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I MUFLONI DELL’ISOLA DEL GIGLIO
Da tempo sto seguendo la problematica dell’abbattimento dei mufloni da parte dell’ente parco dell’Arcipelago Toscano.
Questo mio articolo si basa sulla memoria, ‘memoria è ricordare le cose, farne un tesoro di cultura e di civiltà’.
Ricordo con piacere il primo incontro ravvicinato con questo animale durante una gita scolastica. Scendemmo da Giglio Castello a Giglio Campese, ci unimmo agli alunni della locale scuola elementare e ci inoltrammo a piedi nella zona Franco di proprietà dei Baldacci e del conte delle Piane, accompagnati dai nostri maestri cito per riconoscenza i fratelli Amerigo e Variento Bancalà.
L’incontro avvenne nella zona ovest, la parte che guarda la Corsica, esattamente dove i Baldacci avevano una vigna.
L’animale era ad una cinquantina di metri da noi, ci guardava forse meravigliato dal numero dei presenti; silenzio totale del gruppo poi l’animale si allontanò piano piano; eravamo a conoscenza che il muratore Pareti era stato spinto a cornate nella buca della calce spenta là presente utilizzata nell’edilizia.
Allora non esisteva la strada carrabile che da Giglio Campese conduceva all’interno della bandita dei Baldacci. Gli animali venivano catturati in recinti predisposti all’interno della stessa, posti in gabbie di legno, portati in località Pertuso, da lì con motonavi per Porto Santo Stefano o Talamone e poi con autocarro fino a Miemo in provincia di Pisa in un’altra proprietà degli stessi.
Era risaputo che le bestie catturate venivano scambiate anche con l’ex-Jugoslavia per il loro ripopolamento in quei luoghi.
Quando arrivò sull’Isola il traghetto Rio Marina, la prima unità navale della Navigazione Toscana con portellone di poppa e nel frattempo era stata costruito, con il Piano Fanfani, il tratto di strada da Giglio Campese al bivio, mio babbo Ottavio che aveva tra le altre cose una ditta di trasporti, fu coinvolto più volte nel trasporto diretto dei mufloni dall’Isola alla tenuta di Miemo, nelle vicinanze di Volterra; qualche volta anch’io ho partecipato a quei viaggi e mi torna in mente il continuo rumore prodotto dal battere delle corna nelle tavole della loro gabbia.
Parliamo ancora di memoria.
L’ente parco, ci è sempre stato detto, è nato per difendere e salvaguardare tutto il nostro ambiente; il nostro il pianeta mal sopporta la massiccia e sempre più invasiva presenza dell’uomo e sono in corso dibattiti per valutare soluzioni per uno sviluppo sostenibile.
Oggi, lo stesso ente, per risolvere il problema dei mufloni che sono fuoriusciti dal Franco e si trovano nella parte di isola che ricade sotto la sua tutela, non riesce a trovare una soluzione che non sia quella di piantargli una pallottola in testa; l’uccidere, poi recuperare e smaltire gli animali quanto costa? Il denaro pubblico stanziato potrebbe essere utilizzato per iniziative e con fini diversi? L’unica giustificazione prodotta ad oggi, è che il muflone non sarebbe un animale autoctono.
Vorrei ricordare che anche i nostri antenati Gigliesi sono stati importati nell’Isola dopo la razzia del Barbarossa (leggi per esempio “LE ANTICHE FAMIGLIE GIGLIESI‟ del professore Ennio de Fabrizio), per esempio la mia famiglia è presente nell’Isola dal 1915.
Premetto che chi vive di agricoltura deve essere protetto e tutelato da eventuali danneggiamenti degli animali selvatici, lo prevedono le leggi della Repubblica Italiana. Forse in questo sarebbe meglio investire le risorse sopra citate.
Tutelati invece dovevano essere quei cittadini che sono stati denunciati penalmente dalle guardie del parco o dalle associazioni ambientaliste, avendo subito costi umani e materiali non indifferenti (senza nessun rimborso pur essendo stati assolti); il tutto è avvenuto nel completo silenzio e nella accondiscendenza sia delle nostre istituzioni locali, che dalle lotte contro la realizzazione del parco, che il tempo ha dimostrato più di facciata che di sostanza, hanno tratto le loro fortune politiche, sia dei rappresentanti locali all’interno del consiglio dell’ente parco, che, a questo punto, non si capisce bene cosa ci stanno a fare.
E’ incominciata la strage? Ci facciano comunque sapere quando e con quali metodi (forse lacci, droni ed elicotteri?).
