La tradizione della Nenia di Capodanno
Rivive anche quest'anno la tradizione del Capodanno sull'isola con un gruppo di cantori e musicisti che suoneranno per le vie dei paesi la famosa ed antica Nenia. Si comincerà alle ore 18:00 di questa sera, 31 dicembre, a Giglio Castello per i vicoli e le piazze del Borgo Antico.
Nel primo giorno del Nuovo Anno poi, i cantori del Capodanno si esibiranno alle ore 16:30 sul lungomare di Giglio Porto. "Da testimonianze orali abbiamo appreso che la Nenia del Capodanno veniva cantata sin dal 1750 circa. All’inizio del nuovo anno alcuni giovani accompagnati da qualche chitarra, un basso ed un clarino cantavano questa nenia alle migliori famiglie del Castello. Dal 1925 l’orchestra base cominciò ad essere formata da cinque elementi: un clarino, una cornetta, un basso e due accompagnamenti. Solo dopo la seconda guerra mondiale è iniziata l’abitudine di andarla a cantare anche al Porto. Per tradizione la serenata iniziava sotto l’effige della Madonna, da piazza (di sopra) accanto alla casa di Gronchetto con le sei strofe scritte appositamente. La nenia veniva cantata sin da tempi antichi anche al parroco con quattro strofe, mentre per le suore la tradizione inizia dopo la seconda guerra.
Un po’ per lo spopolamento di Giglio Castello ma soprattutto per l’arrivo del consumismo, cantarla tutta la notte diventava molto dura e per non perdere questa bellissima quanto singolare tradizione i ragazzi del Castello hanno deciso di cantarla il 31 alle ore 18 circa dopo la funzione del ringraziamento in chiesa, in solo 5 punti del Castello iniziando come sempre dalla Madonnina vicino Gronchetto, per proseguire poi in piazza della Rocca, davanti alla chiesa, in piazzetta davanti al Comune ed infine alla Porta davanti al tabacchino di Andrea.
Da qualche anno è diventata tradizione ricantarlo anche al Porto il primo dell’anno alle 16:30, prima della partenza del traghetto, uno alla madonnina in via provinciale e l’altro in piazza davanti ai traghetti." SCARICA TESTO NENIA
“TEMPO VERRA’ ANCOR FORSE ….” (FRANCESCO PETRARCA) “Tempo verrà ancor forse ch’a l’usato soggiorno torni la fera bella e mansueta … cercandomi: et, o pieta!,” Eppure, un giorno verrà, ancor forse, per voi, un giorno in cui, giacchè siete stati preavvertiti, aprirete gli occhi, rendendovi conto di non aver distinto il grano dal loglio, e di quanto avessero ragione i messaggeri del Signore, ospitati da Lot, allorché lo sollecitarono a fuggire da Sodoma, senza voltarsi indietro. Se così sarà, non diventerete statue di sale, come, invece, toccò all’incredula moglie del nipote d’Abramo (ci mancherebbe altro!), ma, di sicuro, molto sarete amareggiati per non aver avuto il coraggio di dare, guardando avanti, senso compiuto alla vostra Nenia secolare.
Signor Calchetti, tu sei letteralmente pazzo a pensare che io voglia "guastare" la nostra giovane amicizia per cosi' poco. E chi saprebbe farmi quei PRESTIGIOSI COMPLIMENTI su quel che scrivo,come sai fare tu? A presto poeta! Tonino
A “TONINO”, CON GRANDE RISPETTO ED AMMIRAZIONE “Touchè!”, dicevano lealmente, una volta, gli “schermitori”i quando nei duelli d’esibizione o d’annellamento, l’avversario li toccava con la punta della spada, del fioretto. o della sciabola. Ed appunto “touchè”, ti dico, caro “Tonino”, in quanto mi sento punto dalle tue parole, belle, argomentate, ma non del tutto veritiere. Non del tutto veritiere perché, il sottoscritto, che è d’origine contadina e ne va orgoglioso, in tutta la sua vita ha fatto letteralmente professione d’umiltà (e chi mi conosce lo sa bene), come membro d’associazioni di volontariato, come donatore di sangue, come distributore di pasti ad immigrati e barboni, presso organizzazioni solidaristico-religiose; perché, nel corso degli anni, non osrtante abbia conseguito due lauree, mai ha fatto premettere al suo cognome la parola dottore, così come mai qwuesta parola è comparsa accanto alla sua firma, sull’uscio di casa, sull’elenco telefonico (quanto ai biglieti da visita, neppure a parlarne, perché mai ebbe a farli stampare); di più, ancorché il sottoscritto sia Cavaliere, nessuno può dire d’averlo sentito qualificare la sua persona con tale onoreficienza, ovvero d’aver, anche solo una volta, visto esibirne le “insegne”; ancora di più, ai tempi in cui ha avuto l’onore d’essere al “servizio” dell’onorevole Ugo La Malfa, quale sostituto del suo Segretario presonale, il compianto Ferdinando Trombadore da Modica (ed alcuni colleghi di partito ancora ricordano “il fatto”), ha fatto piangere la segretaria d’un consulente economico d’altissimo livello (nella fattispecie, il Dottor Carini) del Presidente Sandro pertini, per averla redarguita, a motivo del fatto che, la “poverina” continuava a “dargli del