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I mufloni, il parco e il "Tallone d’Achille"
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I MUFLONI, IL PARCO E IL "TALLONE D’ACHILLE"

Tutte le contraddizioni del progetto “Let’sGo”: ecco perchè è da bloccare

“Non era necessario cercare le prove: i nazisti avevano catalogato tutto” (Robert H. Jackson, Pubblico Ministero del Processo di Norimberga)

La vicenda dei mufloni dell’Isola del Giglio è giunta a un “punto di svolta” decisivo, che rimette tutto in discussione: a scardinare il progetto “Let’sGo Giglio” è stato lo studio scientifico (vedi: #ALIENI / Studio scientifico: il DNA dei mufloni del Giglio è “unico al mondo”che ora Parco Arcipelago Toscano e ISPRA tentano, disperatamente, di sminuire e “cancellare”. Il perché è semplice: quello studio mina alle basi il loro progetto. Non solo: ma a furia di mischiare le carte, si sono “incartati” da soli. Quindi, non resta che mettere in fila le contraddizioni fin qui emerse per dimostrare che il piano di “eradicazione” (leggi “abbattimento”) sia da bloccare quanto prima. E, per farlo, ci limiteremo a mostrare e citare i loro documenti e dichiarazioni pubbliche: parafrasando il celebre Pubblico Ministero del “processo di Norimberga”, non c’è stato bisogno di cercare le “prove”. Hanno fatto tutto da soli…

Prima di entrare nei dettagli, è necessario tenere bene a mente quanto segue: 1) Per il Parco, i mufloni sono di provenienza alloctona e di razza sarda, dalla cui Isola d’origine furono introdotti al Giglio negli anni ’50 per preservarli dall’estinzione; 2) sempre per il Parco, secondo la “Red List” dello IUCN, questi mufloni appartengono a una razza aliena e invasiva, dannosi per la bio-diversità locale che si intende salvaguardare; 3) secondo quanto scritto in un documento ufficiale dal Direttore, Maurizio Burlando, il Parco “si attiene alle indicazioni dell’ISPRA”. Ci siamo, avete memorizzato? Bene, allora veniamo al “dunque”.

Stando al “Protocollo operativo per l’eradicazione del muflone”, allegato al progetto inviato all’Unione Europea per ottenere il contributo pari al 60% del 1.600.000 euro previsti per l’intera operazione, il Parco (pag. 33) cita a sostegno la Legge n° 157 dell’11 febbraio 1992, e più precisamente l’Art. 18 comma 1 che recita testualmente: “Il muflone, con esclusione della popolazione sarda, è una specie cacciabile nel nostro Paese. A livello nazionale, il muflone è prelevato in regime di caccia in 23 province delle 42 in cui è presente”. Ma il Parco, per essere ancor più convincente, non si limita a questo e (pag. 9) già anticipa le sue “evidenze scientifiche”: “(…) Attualmente si ritiene che le popolazioni sarde conservino ancora una parte rilevante dell’originale diversità genetica attualmente persa o impoverita nei parenti selvatici asiatici e questo fattore suggerisce che debbano essere oggetto di conservazione a differenza delle altre presenti sul territorio nazionale”. Come, per l’appunto, ha stabilito la Legge n. 157, art. 18 comma 1. Quindi ora ben si comprende perché il Parco e l’ISPRA cercano in tutti i modi di svilire lo studio scientifico: se i mufloni del Giglio sono “alloctoni”, facenti parte della “popolazione sarda”, allora anche a essi va estesa la “protezione” prevista dalla Legge. E lo stesso ragionamento vale, a maggior ragione, se si prende a parametro la “razza” – con l’unicità del suo codice genetico – e non la “provenienza” d’origine. Da qualunque parte la si giri, i mufloni del Giglio vanno tutelati e protetti. Paradossalmente, il Parco avrebbe avuto ragione se avesse considerato i mufloni “autoctoni” e quindi cacciabili: ma a quel punto, sarebbe venuta a cadere la premessa “scientifica” per motivare la loro eradicazione. Con un “ciaone” ai soldi dell’Unione Europea…

