"Il vignaiolo utopista che vuole trasformare il Giglio in un'isola-vigneto" con questo titolo il Gambero Rosso, la piattaforma leader per contenuti, formazione, promozione e consulenza nel settore del Wine Travel Food italiani, pubblica un'intervista a Bibi Graetz, produttore di vino fiorentino con il Giglio nel cuore e nell'anima.
Di seguito un estratto dell'interessante intervista che potete leggere per intero cliccando qui.
L'utopia di Bibi e l'isola-vigneto
La popolazione sull'isola è rimasta più o meno stabile intorno alle 1.450 animenegli ultimi vent'anni, ma l'età media è aumentata, e i giovani che vanno via sono compensati a malapena da chi si trasferisce qui in cerca di quiete e investe i propri risparmi nella gestione di un ristorante, un affittacamere o una bottega. Non bastail turismoa garantire prosperità, perché il pienone c'è solo nel mese di agosto. Non è servito a molto nemmeno il vouyeurismo legato alla tragedia dellaConcordia. Ma dalla viticoltura potrebbe venire una soluzione: «Recuperando tutti i terrazzamenti abbandonati, si arriverebbe a quasi un migliaio di ettari. Considerando che, per via dell'impossibilità di meccanizzare, occorrono almeno due lavoratori per ogni ettaro, potremmo impiegare un numero di persone sufficiente a ripopolare l'isola».
Sembra un'utopia, specie in un'epoca in cui quasi nessuno ha voglia di spezzarsi la schiena, tantomeno su crinali assolati. Eppure, qualcosa comincia a muoversi. Quando è arrivato Bibi, erano solo in due a commercializzare vino del Giglio. Oggi sonouna decinai produttori attivi tra autoctoni e forestieri. Quasi tutti seguono un approccio moltotradizionalistae optano per una qualche forma di contatto con le bucce, seppur breve; qualcuno si spertica in macerazioni più lunghe, ma con risultati altalenanti.
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