Ignazio Silone, nel suo scritto Fontamara, raccontò di un soggetto particolare che, per attestare una regola fu costretto a ricorrere ad un artificio, facendo credere che l’acqua della fontana pubblica, non veniva tolta per 50 anni alla popolazione, ma per soli 10 lustri, giocando sulla buona fede della gente, ma soprattutto sulla inconsapevolezza della stessa.

In tema di normative urbanistiche ed ambientali, è facile quindi, far credere che si è attenti all’ambiente, come sostiene l’ex sindaco Landini, eleggendo il recupero ambientale a sinonimo di CEMENTIFICARE e di conseguenza passare alla negazione anche di quei processi fisiologici ed obbligati, connessi con le manutenzioni del territorio e volte al raggiungimento della sostenibilità ambientale ed alla rivitalizzazione delle aree interessate dall’abusivismo edilizio.

E’ difficile, come invece è accaduto nel recente passato, negare senza supporto giuridico, quelle procedure che, con i principi normativi di ben tre edizioni di condono edilizio, hanno quantomeno assunto titolarità, anche se solo in alcuni casi commerciale, com’è altrettanto difficile concedere senza passare attraverso un processo di recupero obbligato e connesso anche a quel ritorno economico a ricaduta che il territorio deve avere, nei confronti di strutture che comunque continuano a fruire di benefici  di investimenti pubblici, opere di urbanizzazione e ricchezza territoriale.

E’ orbo non dare atto di tutto quanto sopra, quando la stessa normativa nazionale e regionale non solo non nega, ma impone; com’è altrettanto facile voler congestionare anche il normale svolgimento delle procedure ammesse, volendo con ciò serrare tutto lo spazio edificato, adeguato e conforme alla zona e NON.

Il ragionamento non si gioca sulla convenienza, almeno quella apparente e demagogicamente descritta e comunque non su quella, ma su una visione generale dell’argomento, come già riportato nelle stesse norme di Piano Regolatore Generale, risalenti all’ormai 1984.

Quanto altro tempo si dovrà rimanere in questo stato ?

E quanto tempo ancora dovrà passare prima che ci si renda conto che  è possibile attuare ciò che è GIA’ DATO, senza cadere nella teoria demagoga ed irreale secondo cui rispettare l’ambiente è solo chiusura a lucchetto del territorio?

La prima legge sul condono edilizio già prevedeva l’obbligo di procedere al recupero di aree degradate, lo stesso Piano Regolatore Generale del Comune  lo prevede ( Landini l’ha  avuto in gestione per 10 anni e non è orbo), le normative Regionali di riferimento non lo negano; gestire l’ambiente e gli spazi edificati NON corrisponde a cementificare, ma a svolgere tutte quelle mansioni d’Istituto per cui la Pubblica Amministrazione è preposta  nell’azione di regia, quale volano da cui dipende quel LECITO mercato, in quel sistema dare avere per il quale anche la stessa Istituzione trae giusto equilibrio in termini di servizi e profitto territoriale.

Attilio Brothel