dottore”, non ostante l’avesse avvisata più volte che non lo gradivo. Insomma, caro Tonino, potrei ben dire che l’umiltà, è stata una mia caratteristica fondamentale in ogni e qualsivoglia circostanza, ivi compresa (potrei anche dire “soprattutto”) quella attinente il rapporto con subordinati o sottoposti gerarchicamente. Non del tutto veritiere, inoltre, perché, se è vero che, con una buona dote di presunzione, dopo aver constatato che i versi della Nenia erano oggettivamente “poca cosa”, mi sono permesso di farne seguire dei miei, scritti in tutta fretta e certamente suscettibili di critiche ( che, però non sono venute) in merito allo stile, ai contenuti ed alla loro congruità rispetto all’evento celebrativo, è anche vero che, ritenendoli comunque, sostanzialmente “aleatori” rispetto ad un serio riassetto del testo in questione, non solo ho chiesto (fermamente convinto della necessità d’innovarlo) perché mai nessuno ti avesse affidato l’incarico, ovvero perché mai nessuno, tra gli autorevoli rappresentatnti della cittadinanza gigliese, non avesse pensato di promuovere un concorso pubblico aperto a tutti i residenti, a prescindere dalla loro età. Quanto ai “simpatici” versi che hai posto in calce alla tua “repkica”, debbo dirti che sono ben altra cosa e di ben altro spessore, congruità e coerenza rispetto a ciò che intendono significare al cospetto dell’insipienza di quelli della Nenia. E poi, non ostante ti conosca da poco e solo attraverso i tuoi splendidi versi, ho maturato nei tuoi confronti un tale sentimento di consolidata amicizia, che non voglio “guastare” per nessuna ragione. Ragion per cui, non solo non mi dilungo oltre, ma nel pregarti d’assecondarmi nella determinazione di chiudere questa polemica che, come ho detto a Malanima, rischia di diventare infinita, ti abbraccio fraternamente siccome fraternamente ti auguro le migliori cose per l’anno appena, appena cominciato. Un caro, caro saluto! Gian Piero (poeta da strapazzo)
Cari Armando e Fabio,presto,presto bisognera' aprire al Giglio,una scuola di latino,poiche' anche il console risuscitato dalla "famosa botte" parla l'antica lingua che i preti (e non solo) adoperavano spesso per confondere i poveri ignoranti.Oggi ringraziando Dio ,siamo un po' tutti meno ignoranti.Certo, esistono persone molto piu' colte di altre,ma il mio giudizio verso il prossimo non parte dalla cultura,ma bensi' dall'onestà ,il rispetto, la sincerità e l'umiltà.Senza queste prerogative la cultura va a farsi fottere.Caro Gianpiero tu sicuramente non hai commesso NESSUN DELITTO in tutta questa assurda polemica.Ti sei fatto scudo dietro la democrazia (e ci mancherebbe altro!).Pero' non puoi dire di essere stato umile,pregio che io apprezzo molto (anche perche' da giovane lo ero molto poco). Ti faccio un esempio per farti capire,secondo me,dove hai sbagliato. Tu sei il nuovo sacerdote della chiesa dell'isola (Giglionews) e questa e' piena zeppa di fedeli (navigatori internet gigliesi) che da secoli recitano il Padre Nostro (la Nenia) come hanno sempre fatto. Ad un tratto il novello prete cambia nei versi quella preghiera centenaria.Accetta il paragone esagerato (Padre nostro/nenia). Come vuoi che sia la reazione dei fedeli?Prenderanno il prete per ubriaco o sacrilego (presuntuoso).uscendo di chiesa senza dire una parola (zero commenti su Giglionews per non darti soddisfazione).Senza volerlo tu hai trasmesso ad un popolo umile(figli di contadini e pescatori),ma molto fiero, un messaggio di spavalderia. QUASI dicendo:"questo mio scritto e' quello che dovete cantare per capodanno e non la vostra nenia centenaria che non sa d'un cavolo,e che non siete mai stati capaci di migliorare". E anche questo NON E' VERO.Vorrei leggerti verso dopo verso quel testo per farti capire che dietro ognuna di quelle rime esiste un significato riguardante: il Parroco, le suore,il maestro,le amorose ,i forestieri e soprattutto certe strofe sono cantate a persone che hanno compiuto gesti importanti nell'anno che muore. E siccome un nuovo anno e' appena nato auguriamoci tutti insieme tanta salute e un po' di calma. P.S. Eppoi cosa ci sara' mai di brutto e scombinato in una specie di dolce serenata come questa? QUANTO SEI BELLA IL LUNEDI' MATTINA E SPECIALMENTE IL MARTEDI' SEGUENTE MERCOLEDI' SEI ROSA SENZA SPINA GIOVEDI' POI GAROFANO PENDENTE IL VENERDI' MI SEMBRI UNA REGINA SABATO POI UNA STELLA MATTUTINA E LA DOMENICA QUANDO T'ADORNI SEI ANCOR PIU' BELLA DI TUTTI GLI ALTRI GIORNI. ...diciamo quasi una poesiola come le nostre, caro amico mio. A presto.Tonino IL VENBERDI'
G.P. Calchetti ha proprio ragione. "Mala tempora currunt" se i ciabattini pretendono di giudicare sempre e comunque al di sopra delle scarpe che stanno riparando. Saluti e buona Befana a tutti.
