Ho seguito con attenzione lo scambio di idee fra l'avvocato Forelli e l'assessore Feri a proposito di alcune strutture pubbliche di Giglio Castello tuttora fatiscenti. Leggendo tali segnalazioni il mio pensiero tornava in continuazione ai paesi della Val d'Orcia (Pienza, Montalcino ecc.) recentemente visitati in compagnia di oltre 120 Gigliesi in occasione del gemellaggio fra Musical Giglio e il Festival Musicale della Val d'Orcia.
Lascio ad altri il compito di sottolineare l'altissima valenza di tale gemellaggio a livello di ricaduta culturale e di promozione turistica della nostra isola. In questa sede, ritengo invece opportuno sottolineare come ognuno di noi sia rimasto particolarmente colpito da come siano tenuti quei paesi e dal loro arredo urbano: tutto perfettamente ordinato e pulito, strade ben lastricate con pietre lavorate, totale assenza di antiestetici "tombini", case e palazzi d'epoca restaurati a regola d'arte, con gusto, nel pieno rispetto delle caratteristiche di quei borghi. La frase di commento che si poteva udire più frequentemente nei gruppetti dei vari "gigliesi - visitatori", osservando tale cura nella manutenzione e nella gestione di quei paesi, era: "... ma possibile che al Giglio non si riesca ... ". Solo i più attenti a volte notavano piccoli cartelli dove le scritte più ricorrenti erano: "Parco della Val d'Orcia - restauro effettuato con finanziamenti CEE" oppure "opera realizzata con finanziamenti comunitari in zona dichiarata dall'UNESCO patrimonio dell'umanità" ecc. . Facilmente intuibile che monumenti, edifici o intere zone di territorio definiti dall'UNESCO patrimonio dell'umanità, siano sottoposti a legislazione vincolistica addirittura superiore alla nostra. Eppure nella Val d'Orcia non si aveva per niente la sensazione di posti "ingessati" (per usare un termine caro a una certa parte politica) o di norme che confliggono con le normali attività umane, anche e soprattutto quelle agricole (l'esempio di eccellenza di certe coltivazioni tipo la produzione del Brunello di Montalcino valga per tutti).
In occasione della permanenza in Val d'Orcia, ai numerosi Gigliesi, fra l'altro squisitamente ospitati, è stato fatto omaggio di un libro di ricette e tradizioni locali. Alle pagine 29, 30 e 31 si può leggere quanto riportato di seguito. Lo propongo all'attenzione dell'amico avvocato Forelli, perché conoscendone la sensibilità e il suo indiscusso affetto per la nostra isola, sono sicuro che ne apprezzerà il contenuto. Sono altrettanto certo che, dopo la lettura, non possa fare a meno di convenire che le situazioni di degrado di Giglio Castello, da lui giustamente denunciate, non siano il risultato di dimenticanza o di disattenzione di vecchi o nuovi amministratori, ma rappresentino piuttosto soltanto le conseguenze e gli ultimi esempi di una "filosofia politica" molto diversa da quella intelligentemente adottata da ormai vari anni in molte altre zone della nostra bella Italia.
Dal volume "Orcia Miseria" a cura di Carlo Cambi:
"... La complessità dunque della Val d'Orcia ha dato luogo, stratificandoli nel tempo, a mestieri, usi, ad abitudini in continuo scambio con l'ambiente che difficilmente potevano essere contenuti in un'unica dizione. Non poteva nascere che qui un "Parco" che è contemporaneamente riserva di natura, ma anche preservazione attiva del carattere antropico. Anche il Parco -che è la sintesi fattuale della peculiarità della Val d'Orcia- si è strutturato come una vicenda che corre sul doppio binario della natura e dell'uomo. Nato per un'intuizione intellettuale, prima ancora che di una programmatica volontà di tutela, il Parco non è una riserva naturale tout-court: è il risultato dell'incontro tra uomo e natura. Perpetua e preserva le abitudini valorizzando le produzioni tipiche, ricercando le radici e le motivazioni delle attività umane su questo territorio, nella consapevolezza che qui l'ambiente è stato antropizzato da millenni e che la sua trasformazione è incessante proprio perché incessante, anche se misurata con i termini del creato, è l'operosità dell'uomo. A rendere ragione dell'essenza e della natura di questa zona che la Regione Toscana ha riconosciuto come "area protetta" è la sua genesi. La sua levatrice è stata la taverna di Bronzone a Monticchiello dove prima e dopo gli spettacoli del Teatro Povero un cenacolo di "gente di testa fina", per dirla come la direbbero i vecchi dell'Orcia, ha cominciato a ragionare di come si poteva preservare il carattere della Val d'Orcia. Seguì, poi, da parte di personaggi come Asor Rosa, Vieri Quilici, Paolo Leon, Paolo Urbani e Giogio Pizziolo la prima intuizione di distaccare la tutela della Val d'Orcia dagli stilemi consueti della "riserva naturale" per implementare un nuovo modo di intendere la preservazione. Inventarono così una sorta di tutela attiva del complesso valoriale della Val d'Orcia che significa salvaguardia del naturale, continuazione dell'umano e valorizzazione delle produzioni. Lungo questo cammino si è mosso il Parco della Val d'Orcia e nel suo itinerario di azioni di concetto si è fatta strada la consapevolezza che senza radici, l'albero vivo della Val d'Orcia rischiava di isterilirsi e di diventare al massimo una pianta ornamentale per il turismo in cerca di oleografia toscana. Perciò il recupero della memoria, la testimonianza diretta, il ricalarsi nell'atavica operosità del contado è diventato oggi un messaggio di potente modernità. Che si declina perfettamente con una nuova corrente di pensiero turistico che proprio nelle terre di Siena ha avuto la sua prima cognizione, ma anche la sua prima sperimentale esplicitazione.