Qui anticipo subito la ragionevole obiezione: ma se questi mufloni sono cosi particolari non sarebbe utile riportarli in Sardegna per salvaguardare la popolazione sarda che a differenza di quella del resto d’Italia è protetta? Ed ecco la risposta di Piero Genovesi, responsabile del dipartimento “fauna selvatica” dell’ISPRA, cioè colui che ha rilasciato i pareri al Parco: “Spostare questi animali in Sardegna non ha alcun senso in termini di conservazione, e anzi potrebbe comportare effetti negativi sulla popolazione sarda, che sta sostanzialmente bene, conta oltre 6000 individui ed è in crescita”. Capito? Peccato che, nel frattempo, la popolazione di mufloni del Giglio abbia mantenuto dei tratti genetici ancestrali andati persi nella stessa popolazione sorgente sarda, come ha dimostrato la ricerca scientifica. Anche loro quindi, a maggior ragione, devono essere tutelati: e se il ragionamento di Genovesi vale per la Sardegna, ancor di più vale per il resto del territorio nazionale. Ergo, se non possono essere riportati in Sardegna, ancor meno possono essere “eradicati” e “deportati” da qualsiasi altra parte. E il Parco, Burlando dixit“si attiene alle indicazioni dell’ISPRA”. Visto come si sono incartati? Ecco perché ora tentano di svalutare lo studio scientifico che li “inchioda”. E a darsi la “zappa sui piedi” è sempre lo stesso Genovesi, quando afferma che: “Per quanto riguarda il patrimonio genetico del nucleo di mufloni (…) sono il risultato di un effetto collo di bottiglia, o di selezione dei fondatori inizialmente introdotti nell’isola”. Ma è proprio l’effetto “collo di bottiglia”, o come preferiscono dire gli studiosi (tra cui quelli dell’Università di Sassari) la “capsula del tempo” che si è venuta a creare all’Isola del Giglio, che li ha preservati, come ben spiega la ricerca. Non c’è che dire: i 25.000 euro di “consulenza” stanziati dal Parco per l’Ispra sono stati davvero soldi ben spesi. I mufloni del Giglio sentitamente ringraziano…

Cosa c’è da aggiungere? Che nella “Red List” dell’Unione Europea – contrariamente a quella dello IUCN, basata su ricerche effettuate principalmente nelle Hawaii, nota e amena località dell’Arcipelago Tosc… ah no! – il muflone non c’è. Genovesi, sempre lui, cerca di metterci una “pezza” che alla fine diventa peggio del “buco”. Infatti, per provare a mischiare le carte, porta a sostegno della sua tesi questi famosi “studi” e progetti di “eradicazione”: effettuati – lo attesta lui, eh!? – in Nuova Zelanda, Australia, Stati Uniti, Messico, Seychelles ed Ecuador. Per la verità, cita anche Gran Bretagna (che non fa parte dell’Unione Europea) Francia: “dimenticandosi” di aggiungere, per quest’ultima, che essi si riferivano ai “dipartimenti d’Oltremare” delle isole francesi sparse negli Oceani… E in più, fate bene attenzione: essendone lui uno degli autori, non cita mai la Spagna, e nello specifico le Isole Canarie. Cosa c’entra la Spagna, direte voi? Perché, invece, in un recente articolo apparso sul Venerdì di Repubblica, dove parla anche il Presidente del Parco Giampiero Sammuri, ecco saltar fuori un non meglio precisato “studio” alle Canarie che attesterebbe la necessità di eradicare i mufloni. Sorvolando sul fatto che tale arcipelago – mappe alla mano – sembrerebbe non appartenere al Mediterraneo (hai visto mai?), perché Genovesi, così meticoloso nello snocciolare queste ricerche, non ne ha fatto menzione? Strano, no?

Venendo a Sammuri e ai presunti “danni” provocati dai mufloni, è lui stesso pubblicamente a dichiarare che “E’ universalmente noto che nelle isole gli ungulati sono dannosi per la biodiversità, perciò non abbiamo buttato soldi in uno studio specifico sui danni arrecati dai mufloni all’Isola del Giglio” (intervista a La Repubblica di Margherita D’Amico). In più, nel già citato articolo del Venerdì, egli parla di “9 mufloni abbattuti e 43 catturati”, specificando che i “maschi” sono stati separati dalle “femmine”: e allora, quanti di questi “pericolosi” esemplari sarebbero rimasti sull’Isola per giustificare nuove battute di caccia? Perché è sempre il Parco (pag. 17 del “Protocollo operativo per l’eradicazione del muflone”) a mettere nero su bianco che: “Potrebbe sembrare quindi illogico compiere sforzi di monitoraggio se una specie deve essere eliminata…”. In poche parole: lasciare il lavoro “sporco” ai cacciatori, trincerandosi dietro il Calendario Venatorio della Regione Toscana, e far sparire così pericolosi – stavolta sì – e imbarazzanti “testimoni”.

Del resto, è sempre Sammuri ad ammettere alla fine che i mufloni andrebbero salvaguardati, “purché lo si faccia da un’altra parte” (e intascare così il contributo dell’Unione Europea). Ma è l’ISPRA, per bocca di Genovesi, a sostenere che “Spostare questi animali in Sardegna non ha alcun senso in termini di conservazione, e anzi potrebbe comportare effetti negativi sulla popolazione sarda”: ed è lo stesso Direttore del Parco a sottolineare che l’Ente “si attiene alle indicazioni dell’ISPRA”. E Burlando è uomo d’onore… A proposito: come si dice “incartati” nelle Isole Hawaii?