Egregio signor Antonio Malanima, detto anche Fabio, non avevo messo in conto di continuare a polemizzare con Lei, rimandando eventuali “arricchimenti” della nostra disputa, a tavola, con Tonino Ansaldo. Purtroppo, mi costringe a disattendere questo proposito, chiedendomi , “per pudore”, di starmene zitto, visto che almeno tre persone hanno idee diverse dalle mie (‘sti ca…i ! mi verrebbe da risponderle). A questo punto non mi resta altro da fare che deluderla, ottemperando semplicemente a quelle che sono, storicamente, le prerogative di ogni minoranza, ovvero battersi senza quartiere contro la prosopopea e la sicumera delle maggioranze, che il più delle volte si caratterizzano solo attraverso meri atti di fede e convenienze spicciole, avendo come dote la sola rappresentanza del numero, che, in Democrazia, se vale per conferire consensi utili a legittimamente governare, non attribuisce certo il dono della verità. Anche la citazione d’un solo fatto tra i tanti, penso sia più che bastevole a dimostrare, tangibilmente, quanto testé affermato. Mi riferisco, nella fattispecie, ad un certo Ugo La Malfa (di cui ho avuto l’onore, per due anni, di sostituire il segretario particolare, Nando Trombadore da Modica (grande personaggio), senza, poi, per fatti personali, prenderne il posto). Ebbene, quest’uomo, “minoranza delle minoranze”, per il quale si può senzaltro dire che è stato uno dei Padri fondatori della Repubblica, tanti anni fa ebbe, del tutto solitario, l’ardire d’affermare, contro ogni maggioranza di comodo, che, a lungo andare, attraverso la spesa “facile”, questo Paese, avrebbe cumulato un debito pubblico sesquipedale, in grado, non solo, d’impedire l’attuazione di qualsivoglia riforma strutturale di perequazione sociale (la ricorda la “parabola” del padre di famiglia, che aveva tre figli, uno occupato, uno parzialmente occupato e l’altro senza lavoro, attraverso cui chiedeva di definire e perseguire le priorità da attuare?), ma anche di mandarlo in default. Ebbene, secondo Lei, con circa 2.400 miliardi di Euro di debito, cumulati, ad oggi, dall’Italia, aveva ragione o sbagliava questa, chiamata, con disprezzo ed ignoranza storica, dalle maggioranze politiche, “Cassandra”, dimentiche del fatto che la figlia di Priamo, a consuntivo delle sue “esternazioni, ritenute farneticazioni, aveva vaticinato la verità, ovvero che Troia sarebbe stata distrutta’? Un’ultima cosa, perché mai io dovrei avere “pudore” a continuare una polemica, che per altro, è stato Lei ad iniziare?. Per dargliela vinta? Io ho solo, legittimamente, come, per solito, avviene in ogni Paese democratico, avanzato una proposta che, buona o cattiva che sia, impone rispetto nei confronti di chi la formula. Il pudore, da suscitare, semmai andrebbe ribaltato a carico di chi dimostra d’essere intollerante nei confronti di chi manifesta idee discordi dalle proprie. Comunque, si tranquillizzi, perché sulla strada d’una polemica “infinita” con chi non sente ragioni e non vuol ascoltare in base a convinzioni per le quali, come atti di fede, s’addicono le parole del sacerdote allorché, durante la Messa, illustrato l’evento indimostrabile della “transustanziazione”, si rifugia nell’apodittica affermazione del “mistero della fede”, non la seguirò più, egregio signor Malanima di cognome e di pensieri. Quanto meno, per pura convenienza. Perché, stia sicuro che, pur pagando, come suol dirsi “alla romana”, con Lei non mi siederò certo a tavola. Senza malanimo da parte mia, abbia, comunque, i miei saluti e stia bene. G. P. Calchetti
Buongiorno. Almeno tre indizi fanno una prova si dice in gergo "avvocatese". Il sottoscritto, Tonino Ansaldo e Armando Schiaffino. Almeno su questo argomento abbia il pudore di tacere senza continuare a replicare. Per il resto continui pure liberamente a sfogare la sua vena poetica che il mondo ne ha bisogno. Un cordiale saluto. Antonio Malanima detto Fabio