Si tratta di rendere attiva la sostenibilità del turismo che non è più inteso come esercizio di curiosità ma come acquisizione di consapevolezza. Non esiste infatti alcuna possibilità di tutela dell'ambiente in luoghi dove l'antropizzazione si esprime in termini di stratificazioni di civiltà (e la ruralità della Val d'Orcia ne è forse l'esempio più alto in Europa) se non attraverso la condivisione dei valori e dei processi che hanno determinato l'umana vicenda in quei luoghi. Ecco che la sostenibilità (o se si preferisce la compatibilità) diventa compartecipazione alla gestione dei territori. Così il turista passa da semplice ospite a condivisore dei valori di una comunità, ne diventa parte, se ne fa "cittadino" insieme a coloro i quali quelle terre abitano, governano e sfruttano. Questa intuizione è nata proprio osservando la vicenda della Val d'Orcia. La terra che già custodiva un gioiello come Pienza dichiarato patrimonio mondiale dell'umanità. Gli abitatori della Val d'Orcia dunque nel momento stesso in cui l'umanità riconosce a queste terre la loro unicità, il loro essere patrocinio del mondo, ne diventano non più soltanto i temporanei fruitori, ma ne sono custodi in nome e per conto della comunità mondiale. Ed ecco dunque che anche coloro i quali arrivano in questa terre si devono sentire impegnati a conservare questo patrimonio e a farsene testimoni e cultori. Da questo percorso è nata l'idea di trasformare i turisti in cittadini (sia pure temporanei) delle terre di Siena. Un'intuizione che in Val d'Orcia diventa però ancora più potente, che si fa canovaccio continuo dell'esistenza.
Tale e tanta è la armonica complessità di queste terre, così peculiare il percorso che la Val d'Orcia ha compiuto nei millenni che l'essere oggi patrimonio dell'umanità non fa che sancire la sua unicità. E' una unicità che però non si esprime solo nel paesaggio, che non può essere rappresentata solo dalle dotazioni d'arte, che non vive solo in una manifestazione formale. No, è l'unicità di un territorio rurale dove da sempre l'uomo opera in rispettosa simbiosi con l'ambiente. Si spiega perciò che anche i sapori della Val d'Orcia siano perfettamente inseriti in questo contesto. I grandi vini (il Brunello su tutti certo, ma oggi l'Orcia si fregia anche di altre produzioni di eccellenza riassunte appunto nell'Orcia Doc), i maiali di cinta senese (eredità delle abitudini rurali etrusche), i formaggi (il raro pecorino di Pienza) i grani duri che danno pasta e pane, il sapiente utilizzo delle erbe, l'olio extravergine sono le testimonianze sapide e concrete dell'agricoltura di eccellenza che affonda le sue radici e le sue capacità produttive in un passato davvero remoto che però attraverso l'attualizzazione dei processi e la garanzia di qualità delle produzioni, diventa futuro prossimo. Il lavoro che è stato compiuto di riascolto delle istanze e delle testimonianze è la consegna viva di un'eredità perché diventi essa nuovo motore di sviluppo compatibile ... "
Armando Schiaffino Capogruppo di maggioranza consiliare
DEGRADO URBANO: INTERVIENE LA MAGGIORANZA
Autore: di Armando Schiaffino, Capogruppo Maggioranza consiliare
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