratteristiche dell’isola, degli esiti delle analisi preliminari e dell’andamento dell’operazione permette però di ipotizzare le cause più probabili che hanno portato, da sole o in modo congiunto, alla mancata eradicazione dei ratti. Pianosa è ad oggi a livello mondiale l’isola più estesa su cui sia stata tentata l’eradicazione del Ratto con distribuzione via terra di esche rodenticide all’interno di erogatori. Diversi lavori non pubblicati hanno mostrato come il rischio di fallimento delle operazioni svolte con questa tecnica sia più elevato rispetto alle eradicazioni effettuate con distribuzione di esca libera dall’elicottero, nelle quali è possibile ottenere una diffusione capillare delle esche, con densità medie di un pellet ogni 2 mq. Questo consente l’accesso immediato alle esche per tutti gli individui anche su isole molto grandi, per cui nel breve tempo di presenza di esche appetibili (pochissimi giorni in caso di piogge significative) tutti i ratti ne assumono la quantità sufficiente. Nel caso di esche disposte all’interno di erogatori i tempi sono diversi, inizialmente non tutti gli individui possono accedervi, e alcuni individui potrebbero non consumarle per diffidenza verso gli erogatori o verso le esche stesse. Pianosa è caratterizzata dalla presenza di grandi estensioni di pinete. In questi ambienti potrebbero essere stati presenti ratti che trascorrono la maggior parte del tempo sugli alberi e che, quindi, avrebbero avuto meno probabilità di intercettare una postazione con esche nel tempo limitato passato a terra. Questa ipotesi è stata tuttavia successivamente scartata in quanto, sin dalla ricomparsa dei ratti, i segni di presenza nelle pinete sono stati sporadici o assenti e non sono state più rilevate le tipiche tracce di alimentazione (resti di pigne rosicchiate sotto gli alberi), di facilissimo rilevamento. La sopravvivenza di alcuni ratti potrebbe essere stata facilitata anche da fattori contingenti, e in particolare dalle fluttuazioni periodiche nell’abbondanza della popolazione, che potrebbe aver subito un incremento nel periodo compreso fra la fine del monitoraggio (marzo 2016) e l’avvio dell’eradicazione (gennaio 2017), favorito anche dall’intervento di eradicazione dei gatti inselvatichiti, iniziato a ottobre 2016 e terminato proprio a fine gennaio 2017.
A giudicare dalla localizzazione dei primi siti di ricomparsa dei ratti sembrava inizialmente improbabile che la causa fosse da ricercare nella presenza di insediamenti umani, dove singoli individui potrebbero vivere in aree di modesta estensione non trattate, o di fonti trofiche puntiformi di origine antropica, quali orti, pollai e dispense. Nei mesi successivi, e fino agli ultimi controlli, tuttavia, la maggior parte delle segnalazioni di ratto erano comprese nelle zone antropizzate centrali; non si può quindi escludere che proprio in queste zone abitate potessero essere sopravvissuti individui che non assumevano le esche, favoriti anche dalla grande disponibilità di cibo.
Infine, un altro elemento che potrebbe aver favorito il temporaneo insuccesso, “nascondendo” agli operatori la presenza di singoli segni di ratto, potrebbe essere stata la presenza del topo domestico, in quanto il consumo delle esche da parte di quest’ultimo può facilmente rendere invisibili le tracce della specie target, non permettendo il rilevamento di piccoli nuclei.
Azioni di Biosecurity:
Coinvolgimento e sensibilizzazione degli stakeholders: operatori che svolgono servizio di trasporto merci e passeggeri; residenti permanenti o temporanei (l’amministrazione penitenziaria, i Carabinieri Forestali, l’associazione “Amici di Pianosa”, i gestori dell’albergo, del bar-ristorante, dei cavalli, delle catacombe, gruppi di ricerca, altri); visitatori giornalieri (E.S.A., Guide Ambientali); Azioni per ridurre il rischio di imbarco di roditori: adozione di sistemi anti-risalita da applicare alle cime d’ormeggio per tutto il tempo di permanenza all’Elba o sulla terraferma. Azioni a bordo: presenza di erogatori funzionanti da controllare ogni due mesi (4 per traghetti di linea, 1 per motovedette e trasporti giornalieri; controllo merci trasportate). Azioni sull’isola: sistema di controllo permanente consistente in 22 postazioni concentrate sul molo e nelle immediate vicinanze e 9 postazioni da attivare durante i mesi di maggiore affluenza di natanti, più ulteriori 10 postazioni, a densità media di 1/ha, a coprire un’area più ampia con lo scopo di intercettare eventuali individui che avessero superato la prima barriera, da controllare a cadenza mensile – bimestrale. Procedura di risposta rapida in caso di segnalazioni di ratti ritenute sufficientemente attendibili: posizionamento di circa 40-60 postazioni attorno al punto di segnalazione da lasciare in loco per due mesi e controllare quotidianamente nei primi 7 giorni e più sporadicamente in seguito.
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