castello_1940
Il mio Paese e il tempo della sua gloria

Il mio Paese e il tempo della sua gloria

Nel pieno dell'estate i vicoli del mio paese si animano di paesani che tornano per le vacanze, e di turisti, che dopo il meraviglioso mare che circonda l'isola, preferiscono riposare nel fresco borgo del Castello.

In codesta animazione estiva, "una parola in più", tra sorrisi e scambi di convenevoli davanti alla porta del paese, mi ha fatto conoscere una signora, speciale soltanto per il cognome che porta: Quintarelli.
Sapevo che un illustre paesano, nel 1941 aveva lasciato alla memoria isolana una tesi di glottologia sul dialetto gigliese.
Ma non sapevo altro.
Nell'immediato rapporto di empatia nato tra me e la nipote dell'autore, ho potuto informarmi, e con profonda emozione, entrare nella storia dei nostri antichi attraverso il loro lessico fermato su esili fogli redatti con una delle prime macchine da scrivere Olivetti.
Sfogliando la preziosa tesi che la nipote Liliana, con molta generosità, mi ha lasciato in custodia per un'ora, mi sono chiesta se l'Antico, inteso come tempo originario, possa rappresentare ancora qualcosa per la giovane coscienza gigliese contemporanea.

Una comunità ricca di pensiero e di azioni, usando parole e espressioni racchiuse nella tesi, lo ha abitato nei secoli, e dato valore in un turbinio di convivenze di vicinato a tutto ciò che aveva: dal vicolo, alle tradizioni religiose e laiche, ai Lombi, alla Rocca, all'amore, alla terra. Alla funzionalità rurale della vita circoscritta dal mare.
La comunità esisteva veramente come entità attenta e orgogliosa del suo ambiente/lavoro, ma quel tempo è finito con il chiudersi della VITA dei lontani protagonisti. Oggi quei valori vanno tuttavia custoditi in ogni espressione urbana e lessicale, e non trascurati.
Se non facciamo combinare la modernità con tali valori il risultato sarà un luogo spersonalizzato; me lo sto chiedendo da un pezzo perché so che senza il riconoscimento della sua storia il popolo dell' isola non avrà né vita né energia, ma solo tende stagionali.

Investire, fare una scommessa tra l'antica comunità al tempo della sua gloria, e il proprio futuro sull'isola.

Questo auguro ai giovani figli del Giglio che in continente vanno a completare studi a loro congeniali ma spesso non tornano sapendo di trovare l'esistenza del vuoto. Un vuoto che va riempito.
Per me, figlia di tale cultura, la mano del tempo deve accogliere senza cancellare, e oggi, allargo le braccia al sentimento di riconoscenza verso monsignor Quintarelli e verso le centinaia di famiglie, compresa la mia, che riposano al camposanto, e di cui, almeno in parte, posso raccontarne la storia perché vissuta e condivisa.
Ma è un granello (gigliese) nel mare.

Buon ferragosto da Palma Silvestri (di Barroccio)

Giglio Castello, 12 agosto 2024

Nota:
Monsignor Ilario Quintarelli zio di Liliana.
Nato a isola del Giglio nel 1913 e sacerdote dal 1935, per oltre 40 anni aveva cooperato nella pastorale della parrocchia di Santo Stefano in Venezia; fu contemporaneamente assistente spirituale di diverse realtà e associazioni; dal 1978 svolgeva il suo ministero pastorale nella parrocchia di S. Maria della Speranza in Mestre. L'impegno principale della sua vita fu però l'insegnamento in Seminario e in diverse scuole, statali e libere, dove per lunghi periodi svolse anche ruoli dirigenziali.
Uomo di raffinata cultura letteraria, musicale e artistica, esercitò un prezioso ministero come assistente spirituale nei settori specifici, senza mai trascurare la pastorale parrocchiale.
Fu quindi uomo di cultura e prete zelante ed esemplare.
È deceduto a Mestre nel 2003.

tesi_dialetto120824

tesi_dialetto_1941