A breve distanza dalla pubblicazione di un mio recente articolo sull'isola del Giglio intitolato “Una questione di toponomastica: Porto Arturo” torno sullo stesso argomento a proposito di un altro toponimo isolano e precisamente “Le Scole”, nome degli scogli vicino a Giglio Porto resi in questi giorni tristemente famosi in tutto il mondo per il noto e spettacolare incidente della nave da crociera “COSTA CONCORDIA”.
Nonostante io venga spesso accusato nei miei interventi, anche orali, di affrontare gli argomenti “troppo alla larga”, questa volta non mi posso proprio esimere dall'iniziare il discorso da molto lontano e precisamente da cinque milioni di anni fa, epoca della nascita dell'isola.
In uno studio pubblicato nel 1993, il geologo David Westermann spiegava che, in quella lontana epoca geologica, un'enorme eruzione di granito fuso, fuoriuscendo dal mare, formò l'isola non in un unico ma in tre distinti momenti dimostrati da precisi dati di misurazione della radioattività del minerale e dalla composizione geochimica. Le prime due eruzioni dette (da due attuali toponimi isolani) “facies di Pietrabona” e “facies dell'Arenella” formarono praticamente l'intera isola: solo successivamente una piccola massa (“Scole Monzogranite Intrusion”) affiorò dalle acque e, solidificandosi, formò gli scogli de “Le Scole”. Se non fosse per la sequela di drammi causati dal naufragio della “Costa Concordia”, l'affermazione che quegli scogli lì da cinque milioni di anni non erano segnati sulle carte potrebbe destare ilarità.
Quindi “Le Scole” non solo sono esistite fin dalla notte dei tempi, ma sono state sempre ben note e pericolose per la navigazione, fin dall'antichità. Nel 1961 il noto fotografo subacqueo Maurizio Sarra vi scoprì una nave romana lì naufragata con un carico di anfore. Per scongiurare pericoli di naufragio già gli antichi Romani avevano costruito, all'isola del Giglio e proprio in quel punto (sulla vetta della prospiciente collina del “Castellare”) un faro che, insieme ad un altro sull'isola di Giannutri, faceva parte di un'unica e articolata rete di segnalazione e controllo, funzionale al sistema di rotte tirreniche in età imperiale. Di questo faro rimane oggi solo la base ottagonale ma ne dovrebbe tuttora esistere uno simile, della stessa epoca, miracolosamente sopravvissuto a tutte le epoche storiche, a Dover, sulla Manica. Secondo la dottoressa Paola Rendini della Soprintendenza Archeologica della Toscana, autrice di uno studio in proposito, il suddetto faro “ripropone il tratto caratteristico di una rara tipologia edilizia di fari, in cui è chiaro il riflesso del segmento a pianta poligonale che ricorre anche nel capostipite della serie, il faro di Alessandria...”.
Tale faro, per le sue caratteristiche, era ben visibile anche dalla costa del Lazio e particolarmente da “Centumcellae”, ovvero Civitavecchia, porto da cui era partita, la sera di venerdì 13 Gennaio 2012, la “Costa Concordia”.
Il compianto Mauro Mancini, giornalista de “La Nazione”, frequentatore dell'isola del Giglio nei primi anni '70 e autore di memorabili articoli di critica sulle “falsità turistiche” (tipo vendita di ceramiche di pseudo-artigianato locale fabbricate in realtà a Montelupo Fiorentino), scrisse all'epoca un portolano, “NAVIGARE LUNGOCOSTA”, dove consigliava i diportisti che passavano dall'isola del Giglio di navigare a distanza di sicurezza dagli scogli de “Le Scole”.
Dopo questa lunga ma necessaria premessa per capire l'origine del toponimo “Le Scole”, veniamo ora finalmente ad esaminare la questione da un punto di vista più strettamente linguistico. All'isola del Giglio le rocce affioranti dal terreno non sono chiamati “scogli” ma “coti”, termine lessicale che deriva dal latino, lingua in cui significa, per l'appunto, “scoglio” (cautes o cotes-cotis: nell'italiano moderno la “cote” è invece la pietra con cui si affilano le lame). Il toponimo “Scole”, che nell'arcipelago toscano si trova anche nell'isola di Pianosa ad indicare uno scoglio vicino alla costa con caratteristiche analoghe alle “Scole” gigliesi, deriva da “scopulum” che non significa, nella sua accezione principale “scoglio” ma ROCCIA SPORGENTE o anche RUPE SPORGENTE DAL MARE e, in senso anche figurato INCIAMPO, PERICOLO; un modo dire latino, “ad scopulum ire”significa “andare in, o correre alla propria rovina”.
Per concludere, Stefano Feri, ex assessore all'ambiente del Comune di Isola del Giglio, alla fine del mandato, aveva pubblicato un libro intitolato “STEP” (nel senso un “passo” avanti nella consapevolezza dell'importanza della tutela ambientale): in tale libro era pure contenuta una proposta di AMP (Area Marina Protetta) che consentiva, proprio nella zona de “Le Scole”, la possibilità di accesso alle sole imbarcazioni e ai natanti da diporto e il divieto assoluto di navigazione per le navi lunghe più di 24 metri ...
Armando Schiaffino
Finalmente un rientro a casa, finalmente nell’isola; l’isola che conosco da quando sono nata.
Nell’assurda tragedia, che ha colpito e coinvolto mezzo mondo.
Dopo notizie altalenanti su fatti, gente e nomi, dei luoghi visitati e pronunciati con disinvoltura dall’ignoranza totale, (vedi gabbianella invece di Gabbianara) arriva il tuo chiaro articolo, caro Armando e mi tranquillizza. Il Giglio porterà il lutto per molto tempo, ma c’è.
Oggi mi sento meno oppressa. Com’è bello tornare alle proprie radici.
Purtroppo ... navis ad scopulos afflixit.