E stanno tutti bene ...
Caminito que el tiempo ha borrado… le parole di Carlos Gardel e le note di un famosissimo tango argentino, cantano i contrastati sentimenti di chi torna ormai adulto su una strada camminata per lavoro e con nel cuore un amore. Strada dell’emigrante, fatta di fango e sterpaglie ma nuova per le speranze di rivincita verso il proprio Paese lasciato con rabbia e stretta nel cuore.
Sono migliaia gli immigrati in Argentina, lo stato che offriva lavoro nei porti all’inizio del ‘900. Tanti europei, tanti italiani. Tanti gigliesi il cui Caminito iniziava sulla via del mare. Caminito è anche il sentiero isolano che porta alle vigne e un giorno abbandonato per partire in un continente dove la sorte benigna avrebbe coperto di fiori i nuovi sentieri da calpestare.
Caminito da me desiderato e voluto, nell’eco molto remota, di frasi lette da occhi umidi che ricomponendo la busta, mi chiedevano di andare al Campese a prendere una manciata di sabbia, perché, “qualche granello doveva arriva’ a zia, laggiù a Ingeniero White, il porto di Bahia Blanca”.
Oggi, sono andata laggiù con mio figlio per recuperare i lembi di “una triste historia de amor” rimasta nel camposanto del Paese natio e di una sorte lontana dal sogno, per una donna andata e lì morendo senza aver, mai più fatto ritorno.
Ma per Lei ci sono stati picchi di gioia: nella maternità, nell’allevare i figli anche con la memoria gigliese, nel vederli crescere sani, belli e ben radicati e nel tenere la casa aperta ad ogni persona che sbarcava arrivando dalla “sua isola” dove credeva di poterci ritornare, una volta.
E se il finale di questa storia è amaro, il mosaico di persone trovate e plasmate dalla coppia che si formò dal lontano giorno dello sbarco, costituisce il bellissimo mistero e il miracolo della vita nella certezza che radici, fiori e frutti si sono intrecciati in un carosello di orgoglio argentino, di rispettate memorie, di cavatelli e san Mamiliano e di espressioni caratteriali tipiche di soprannomi da me conosciuti.
Parenti gioiosi che hanno accolto Parenti venuti dall’isola del Giglio in cui erano nati i loro “Abuelos”.
Dedicato a Patricia, Claudio, Ruben, Alejandro Brizzi e ai loro figli.
Palma Silvestri (della Barroccia)
Ora torna alla tua isola, Palma, altrimenti ci strazi il cuore come a leggere "Dagli Appennini alle Ande"! Torna, torna, che ti aspettiamo. Un bacione Fiorella
SIMIGLIANZE A parte l’attrazione che, sempre, ho avuto per le “rosse” (vecchie storie, che ancora mi consolano), oggi, leggendo il tuo “resoconto argentino”, ho capito perché tanto mi commuovo a legger quel che scrivi. Già l’avevo intuito, ma ora ne son certo: una “suerte” comune ci distingue. Figli, entrambi, d’“assalariati”, l’uno minatore, l’altro esplosivista, abbiamo sofferto le stesse tragedie del lavoro. Entrambi siamo di razza contadina. Ad entrambi tocca, quasi per missione, scrivere sia delle “nugellae” d’ogni giorno, che dei generali sentimenti, che, sempre, accompagnano la morte di chi migra o resta, senza differenza. Un tempo, scrissi, anch’io, d’Emigrazione in un libro di partito, firmato da La Malfa. Trattava d’un’isola che, pur in mezzo al mare, un’isola non era, per miseria. Un’isola da cui, anno per anno, come gli Storni, migravano, a migliaia, i giovani “sturrati”, per il “continente” e per il Mondo, gridando, alla partenza, “Forza paris!”, siccome, faceva, in guerra, la Brigata Sassari, di Lussu. Ma pure le “espressioni” ed i concetti nostri, cara Silvestra, ancorché diversi, sono eguali: parlando, infatti, della gente, che moriva altrove “senza aver, mai più, fatto ritorno”, usiamo le stesse gravi parole. Siccome, “tra radici ed erbe di terra etrusca, in un viluppo, soave, di fiori e profumi, che sa d’eterno”, inciso sulla tomba di mia madre, ad Orbetello, tanto somiglia al “miracolo della vita e della morte, nella certezza che, radici e frutti si sono intrecciati in un carosello argentino di rispettate memorie”, che tu hai scritto.
Come sempre, grazie a Palma Silvestri, che sa arrivare al cuore. Le note e le parole di Caminito suscitano commozione,anche se curiosamente la nostalgia raccontata in questo caso non è dell'Argentina, ma dell'isola alla quale l'emigrante gigliese "desde que se fuè nunca màs volviò..." Anche mio nonno Gesualdo Mazzolo emigrò là, ma tornò non so come: i suoi racconti rocamboleschi mescolavano realtà e invenzione, sicchè non ho mai saputo davvero perchè "volviò". Alina di Migliano Mazzolo
Belle le Tue parole "Palma" e commovente il video, guardato con gli occhi legati alla storia dei Gigliesi andati in Argentina._ Devo dire comunque che per fortuna mio nonno Pietro Bartoli (fratello di Pasquale, Mestolino e Giuseppa) è tornato indietro alla sua Isola, altrimenti non sarei nemmeno esistito._ Pasquale era con Lui all'andata e non tornò più in Italia ..... chissà se qualcuno dei "Vecchi Gigliesi, ora Argentini" se lo ricorda._ Hai visto qualche lapide al cimitero di Bahia Blanca ??? Cecilia Rum, sua moglie, partorì proprio a Bahia il suo secondo genito "Vittorio detto Vittorino o Pacarito", il Papà di Alvino (lo vedrai spesso nelle foto che pubblica Sergio Giorgi su FB) che sposò al Giglio Marinella Tievoli, i quali entrambi riposano al cimitero del porto.