Dove sono le stesse associazioni ambientaliste, sollecite a pubblicare sui media foto e video di ogni genere e pronte a denunciare solamente ignari piccoli agricoltori, che altro non fanno che cercare di proteggere una vigna, un orto, ecc.; c’è chi ha dovuto sobbarcarsi l’onere di un processo penale per un laccio ad un coniglio, per giunta in un territorio non vincolato a parco o solo per aver ripulito un terreno per farci un frutteto e ad un ente, che dovrebbe essere di tutela, è consentito di sterminare questi bellissimi animali? WWF, Legambiente che fanno dormono? La LAV, che sul proprio sito internet recita testualmente
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cosa sta facendo contro questo massacro? Tutti pronti a scandalizzarsi se in tv si vede un elefante africano ucciso o un leone. Invece per ciò che succede in casa nostra un silenzio compiacente e consenziente.
La memoria è come la luce dei nostri fari del Fenaio e del Capelrosso per i naviganti.
La nostra Isola conosciuta in tutto il mondo per la sua bellezza naturale, per l’accoglienza e per la generosità della popolazione per i fatti della Costa Concordia non può passare alla Storia per una scelta di macello di animali da salvaguardare.
Da ”IL GIUNCO.net” del 17 maggio 2021”, “Tre cuccioli di muflone sono stati trasferiti al Crasm di Semproniano che ringrazia il Parco nazionale dell’arcipelago Toscano, dove avranno nuova vita e che si aggiungono ai due portati l’anno scorso”; ma quale nuova vita sono animali selvatici tolti dal loro ambiente naturale e rinchiusi in un recinto ristretto.
L’ente parco sposta gli animali selvatici dal proprio territorio ad un altro. Magari appartenenti ad un unico nucleo famigliare e per di più costringendoli in spazi per loro sicuramente limitati nei quali non sono di certo abituati a vivere. Meno male che dovrebbe essere un ente di tutela.
Grazie dell’attenzione ed un cordiale saluto.
Argentino Stefanini di Ottavio
Ringrazio Argentino Stefanini per il suo articolo del 27 Giugno riguardante i mufloni ma che mi è arrivato tenero e commovente nella sua esposizione piana e priva di retorica della “Piccola Storia” di una delle tante Piccole Comunità che fanno attraente l’Italia. Tornando alla nostra bella bestia, condivido quello che scrive parola per parola e voglio dire che ci sono tante persone che non hanno preso bene che i soldi pubblici, dunque di tutti i cittadini europei, vengano spesi per uccidere, eradicare, sterminare e compagnia bella quando potrebbero essere spesi per recintare i terreni coltivati e difenderli dai mufloni se veramente sono una minaccia, pensando poi magari a una camopagna di contenimento con sterilizzazioni mirate. Qui voglio fare una domanda esplicita alla Azienda Franco. Sarebbero disposti a regalare o dare in commodato gratuito all’Ente Parco o al Comune una bella fetta del loro territorio meridionale per destinarla appunto a dimora dei mufloni ammesso che si riesca a farceli rientrare? La contropartita per l’Azienda Franco potrebbe essere quella di vedersi rifare tutti i recinti rinforzandoli lasciando così gli animali nel loro habitat di origine. Spero che qualcuno dei chiamati in causa risponda. Da osservatrice non professionista mi pare di dedurre che l’uomo continui a fare danno sia quando toglie equilibrio che quando vuole rimetterlo. Non che non ci siano soluzioni, gli è che queste vanno contro i “Grandi rapaci” non alati ma bipedi. Gina Magnani
Caro Argentino, ti può capire e approvare solo chi ha vissuto il Giglio nei tempi antropologici e non quelli storici di oggi. Fino a 50 anni fa i contadini del Paese formavano un "ecosistema perfetto". Natura e uomini si intendevano alla perfezione con uno sguardo, senza tante parole al vento. Ricordo, come grande insegnamento di vita, un mio episodio personale. Ai tempi della mia memoria ero una giovane desiderosa di staccarsi dal suo scoglio, alla ricerca di un mondo nuovo, progredito, quello delle città. Per questo motivo, un giorno, mi rivolsi a un contadino del Castello, chiedendogli come mai fosse sempre contento e pacifico in confronto a me sempre malinconica e insoddisfatta. Mi rispose: "Vedi Fio', io quando vado alla mia vigna al Serrone e, dopo aver lavorato, mi svago col prendere le lampate sugli scogli, per poterle mangiare a casa con un po' limone, sono l'uomo più felice del mondo". C'è da aggiungere altro? Tu mi capisci, caro amico di sempre. Fiorella