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Elezioni inglesi
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ALLA LUCE DEL TRAVOLGENTE SUCCESSO DELLA STURGEON, UNA REMINISCENZA DELLO STORICO RAPPORTO DI RECIPROCA SIMPATIA E SOLIDARIETA’ TRA ITALIA E SCOZIA

Nei giorni scorsi, a consuntivo delle elezioni in Gran Bretagna, comprensive dei “distretti” di Scozia, Galles ed Irlanda del Nord, quello che è emerso in tutta la sua evidenza ed il suo peso è che, grazie alla quarantacinquenne avvocatessa Nicola Sturgeon, che, a differenza dell’algida Thatcher, sembra una semplice “donna” di casa, il S.N.P., ovvero il Partito nazionalista Scozzese, quello che appena qualche tempo fa, aveva “mancato” il “referendum” per l’indipendenza della “regione” delle “Terre Alte”, ha eletto, per il Parlamento inglese, ben 56 Deputati su i 59 a disposizione nei collegi di riferimento.

Questo indubbio successo, che addirittura “oscura” la riconferma di Cameron, alla faccia dei “sondaggi”, “conquistatore”, seppure con lieve margine, della “Maggioranza assoluta”, ci ha fatto tornare alla mente un evento del 1800, avvenuto a Glasgow, in concomitanza con l’impresa dei Mille che, sbarcando, con Garibaldi a Marsala, dettero inizio all’Unità del nostro Paese.

Chi, infatti, avrebbe mai potuto immaginare, con il senno di poi, ovvero alla luce della diffusa opinione dei giorni nostri, secondo cui gli Scozzesi, insieme ai Genovesi ed ai Portoghesi, costituiscono una gens assai sparagnina e misurata nell’uso del danaro, che, in quell’occasione, durante un concerto solidaristico promosso, con l’aiuto diretto dello statista John Mc Adam, dagli esuli mazziniani a Glasgow, per la causa dell’unità d’Italia, si potessero raccogliere ben 2668 sterline, somma pari a circa 300/400.000 Euro odierni?

Eppure questo avvenne il 26 di Maggio del 1860.

Evidentemente, gli Scozzesi vedevano nel Risorgimento italiano, propagandato in terra d’Albione da Giuseppe Mazzini, e, più in specifico, nella spedizione dei mille intemerati patrioti, provenienti da ogni regione d’Italia, la riproposizione del tentativo insurrezionale per la libertà e l’indipendenza (riuscirono addirittura a tenere, a lungo, in scacco l’esercito di Edoardo I, detto anche “Longshanks”, Gambelughe, ed a batterlo “sonoramente” ad Abbey Craig nel 1297) che li rese protagonisti, secoli addietro, al seguito del mitico William Wallace, di una guerra popolare contro l’Inghilterra (1), che avrebbe dovuto conferire loro la piena autonomia ed indipendenza.

Tra l’altro, riteniamo di non essere lontani dal vero se aggiungiamo che questa istintuale solidarietà traeva anche origine dalle più che evidenti analogie esistenti tra le “figure” di Wallace e Garibaldi: ambedue di sostanziale origine proletaria, ambedue di taglia fisica medio-alta, con i lunghi capelli rossicci al vento, ambedue, come ebbe a definirli l’onorevole Andrea Marcucci, presidente del Comitato Nazionale per le celebrazioni del bicentenario della nascita di Giuseppe Garibaldi, eroi popolari, capaci “di sacrificare ogni aspetto della propria vita in nome del bene della patria e di mettere in movimento le energie di un popolo rimasto schiavo da secoli di oppressioni interne ed esterne”, entrambi, nel corso delle battaglie, alla testa e non al seguito delle proprie truppe.

Chi avrebbe, inoltre, potuto immaginare che, nel Novembre del 2007, a distanza di ben 147 anni e qualche mese, gli Scozzesi, la città di Glasgow, le massime autorità locali e la “Royal Scottish Academic of Music and Drama, presenti, per l’Italia, Il Console Generale in Scozia, Piergabriele Papadia de Bottini, e l’onorevole Andrea Marcucci, sarebbero nuovamente accorsi in mass alla riproposizione, tale e quale, di quel concerto, che, promossa da Massimo Scioscioli, Presidente dell’Associazione Mazziniana di Roma, nonché membro della Direzione nazionale della L.I.D.U., ha visto addirittura “traboccare la vasta sala dell’Accademia Reale di Musica?