NE SUTOR SUPRA CREPIDAM! Ah!!Quanto tempo sprecato per cercar di spiegare ai sordi, anzi, peggio ancora, a coloro che non vogliono sentire né capire! Ai Talebani, appunto, come quasi dice di sé, con orgoglio, l’ineffabile ex Sindaco Schiaffino. Schiaffino che, non essendo in grado d’imbastire un minimo di replica sul piano estetico dei contenuti atistico-letterali della Nenia, parla, “a schiovere”, del fastidio che gli procura udire la suoneria dei “cellulari” quando annunciano le chiamate attraverso la musica della “Quadriglia”. Oppure pone, a baluardo insormontabile della immutabilità del testo della Nenia, la ferma opinione (per quanto rispettabilissima), non di un letterato, bensì di un musicista, al quale va, comunque, riconosciuto il merito d’essersi fermamente opposto ad introdurvi versi, per così dire “apocrifi”, che parlano di panforte e di consorte; versi che, al massimo, potrebbero far parte d’una “cantata” celebrativa del gioco relatIvo al lancio del buon dolce senese, che premia soprattutto l’accapannatore”. Ma cosa cavolo hanno ad azzeccarci, come direbbe Di Pietro, queste cose, con il dar corso o meno, ad una proposta di migliorare il testo della Nenia, per renderlo meno pacchiano e più intelleggibile? Per favore, visto che è un ottimo medico, come pure, secondo molti, è stato un buon amministratore, non faccia atti di fede ed entri nel merito della mia proposta senza “menare il can per l’aia”. Per un laico, come credo Lei sia, tutto è perfettibile. Per favore, non mi costringa a risponderLe alla stregua di ciò che, secondo Plinio il vecchio, il pittore Apelle disse al calzolaio che interferiva sul suo lavoro. Ossia : “Ne sutor supra crepidam!”. Non me ne voglia ed abbia i miei distinti saluti, assieme ai migliori auguri per l’anno appena iniziato. G. P. Calchetti
Quando morì il maestro di musica Aldi Francesco (detto Cecchino), in un manifesto sottoscritto da tutte le associazioni isolane, comitati, banda e coro compresi, egli venne definito: "Il più fedele interprete delle nostre migliori tradizioni". Cecchino non voleva assolutamente che il testo del Buon Capodanno venisse in qualche modo modificato, e la sua ortodossia arrivò a considerare quasi eretiche alcune strofe non presenti nel testo originale (per esempio "O quanto è buono l'odore di panforte, facciamo tanti auguri a... e alla consorte"). Dall'alto del suo carisma proibiva addirittura di cantare, anche a solo titolo esemplificativo, per non volgarizzarla, la nenia del Capodanno al di fuori dell'atmosfera e della magia della notte del 31 dicembre. Aveva ragione: a me non c'è cosa che dia più fastidio di sentire nelle suonerie dei cellulari addirittura la musica della Quadriglia, senza avvertire, per riflesso condizionato, il fresco dell'aria settembrina sulla pelle e senza avere negli occhi i colori della macchia e del mare di quel particolare periodo isolano. Da questo punto di vista mi sento talmente 'talebano' che approverei incondizionatamente un'ordinanza sindacale che vietasse sull'intero territorio dell'isola l'utilizzo della musica della nostra Quadriglia come suoneria dei cellulari. Armando Schiaffino
Vede, gentile signor Malanima, Lei , senza rendersene conto, ciontinua a prendere fischi per fiaschi. Nessuno, tantomeno il sottoscritto che, sui ricordi, anzi sulla necessità di conservare gelosamente i ricordi, la tradizione e le radici, ha fatto una battaglia etico-politica contro chi vuol rottamare gli anziani e pensa che il mondo sia incominciato da lui, pretende che Lei cancelli alcunché (ci mancherebbe altro). In termini di Democrazia, poi, ognuno, in quanto padrone di se stesso, ha il diritto di pensare, dire e fare quel che vuole, nel rispetto delle pari potestà degli altri e, soprattutto ,senza commettere violenza o reato. Ed e’ qui che casca l’Asino. Chi mai l’autorizza a negare a me di pensarla in modo diverso da Lei e di proporre, visto che i miei ricordi non sono i suoi, di modificare la Nenia? Mi confuti, per favore, se è in grado di farlo, che i versi della Nenia non siano pessimi ed abbiano, invece, un qualche significato