So-no-gi-glie-se-e-can-tooooo… riporto la frase come me la scrisse a lapis su di un foglietto, un bel po’ di anni fa, il cantautore gigliese e maestro di banda, Francesco Aldi, detto Cecchino.
Io canto
Il canto solitario arrivava dalle greppe, dalle vigne dell’isola, e chi lavorava “sentiva” la vicinanza del compagno un po’ più distante, magari nascosto alla vista da un dosso, un piccolo colle, che gli antichi chiamavano “scollato”.
Io canto all’asilo, cantilene e filastrocche col battito di tante manine gioiose.
Io canto nella cucina di casa, nello sfaccendare col pensiero rivolto alla spesa, alla famiglia, ai figli, o seduta al sole con le amiche. Ricamando.
Io canto nella cantina, brani di serenate o romanze con compagni di lavoro e di bicchieretti di vino. Il coro a più voci usciva dalle finestrelle illuminate inondando i vicoli di malinconica allegria.
Io canto In chiesa, voce da soprano, contralto e tenore, osannando e implorando benedizioni dall’Altissimo.
Io canto Con l’emerito paesano Enea Brizzi, raffinato suonatore di tromba - il cui suono ci sveglierà nel Giorno del Giudizio, fondatore nel lontano 1852, della Banda Musicale del Giglio.
Io canto nelle processioni, accompagnando le statue del momento con passi cadenzati dagli strumenti della nostra banda, che porta il nome del l’illustre paesano, fondatore anche della filarmonica di Pratovecchio, suo luogo di residenza.
Io canto Oggi in piazza, dove soltanto i festeggiamenti in onore del patrono Mamiliano, mi portavano a ballare e divertire per tre giorni e tre notti in un crescendo culminante nella quadriglia. Canto nel Cantagiro, arrivato sull’isola dei gigliesi canterini e, promozione finale e moderna del nostro “essere cantanti” non poteva esserci.
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