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Lei e Lui ... storia di un amore gigliese
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Lei e Lui ... storia di un amore gigliese

- Dedicato a Carla e Amerigo -

Lei è giovane, ha da poco superato i vent’anni pieni di sogni e progetti per la sua carriera di maestra; sta aspettando la chiamata per insegnare nella scuola del suo paese, che è porto Santo Stefano, ma il destino, fa capolino un giorno ventoso di ottobre del ’56, con la telefonata del maestro Marinai, che, con molta enfasi, le comunica che a Giglio Porto c’è bisogno di un’insegnante e di partire subito.
Lei tentenna ... ha quasi paura; su un'isola sconosciuta. Da sola.
Ma l’uomo incalza: se vai, prenderai la paga pure d’estate.
Certo non è male come inizio; allora, anche se con molti timori, decide di fare quel sacrificio.

Da tre giorni il traghetto non partiva a causa del mare grosso come montagne.
Lo stato d’animo della giovane, non è per niente tranquillo quando alla Pilarella, cerca di salire l’instabile passerella del traghetto, ma calcolando il sali-scendi delle ondate, Virgilio, uomo di mare, l’aiuta a dare il fatidico salto:
fatto.
E’ a bordo.

Dentro, risulta essere l’unica passeggera di quella grigia traversata;
a mezzo canale vomita, ma finalmente arriva al Porto.

L’anno, trascorre intenso e veloce per la maestrina, indaffarata con una masnada di ragazzini abituali alla disciplina del vento e dove le reti e i legni da pesca, espressioni dell’opera marinara dei residenti, resistevano all’avanzata del cambiamento sociale, che sarebbe arrivato da lì a poco in quell’angolo della Marina, iniziato con la pavimentazione della spiaggia antistante le case, nel 1953.
C’era la Rama che portava al Paese: così veniva chiamato il Castello in quei tempi; definizione che derivava dall’essere il primo luogo abitativo fondato sull’isola e che aveva una roccaforte di difesa contro i feroci assalti storici dei pirati.
Il Porto: Giglio Porto, era un borgo molto popoloso di gente di mare.
Le prime abitazioni vennero ricavate dai magazzini dei pescatori; poi l’edilizia, fece la sua parte costruendo case poste a ghiera davanti al mare e dalle facciate colorate: colori come lanterne al bentornato del pescatore, che già dalla barca, poteva distinguere la sua casa. Gente dalla cultura marinara.

Durante il soggiorno, Lei, rimase colpita dalla maniera che avevano gli indigeni di usare la comunicazione sociale: ci fu un comizio davanti al bar di Giorgio Rum (oggi Caffè Ferraro), dove Nanni Pini, in piedi su una bitta di ferro, parlò chiaro: “Oh gente, bisogna sceglie tra, fa’ arrivare sull’isola un’infermiera o tenere Franca, la giovane levatrice già in servizio” e, a fine discorso, come Pilato chiese:
A chi volete?
E tutti (o quasi): LA LEVATRICE.
Scelta che la diceva lunga sulla considerazione della vita: la levatrice, garantiva la venuta al mondo, che già, come emergenza, aveva di mezzo il mare.
Per l’occasione, a dare man forte all’elezione immediata, scesero dal Castello molti giovani.
Era l’ultimo giorno di scuola e quella sera, l’amica Cecilia, organizza per la vittoria di Franca, un rinfresco in casa; un’allegra festicciola con ballo finale. Tra i volti nuovi del Castello, spicca un giovane, alto, distinto e dalla parlantina scorrevole, che non smette di fissare gli smeraldi che Lei ha al posto degli occhi; occhi grandi, in cui Lui vede tutto il suo futuro;
e come parte la musica, le chiede di ballare.
Lei accetta.
Lui, per tutta la serata, la stringe, cullato dai motivi che mandava il giradischi.

L’indomani all’alba, la giovane è pronta per tornare a casa con il primo vaporetto e il giovane, maestro come Lei, sapendo dell’imminente partenza, si fa trovare davanti la porta di Apollonia, dove Lei stava a pensione.
La voce gli trema come le mani, ma riesce lo stesso a dire la frase, che dopo quel bacio, dato al Monticello prima di prendere la via di casa, si era preparato nella testa arrovellata d’amore, senza chiudere occhio.
Mi vuoi sposare?
Lei rispose: si.

Le nozze avvennero al Monte; primo matrimonio officiato dai frati Cappuccini di quel convento. Al banchetto, il brindisi di “Bernardin fa vela” riecheggia ancora nei ricordi:
“Caro sposo sei un ladrone ...”
Sgomento tra gli invitati ... ma Bernardin proseguì:
... perché da Santo Stefano, hai rubato il meglio fiore.
Sorrisi e “evviva gli sposi,” a non finire.

Lui, la lascia a novant’anni, con ancora lo smeraldo degli occhi di Lei nei suoi. Lei è qui con figli e nipoti a raccontarmi la storia.
Aprile 2020.

Palma Silvestri