intelleggibiile, logico e conseguenziale al fine di trasferire al prossimo proposizioni logiche che non siano un semplice guazzabuglio di evanescenti espressioni religiose, conformi ai canoni della chiesa, cattolica, apostolica, romana ? Avrò ben diritto d’avere le mie opinioni o, secondo il suo ego, che la vede impanchettarsi e, quasi ergersi a censore, questo non mi è consentito? Lei, in verità, difende la Nenia per affetto: perché è cantata, così com'é (che è poi tutto da dimostrare che, in più di due secoli e mezzo, non abbia subito modifiche), dal 1750, perché l’ha sentita cantare, perché l’ha cantata , etc. ,etc. da giovane. Io, che non fruisco di queste prerogative sentimentali perché mai l’ho sentita, ritengo che il testo, letto, riletto e soppesato, con un minimo di competenza poetico-letteraria, non valga granché . Si tenga, quindi, la Sua Nenia, ma, per favore lasci a me il diritto di criticarla e di proporne una modifica. Quindi, visto che io non impongo niente, ma propongo di cambiarne il testo, altrettanto faccia Lei, proponendo la bocciatura della mia azzardata proposta, senza però dipingerla come un sacrilegio od un attentato alla pubblica moralità. Quanto al bravo "Tonino” che molto stimo ed apprezzo per quel che scrive (solo questo conosco di lui), se ha, come afferma, opinioni discordi dalle mie, non ho niente da eccepire. E questo anche perché ha espresso le sue contrarietà, rispetto ai miei azzardi, con garbo ed un minimo di analisi (non a caso, est modus in rebus, a significare la “moderazione”, ebbe, a scrivere, Orazio nelle Satire), contestualizzando il “fenomeno” Nenia nelll’ambito d’un’ormai più che consolidata tradizione locale. Nella speranza, quindi, d’incontrarlo (magari assieme a Lei e magari in Primavera, quando è probabile venga al Giglio) al cospetto d’un piatto di buona pizza o d’altra agape che meglio soddisfi i nostri appetiti, dandoci così tempo e modo di meglio chiarire le nostre divergenti opinioni, debbo pacatamente replicare al “nostro” poeta che anch’io amo molto l’Inno di Mameli, ancorché lo ritenga musicalmente e letterariamente inferiore al “Va pensiero sulll’ali dorate” del Nabucco. L’amo in quanto è, appunto, contestualizzandone la ragion d’essere, un inno patriottico, scritto da un poco più che ventenne, che ebbe l’ardire d’immolare la sua giovane vita in difesa della Repubblica Romana, anticipatrice, anche per la splendida Costituzione, che, assieme ai martiri, ebbe a qualificarla, della Repubblica Italiana di quasi cent’anni .
Buongiorno a tutti, questo non vuol essere il prolungamento di una polemica sulla "nenia" ma solo un ringraziamento a Tonino che ha espresso pienamente ed in maniera chiara quelle che erano le mie posizioni nei confronti della "proposta" del Sig. Calchetti. Non sono Gigliese come Tonino ma frequento il Giglio dal 1972 e nei miei ricordi (assolutamente non paragonabili a quelli di Tonino) ci sono dei momenti (allora ventenne) in cui con i ragazzi del castello siamo andati a cantare la nenia. Questi ricordi, indissolubili dai valori che rappresenta la "nenia" così come è nata e perchè è nata, non possono essere cancellati con "UNA PROPOSTA SFACCIATA, AZZARDATA E, PUR TUTTAVIA, GIUSTIFICATA" Un saluto. Fabio
Ai miei amici gigliesi-forestieri Gianpiero e Antonio. Quanto mi piacerebbe dopo tutti questi commenti all’infinito incontrarvi entrambi per andare a mangiare una pizza al castello. E lì, dentro la magia di quelle mura, dove nacque la nenia, farvi capire cosa vuol dire per un gigliese “quel canto”. Fin da piccolo ascoltavo quei versi cantati da mia nonna e altrettanto lei avrà fatto con sua nonna. Tutto questo LUNGO TEMPO ha fatto in modo che QUEL CANTO diventasse una parte di noi stessi. Caro Gianpiero sapessi il desiderio che avrei di conoscerti personalmente, nemmeno tu fossi una donna (speriamo che mia moglie non legga). E parlando di una donna, non è detto che questa avendo dei difetti fisici (naso grande, orecchie a sventola, gambe storte ecc) non