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E’ sufficiente sussurrarla la parola “mare” per avere davanti agli occhi una visione azzurra vibrante di luce avvolta nell’aria amena del salmastro.
Un volo di gabbiani puntati verso il sole del tramonto, suggerisce immediatamente la presenza del mare sottostante.
Il Mare. Quale uomo, quale individuo non si è trovato anche per pochi attimi, a contemplarne la vastità, nella magia misteriosa che emana e sentirsi tutt’uno con questo prezioso elemento, fonte primaria della vita sulla terra.
Il Mare fa sognare e portandoci là, dove corre la nostra fantasia, ci fa approdare in porti, che nemmeno la barca più veloce può raggiungere.
La letteratura è piena di tali “approdi”.
Partendo dal più famoso Ulisse: “fatti non foste…” all’ossessionato capitan Achab.
Al Vecchio, che il mare illuse e poi, vinse. Al capitano Nemo, che scelse la solitudine degli abissi. Il Corsaro Nero, padrone e signore degli oceani. Simbad, il marinaio - e si potrebbe continuare all’infinito.
In tutto ciò, il mare diventa metafora stessa della vita e del desiderio innato di libertà che ogni individuo si porta dentro spesso a proprio discapito.
L’intima relazione tra l’uomo ed il mare, tra la fuga nel sogno e la realtà non si scioglie mai: può essere una vacanza estiva, o quella quotidiana dei pescatori.
Può essere il gioco di un bambino con paletta e secchiello sulla riva, o sdraiarsi sulla rena calda dopo una nuotata tra le sue onde. Tutto porta a lui: al Mare.
Ma il mare può annichilire per la sua mutevolezza improvvisa ché da lastra di vetro frastagliata di sole, può diventare un’immensa solitudine di cavalloni invalicabili. Bisogna osservarlo con il cuore, prima che la ragione, rispettandone i ritmi ed i respiri, così da trovare in seno al suo ventre fecondo, il sentimento profondo di appartenenza che spinge alla sua tutela e alla sua conservazione ogni spirito libero, ogni persona che vive il mare.
Come i gabbiani.
E come un immenso, tragico gabbiano, la nave Concordia, isola felice, madre buona ed esaustiva di desideri covati, per coloro che, per una manciata di giorni hanno sognato quel viaggio sul mare aperto, lontano dal vissuto quotidiano spesso malato e contorto: ha voluto morire - funesta combinazione di mani troppo distratte e cuore che non osservava - nel luogo in cui mille volte ha veleggiato luminosa e trionfante. Maestosa.
Un addio sofferto dalla lunga ferita, accolto con muto e sbigottito dolore dalla gente del Porto, generosa come non mai, e terminato alla Gabbianara; luogo in cui si incontrano i gabbiani del Giglio. Luogo di amori, di riproduzioni.
Luogo di vita.
Un requiem per le povere vittime annegate con il proprio sogno e che il Mare non avrebbe voluto.
Palma Silvestri
Bellissima Palma...complimenti!!! Un abbraccio grande...come il nostro mare.Lorena.