La via che muove all’amore
Ci sono luoghi, spettatori fedeli del passato, che, come una grande casa della memoria, conservano parti indistruttibili della nostra storia e tali restano nella mente mantenendo lo stesso silenzio naturale conosciuto, la stessa luce rosata delle albe e quella rosso fuoco dei tramonti.
Piccole oasi che accettano il vento come segno della vita che vive e che si muove tra tempeste e cieli tersi.
Tutto, nella Grande Casa, resta. Una casa famigliare che ospita flora e fauna variegata nel respiro ritmato dalle stagioni; opposto è invece il genere umano, che taglia, trasforma e spesso … cancella.
La Terra, la immagino sorta, come fa il sole, in un luminoso mattino di maggio armonioso e profumato di ginestre; essa è gaia, felice, amena e lascia sempre qualcosa di liberatorio in chi l’ammira, ma noi, chiusi nella morsa della “sopravvivenza a pagamento” e contattati in ogni parte del cervello, - lo dimentichiamo - divenendo terra asfaltata e la terra asfaltata non preserva la Natura: la sciupa.
Vorrei proteggere i luoghi a me cari, non soltanto con la penna, soprattutto quelli circondati dal mare. Il sentimento di appartenenza che si attanaglia nel petto spesso diventa amor proprio e diffidenza verso chi sbarca arrivando da lontano: temo sempre di perdere qualcosa. Forse l'intima identità, (che viaggia sempre con me nella memoria).
La nostra “isoletta bella” (come canterebbe a tempo di valzer la compianta e amica del cuore Wilma Baffigi), piccolo mondo nel Mondo, resiste tra queste oasi: resta a galla in un abbraccio di onde e non sfugge all’occhio sensibile che vuol trovare appigli di partecipazione amorevole in un mondo che pian piano sfuma le sembianze primitive.
Messaggi silenti, come silente è la campagna; mute e trasognate sono le coti sotto il sole, le piccole discese … un ramo granoso che ombreggia sul masso ...
Viandanti invisibili che con grafia sincera, lasciano lungo il cammino parole semplici inneggianti alla natura che innamora.
Mai una frase di odio.
Nomi immortalati su sassi e scogli; non si leggono frasi volgari tra licheni e mortoli, tra spinarazzoli e lentischi e non si fa uso distorto degli scorci in codesto cammino che porta al mare verso l’infinito immaginario.
E forse, è proprio lo scenario che sconfina oltre il mare a ispirare l’anima al timido, ma deciso segno bianco; un segno anche sofferto perché chi saluta parte … e i distacchi, gli addii, nascondono sempre lacrime di rimpianto … se non d’amore.
Palma Silvestri
Camminando un giorno lungo la provinciale dal Castello al Campese:
PASSO DIETRO PASSO Passo dietro passo, hai tracciato un sentiero, un sentiero, d’affetti e d’amore, per quest’isola incantata, a me, purtroppo, diventata semiostile, che’ non la riesco piu’ a frequentare, non ostante, vorrei esserci sepolto, in alto, per mirare tutto il bello che uno sguardo può dare a un pescatore che, al mare, ha strappato la dimora. Ancora una volta, non hai dimenticato, anzi, di piu’, non hai voluto dimenticare le tue “mura” e i coltivi, ed i ricordi che, da secoli, compresi i Saraceni, hanno, imperiture, custodite, con tante storie antiche e tanti sacrifici, di comuni eventi e miserie umane, (ben prima d’essere eccelsi minatori, “corrosi” dalla la vita, nonché soccorritori solerti e ardimentosi) la nobiltà di censo e di mestiere di schiatte ch’hanno traversato il mondo intero, al comando d’intrepidi vascelli, fatti ad arte, siccome, zolla per zolla, e cote per cote, hanno strappato alla forra, coi “muricci”, una “vinatteria”, che sa d’eterno e d’empiti divini. E perché mai stupisci, “ninfa” di questa terra dall’alto mare, perché nel tuo “percorso”, comunque, faticoso e impegnativo, non hai trovato che scritte cose buone e speranze di fervidi ritorni? Una perla è una perla, e chi l’ammira perché, a volte, anche ci vive, non può che amarla, specie s’è, sempiterna, in faccia al sole?