Chi, invece, mentre a Glasgow, tra quel pubblico, nutrita era stata la presenza di molti Italiani, colà “migrati”, avrebbe potuto, di converso, prevedere il sonoro “flop” in cui ebbe ad incorrere il medesimo concerto al momento della replica nel nostro Paese, non ostante fosse stato inserito tra le manifestazioni celebrative dell’Unità d’Italia?

La replica italiana, infatti, frutto, tra l’altro, di un duro lavoro di ricerca iconografica, d’interpretazioni di caratura internazionale e d’una coreografia che, anche nei costumi dei giovani esecutori, italiani e scozzesi, tesi a riproporre le “acconciature” risorgimentali, era stata definita un “emerito” evento storico (Alfredo Gasponi de “Il Messaggero”, uno che di musica se ne intende,   ad esempio, scrisse che si trattava di una vera e propria “chicca”), ebbe solo a confermare l’antica “sentenza” evangelica secondo cui “nemo propheta acceptus est in patria sua”.

E questo, ad onta del fatto che il concerto godesse, sia che dell’alto patronato del Presidente della Repubblica, che del patrocinio della Regione Lazio, che, l’aveva qualificato quale “atto” conclusivo delle manifestazioni garibaldine”.

Fatto sta, che la sera del 20 Dicembre, forse perché a Roma il traffico era letteralmente “impazzito”, a motivo di Sarkozy in visita ufficiale, oppure d’una giornata infrasettimanale, prossima alle festività natalizie e, per questo, dedicata soprattutto agli acquisti, appena un centinaio di persone hanno potuto godere dei valori e dei contenuti di questo straordinario concerto, affluendo (si fa per dire), come da programma, alla Sala “Baldini”, in Piazza Campitelli, 9.

Peccato, perché il concerto era veramente molto bello, nonché legato indissolubilmente a momenti esaltanti di storia patria, relativi sia alla spedizione dei Mille di Garibaldi, ma anche alla Repubblica Romana del 1849.

Concerto che era servito ad evidenziare, in modo tangibile, che il nostro Risorgimento aveva avuto, non solo l’appoggio della pubblica opinione e del governo britannico, ma anche quello degli Scozzesi, fornito, soprattutto, dagli esponenti politici del Partito indipendentista John Mc Adam, John Nichol e John Pringle Nicol, nonché dall’industriale Townsed e dalla famiglia Crawford (la famiglia di Giorgina, sposa di Aurelio Saffi, Triumviro, con Mazzini ed Armellini, della gloriosa Repubblica Romana), che ebbero sempre a cuore la sorte degli Italiani.

1) William Wallace è l’eroe del film di Mel Gibson “Braveheart”, ovvero “Cuore Audace”, interpretato dallo stesso regista-attore.

Wallace, definito anche “Fiore selvaggio” dal poeta Wordsworth, fa parte dell’epopea indipendentista delle genti delle “Terre alte”.

Catturato, con un inganno, dagli Inglesi, fu da questi, ucciso, smembrato e decapitato il 22 Agosto 1305 (la sua testa fu esposta sul “London Bridge” di Londra, mentre le quattro parti del corpo, squartato, acciocché non potesse essere individuato un luogo preciso di sepoltura, ove venerarlo, furono disperse in quattro diverse contrade della Gran Bretagna, agli antipodi l’una dall’altra.

Wallace, nato a Larnak, a Larnak sposò la sua cara e fedele Marion Braidfute

Larnak può essere considerato un luogo mitico, in quanto, in quel paese, vicino a Glasgow, operò anche Robert Owen, Socialista utopista, ritenuto (a torto), antesignano della Cooperazione, che, alla periferia “New Larnak”, tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800, costituì un importante agglomerato produttivo di tipo comunitario o “comunardo”, che pure consentì paternalisticamente, a molta povera gente di convivere in dignitosa solidarietà.

Quell’esperienza che, poi, con il nome di “New Armony”, fu, dallo stesso Owen, “esportata” anche negli Stati Uniti, dopo un paio di decenni, ebbe però a fallire.

Adesso Larnak e New Larnak, sono sostanzialmente diventate un museo.