Alla signora Valeria Bellaù, ai ragazzi della Scuola Pisacane e gli abitanti del Giglio.

Salvata dal naufragio della Concordia, sono stata accolta nella Scuola del Castello, insieme a un gruppo di "nuotatori", nella notte del 13 gennaio 2012, e tengo a ringraziarvi per la vostra accoglienza e per il vostro aiuto, così spontanei, che sono stati per noi di grande conforto.

Questa crociera era un regalo di Natale per mio marito, Yves; avevamo lasciato Marsiglia domenica 8 gennaio e fatta la scoperta delle città di Barcellona, Palma di Majorca, Cagliari, Palermo e, alla fine, avevamo avuto il piacere di passare una giornata a Roma, dove avevamo rivisto delle amiche molto care.

La nave era molto bella, molto grande ed era gradevole.

La sera dell'incidente, verso le 21 e 45 quando la nave ha urtato lo scoglio, eravamo al teatro: abbiamo sentito un gran rumore, un pò come una esplosione, e la nave ha cominciato subito a sbandare.

Siamo caduti nel buio.

Ciò che mi ha subito colpito è stato il panico dei bambini che si sono messi a piangere, come se avessero capito che era successo qualcosa di grave.

Ancora non ci preoccupavamo; un messaggio del Comandante, tradotto in varie lingue, tendeva a rassicurarci e ci parlava di un problema al generatore elettrico.

Avevamo lasciato il teatro e nei corridoi regnava già molta agitazione. Una donna piangeva e molti avevano già indossato i giubbetti di salvataggio.

Abbiamo quindi deciso di risalire al ponte 9, dove si trovava la nostra cabina, per prendere i nostri salvagente, per poi scendere molto rapidamente al ponte 4, a babordo, dove si trovava il nostro punto di raccolta.

Lì è cominciata l'attesa, all'inizio più tranquilla, poi più tesa perché non arrivavano ordini, la nave si inclinava a vista d'occhio rendendo il ponte molto scivoloso . . . Alla fine, dopo un'ora, la sirena ha dato l'ordine di evacuazione.

Avrete senza dubbio letto nella stampa e sentito molte testimonianze di quei momenti molto difficili, di panico, che hanno vissuto passeggeri ed equipaggio: alcuni non hanno trovato i salvagente, il tumulto, le grida, la lotta per un posto sulle scialuppe, le scialuppe che non riuscivano a scendere, alcune cadevano brutalmente in acqua, altre si rovesciavano; in ogni maniera non vi era posto per tutti.

Noi, che eravamo rimasti sulla nave, non ricevevamo ancora nessuna informazione, l'attesa diventava sempre più angosciosa, non vedevamo altro che il mare aperto e ignoravamo di essere nei pressi di un'isola . . . .

Era oltre mezzanotte quando un marinaio ci ha dato l'ordine di scendere lungo il corridoio che era diventato un vero scivolo e ci siamo trovati a tribordo, questa volta davanti alla riva, che non potevamo purtroppo vedere a causa dell'inclinazione della nave.

Da lì non vedevamo altro che l'acqua nera e abbiamo assistito, impotenti, ai tentativi delle imbarcazioni di venirci a prendere, ma non era ormai più possibile a causa dell'inclinazione della nave.

L'acqua saliva rapidamente, il ponte inferiore era già immerso, il ponte superiore si inclinava verso il mare, ci restava un piccolo spazio tra il mare ed il ponte superiore che andava riducendosi mano a mano che la nave si inclinava . . . . Non era più possibile risalire verso babordo . . . . era una vera trappola . . . . Abbiamo capito allora che la sola maniera di uscirne vivi era di saltare in acqua e di approfittare dello spazio che rimaneva per allontanarsi. Mio marito mi ha detto "E' finita, dobbiamo buttarci!".