piaccia. Non è bello quel che è bello, ma quel che piace. Accetta questo stupido paragone con la nostra nenia. Quei versi che per te sono “brutti”, per noi isolani sono I NOSTRI VERSI intoccabili. Come intoccabile è per me l’inno italiano “Fratelli d’Italia” che non cambierei mai, con “Va pensiero” superbo brano, molto, ma molto più bello del nostro inno. Fratelli d’Italia ormai mi appartiene ... è dentro di me. Ti prego non pensare politicamente dietro questo discorso. Una bestemmia, una cosa impensabile cambiare i versi della nenia come avresti voluto che io facessi. Pensa che ogni volta che torno sull’isola e trovo spostato un solo sasso dalla volta precedente mi dispiace. Cambiare qualunque cosa dell’isola mi irrita, anche perchè si cambia sempre in peggio. Io che ricordo il mio scoglio di granito com’era 50 anni fa, un vero paradiso. P.S: nel mio precedente commento, con la fretta di rispondere, (tanto tengo a questo argomento) ho sbagliato persino un verbo ... ve ne sarete accorti ... scrivendo azzardassi invece che azzarderei. E concludo facendovi sapere miei carissimi amici che una strofa della nostra nenia dice rivolgendosi ad un forestiero presente nell’isola “QUESTO SIGNORE CHE DI LONTAN VENUTO, SIA BENEDETTO CHI CE L’HA PORTATO...”. A presto
Gentile signor Malanima, non me ne voglia, ma non ostante la presa di posizione del bravissimo "Tonino" Ansaldo, rimango fermo e tetragono sulle mie. Tant'è che al poeta gigliese-livornese ho risposto, con reverenza e pacatezza, come, del resto, si usa fare nei confronti di persone che si stimano ed apprezzano per il loro valore assoluto, tramite versi in rima, di tono sostanzialmente "scanzonato". Purtroppo, le nostre opinioni divergono e sono inconciliabili in quanto ragioniamo su piani strutturalmente diversi, ancorché rispettosi, tutti e tre, della tradizione. Per meglio farle intendere ciò che dico, nella speranza che, non ostante il Suo cognome non induca all'ottimismo (e' solo una battuta,; per carità non s'adonti!), sia disponibile quantomeno a comprendere il mio punto di vista, le cito due esempi di manufatti assai "pretenziosi" (costruiti, a Roma, nel primo '900), dalla conclamata pessima "nomea" quanto ad estetica (nomea, purtroppo, non più emendabile, a causa di quanto costerebbe porvi rimedio). Quelllo del "Palazzaccio" (basta già l'appellativo dispregiativo a definire, una volta per tutte, la sostanziale "bruttezza" del Palazzo di Giustizia di Roma, sede della Cassazione, prossimo a Castel Sant'Angelo), e quello del mastodontico Monumento al Milite Ignoto, comunemente definito dai Romani, un "Orrendo catafalco". Ebbene, i versi della Nenia, emendabili senza spese, se solo lo si volesse e senza fare della tradizione un usbergo di comodo, non solo sono "brutti" ma, concettualmente, non esprimono niente per il quale, in buona sostanza, valga fare una battaglia di principio. Insomma, ciò che è brutto è brutto ed, in quanto brutto, a mio parere, bisognerebbe quantomeno renderlo "decente". RicambiandoLe gli Auguri per un Buon'Anno Nuovo, Lla saluto. G.P. Calchetti
2 genaio 2014 Buongiorno sig. Calchetti, non la prenda per una replica, che non amo fare ma, come anche si evince dalle parole di Tonino, come si suol dire questa volta l'ha fatta "fuori dal vaso". Un cordiale saluto e buon anno. A.M.
A "TONINO", DI GETTO E CON AFFETTO IO SONO MAZZINIANO E ME NE VANTO. GIAMMAI IL MIO PENSIER METTO IN UN "CANTO". IO SONO MAZZINIANO ED HO L'ARDIRE, DI QUEL CH'INTENDO, DIRE E ANCOR RIDIRE. QUI, NON SI TRATTA DI VERGINI VIOLATE O, QUANTOMENO, DI SPOSE MALTRATTATE, MA SOLO DI PAROLE "SCOMBiNATE", ASSIEME AD ALTRE, PEGGIO CHE INSENSATE. CHE A CAPODANNO VENGONO CANTATE. NON HO CAPITO, QUINDI, QUAL PECCATO IO FACCIA, SE PROPONGO CHE I VERSI CAMBIN "FACCIA", PER ESSER TRASPORTATI ENTRO BISACCIA. ED ESSER, POI, CANTATI PER IL GIGLIO, SECONDO TRADIZION, DI PADRE IN FIGLIO. DICENDO, IN FONDO, POI, LE STESSE COSE. PURCHE' SIAN, PER LA GENTE, "CONCETTOSE", E NON, COME ADESSO, "INCOMPRENDOSE". .