Abbiamo visto un gruppo entrare in acqua, e sono saltata anch'io nella speranza di essere recuperata da una scialuppa. Mo marito è rimasto per convincere altre persone a seguirci e ha anche spinto in acqua dei giovani che, una volta in mare, hanno nuotato molto più velocemente di lui. Purtroppo alcuni erano terrorizzati, si sono rifugiati vicino alle scale, e non hanno voluto lasciare quel ponte (che oggi si trova a 18 metri sotto il pelo dell'acqua) ove sono stati poi ritrovati molti dei corpi dei dispersi. Pensiamo molto a loro e rivediamo i loro volti, perché poco dopo la nave si è ribaltata a 90°.

Dopo aver nuotato qualche metro, ho intravisto delle luci sugli scogli (lampeggianti sui salvagente) ed è stata dapprima una sorpresa, poi un sollievo immenso e una grande gioia.

Ho potuto afferrare una roccia ed arrampicarmi . . .  ero allora lungi dall'immaginarmi che mi trovavo su quella piccola isola del Giglio di cui un mio amico medico dell'Ospedale che vi passa spesso le vacanze, mi aveva spesso vantato  la bellezza e la tranquillità. Questo mio amico mi ha poi messo in contatto con suoi amici che frequentano l'Isola (all'Arenella), il signor e la signora Aloisi de Larderel, i quali tradurranno queste parole in italiano.

Per mezz'ora ho cercato mio marito tra gli scogli, e potete immaginare la mia angoscia. Ma ci siamo alla fine ritrovati e, insieme ad un gruppo, abbiamo risalito uno stradello fino ad una casa ed alla strada. Alcuni membri dell'equipaggio ci hanno aiutati. Eravamo tutti molto felici e tutti si abbracciavano e si stringevano forte.

Nel frattempo vi è stato nell'isola un grande slancio di solidarietà, gli abitanti del Giglio si sono organizzati - spontaneamente e molto velocemente - e sono venuti  soccorrerci. Siete stati accoglienti, generosi, ed avete preso cura di noi. Molti sono rimasti in piedi tutta la notte. Grazie per le vostre coperte, i vostri vestiti, i vostri panini, dolci, bevande calde, che ci hanno riscaldato e riconfortati, per le scarpe (mi è stato regalato un bel paio di "croks" color celeste, li devo alla signora Bartoletti, che ringrazio molto: mai un paio di scarpe mi ha fatto tanto piacere! Avevo i piedi gelati e doloranti dopo essermi arrampicata su per la collina a piedi scalzi). Quando tornerò sull'Isola, la ringrazierò più affettuosamente.

Abbiamo passato la notte in una piccola scuola, che ora so essere la scuola Carlo Pisacane . . . . e la signora Valeria Bellaù ha preso cura di noi per tutta la notte.

Penso anche ai ragazzi, di cui abbiamo visto i compiti sulle lavagne, nelle classi dove siamo arrivati zuppi e congelati, e dove abbiamo potuto riscaldarci presso i caloriferi e aspettare il levar del giorno, assaporando la gioia di essere vivi . . . .  L'indomani, sul porto, molti hanno avuto parole e gesti dolci e riconfortanti per noi.

Ho anche appreso da un servizio che il Vice Sindaco del Giglio era salito a bordo della nave ed aveva aiutato all'evacuazione dei passeggeri di babordo, che si è prolungata fino alle 4 della mattina.

Un ringraziamento speciale al signor Ruggero Giorgi che è stato il nostro instancabile ed efficace interprete a Orbetello, a Stefania che mi ha accompagnato per acquistare l'indispensabile, e a Bruna che mi ha accolta e invitata a far colazione da lei.

Pensiamo molto a voi che continuate a vedere il triste spettacolo della grande nave piegata su di un fianco, che minaccia l'Isola di inquinamento.

Accogliete sicuramente con molto calore tutti quelli che hanno avuto la disgrazia di perdere un loro caro nel naufragio, e che tornano sull'Isola per seguire le ricerche.

Tornerò un giorno a visitare la vostra Isola.

Affettuosamente

Jeanne Marie de Champs