Carissimo Gianpiero nonostante io stimi molto il modo in cui scrivi e soprattutto l'amore che hai per la poesia, questa volta mi trovi in un TOTALE DISACCORDO al riguardo della nostra NENIA. Devi sapere che il sottoscritto (e non soltanto) allieta ogni tipo di festa: matrimoni, feste gigliesi, cantinate ecc. con una canzoncina che si chiama "Caterinella", cantata per la prima volta una cinquantina d'anni fa da un nostro caro paesano, ora purtroppo assente, di nome Rum Nunzio detto "Briscola". Ebbene quelle semplicissime parole di quella semplicissima canzoncina (cantata toccando le parti del corpo di una graziosa ragazza posta su di una sedia) non sono mai state cambiate nè da me nè da altri per migliorarle, anche se, spesso, mi è venuta quella tentazione. Prima di tutto per il rispetto al suo creatore e poi perché nel tempo quelle semplicissime parole sono diventate di tutti e il tempo stesso le ha rese piacevolissime e tradizionali. FIGURIAMOCI SE MI AZZARDASSI, COME TU PROPONI, (E POI CHI SARO' MAI IO PER FARE UNA COSA DEL GENERE) A TOCCARE LA NENIA DI CAPODANNO, IN POCHE PAROLE L'INNO DELL'ISOLA. LA TRADIZIONE PIU' LONGEVA, CON IL NOSTRO VINO ANSONACO. IO CHE AMO ALLA FOLLIA LE NOSTRE TRADIZIONI. E MI ARRABBIEREI NON POCO SE AD UN GLIGLIESE VENISSE PERMESSO DI "MUTARE" ANCHE LA PIU' SEMPLICE DELLE NOSTRE TRADIZIONI. Ti rinnovo gli auguri per un sereno anno nuovo pieno di salute.Il tuo amico Tonino. CAPODANNO Come se di lontano giungesse s'ode questa nenia Mentre s'infiamma l'aurora versi d'un canto tutto d'isola augurano felice ai vari marziani durante l'anno morto, dimostratisi. Si spande tra nebbie, rimbomba tra la Rocca e la Matta Casa, voce di goiventu'. Si spande e rinnova laggiù col coro di onde battenti. Poi ... ad ogni nota tende l'orecchio e d'un anno invecchia il testardo dentro cella, tende l'orecchio e d'un anno invecchia la saracena torre, tende l'orecchio e ancor piu' pende vecchiardo il faraglione. Tonino dicembre 1980.
PRETENSIOSO PERCHE'? “Pretensioso?”. A parte il fatto che sarebbe stato meglio scrivere “Pretenzioso”, in quanto espressivamente più netto, quando mai, sono stato pretensioso? E poi, “poeta”, quand’io, mai mi sono definito tale (non a caso ho scritto d’intendermi,, appena un poco, di Poesia)? E se d’un poeta ho parlato, senza, per altro, definirlo tale, ho accennato a “Tonino” Ansaldo, valente poeta gigliese (di cui, da tempo, tesso le lodi,) ormai “labronico”, siccome, dal cognome, alla stregua della brava Nada (che ho la fortuna d’incontrare, in quel di Montauto di Manciano, quando là mi reco a caccia di cinghiali), labronico dovrebbe essere anche Lei. Di certo, ha avuto un “bel coraggio” ad attaccare il mio “mal coraggio”, azzardato oltremisura nel tentativo di sollecitare una parziale innovazione (cui altri avrebbero, poi, dovuto ottemperare) d’una tradizione che, quest’oggi, vanta (almeno secondo la “vulgata”), ben tre lustri in più dei 250 anni , che hanno segnato lo scoccare del nuovo secolo (non “Secolo nuovo” perché altrimenti dovremmo andare indietro rispetto al 2.000). Comunque Lei, come del resto, tutti quelli che hanno avuto occasione di leggermi, sono ben liberi d’esprimere le proprie critiche (ci mancherebbe altro!). Quello che però, a mio parere non è lecito è che abbia cercato di coalizzare (come se, poi, ce ne fosse bisogno, ben conoscendo il carattere degli isolani; attorno al Suo moto di scandalo, i cittadini del Giglio. Così come, nel criticarmi, non avrebbe dovuto mischiare l’acqua col vino, perché le mie, per altro assai meditate riflessioni, non riguardano, né l’evento, in sé e per sé, né il replicare, anno dietro anno, una tradizione (se mi ha letto altre volte, sa bene quanto il sottoscritto tenga alle “radici”), bensì il contenuto della, per così dire, “cantata”, oggettivamente scadente ed insignificante al limite del mero flatus vocis. Insignificanti e scadenti, in quanto ogni evento che intenda perpetuare atti o fatti accaduti, deve trasmettere contenuti e concetti che “dicano”, o trasferiscano nell’animo di chi ascolta, significati intellettualmente fungibili. Che dicano qualcosa, insomma, oltre a mettere, una dietro l’altra, delle parole, magari sbagliando pure sintatticamente. A questo, punto, per non farla tanto lunga, le rivolgo alcune domande: 1° ) Ma lei l’ha letta la Nenia? 2° Ignora, forse, Lei, che il linguaggio, acciocché gli uomini potessero meglio esprimersi e comprendersi, è andato, via via, mutando dai tempi delle caverne (passando dal grugnito alla parola, progressivamente arricchita), fino a raggiungere i vertici, appunto, della “Poesia” universale o dialettalmente localistica? (si rilegga, a mo’ d’esempio, per favore, semprechè non l’abbia già fatto, quali differenze espressive ci siano anche solo a confrontare “il Cantico delle Creature” di San Francesco con “Le Laudi” del suo seguace Jacopone da Todi ed, appena più in qua, con “La Commedia” di Dante); 3° Se la conosce, perché, di grazia!, non chiede a Nada Malanima, a Lei omogenea per “casato”, se mai, non ostante la “disinvoltura” canora dimostrata in tanti e tanti anni di professione, se la sentirebbe di cantare i versi “astrusi” e non (guardi bene) surrealisti o immaginifici della Nenia ? Comunque, non me ne voglia ed abbia i miei migliori Auguri di Buon Anno!! P. S. Per favore, si astenga dal replicare. perchè può essere più che sicuro del fatto che altri, del Giglio, lo faranno, al suo posto, visto che, ormai, come mi sembra si usi dire in termini venatori, ha campanilisticamente scatenato una polemica, “aizzando i cani alla salita”!
SONO ESTERREFATTO IO!!!! NON SO I GIGLIESI!!! TROVO ECCESSIVO E PRETENSIOSO L'INSERIMENTO "POETICO" DI CALCHETTI. CREDO CHE PER I GIGLIESI IL VALORE DELLA NENIA NON SIA NEI VERSI, CHE IL "POETA" VORREBBE CAMBIARE, MA NELL'ANTICA TRADIZIONE DI ANDARLA A CANTARE PER TUTTA LA NOTTE AL FREDDO SOTTO LE CASE DI TUTTI GLI ABITANTI, TRASFERENDO LORO IL GRANDE VALORE DI RICONOSCIMENTO PER L'APPARTENENZA ALL'ISOLA. ALTRO CHE POESIA BUON ANNO A TUTTI.
UNA PROPOSTA SFACCIATA, AZZARDATA E, PUR TUTTAVIA, GIUSTIFICATA Gentile redazione di “GiglioNews”, ho letto l’annuncio della “Nenia di Capodanno” e, mentre plaudo alla bella iniziativa ed alla tradizione, senz’altro da conservare, sono rimasto assolutamente esterrefatto per la “pochezza” della, per così dire, “cantilena”. Di più, mi sono addirittura chiesto, com’è possibile che, dal 1750, nessuno vi abbia messo mano rendendola significativa e, perché no!, anche un po’ poetica. Buon ultimo avrebbe certamente potuto farlo “Tonino Ansaldo” se solo qualcuno (il Parroco, il Sindaco, la Proloco, la Misericordia), glielo avessere chiesto. Così come niente avrebbe vietato che, in merito, fosse stato bandito un concorso, aperto a tutta la cittadinanza del Giglio. Quanto alla musica, che non conosco in generale e che, nello specifico, non ho mai ascoltato, so bene che, per solito, prevale sul testo, al punto, sovente, di mortificarlo. Ma sono certo che non è questo il caso, perché i versi della “Nenia” non valgono niente. Scusate la mia sincerità, dovuta soprattutto al fatto che ho la presunzione d’intendermi, appena un pochino, di poesia. Presunzione ed azzardo che m’hanno spinto, a tamburo battente, rispettandone il “canovaccio”, di sostituire, in fretta e furia, ed in modo alquanto spregiudicato, i “cosiddetti” versi della tradizione con quelli che, sfacciatamente, mi permetto di allegare, quali eventuali sostituti per le prossime esibizioni, in attesa che altri migliori e di ben altro spessore, abbiano al più presto a subenttare. ANCHE QUEST’ANNO, CHE SIAMO PIU’ MATURI, SIAMO VENUTI A PORGERVI GLI AUGURI! BUON ANNO, QUINDI, AUGURIAMO, DA CANTORI, A CHI BONTA’ ED AMORE HA PER VALORI. CHE BELL’ASPETTO HAI, MADONNA PIA, IL DI’ CHE CIRCONCISO EGLI SARIA, IL TUO FIGLIO GESU’ CHE, APPENA NATO, LA STIRPE D’ABRAMO HA TESTE’ ACCETATTO QUALE GRANDE SPERANZA DEL CREATO GIACCHE’ FU COMANDATO DAL SIGNORE DI RISCATTAR D’ADAMO IL DISONORE. BUON ANNO PURE A TE, PRETE NOSTRANO, CHE IL FUTURO GIAMMAI TI PASSI INVANO, E SEMPRE IL SOLE A TE SIA RISPLENDENTE QUALE MIGLIOR PASTOR DELLA TUA GENTE, SIA CHE VENGA IN CHIESA O NE SIA ASSENTE. BUON ANNO A VOI SORELLE, CHE, DA FUORI, VENISTE A NOI LASCIANDO I GENITORI. E INSIEME SIA BENEDETTO CHI V’IMPOSE D’ESSERE DEL SIGNOR LE SANTE SPOSE VENUTE AD ACCASARVI GIUSTO AL GIGLIO, CHE DELL’ISOLE INTORNO E’ UN VISIBIGLIO. E PERCHE’ L’ ANNO ABBIA PACE ED ARMONIA, PREGATE ALLOR PER TUTTI IN LITANIA, SICCOME E’ SEMPRE STATO E COSI’ SIA, SICCOME è SEMPRE STATO, ALMEN FIN’ORA, ASSIEME ALLA CARA MADRE SUPERIORA.