Domenica 30 maggio scorso, festa della S.S. Trinità, all'Isola del Giglio, nella quasi totale indifferenza di una stagione turistica appena all'inizio, si è verificato un fatto che, possiamo dire senza esagerare, ha veramente chiuso un'epoca. Infatti quella notte, per la prima volta dopo centinaia e centinaia di anni, dentro le mura di Giglio Castello non ha dormito neppure un asino! (A onor del vero al Castello esiste ancora un altro asino, ma ha la stalla fuori le mura.
I contadini gigliesi fino a non molti anni fa, avevano l'asino come unico mezzo di locomozione. Alcune famiglie ne avevano anche due o tre. Le stalle erano tutte sotto le abitazioni del Castello. Dal suono e dal ritmo dei ragli, i contadini di allora riuscivano a capire di chi era il somaro che ragliava.
I Castellani, man mano che hanno lasciato la campagna per altre attività, si sono liberati degli asini, tanto che, da centinaia di somari, dentro il Castello, ce ne era rimasto solo uno (di Pietro di Gentilina). Una bestia ormai anziana ma bravissima, che obbediva sempre al padrone, anche quando gli chiedeva di spostarsi un po' per salire o scendere meglio dal basto. Il proprietario, ormai anziano anche lui, ha lasciato la campagna e di conseguenza anche il ciuco, che è stato portato (all'inizio un po' recalcitrante) alla Torricella, da Ghigo Pardini, che ha altri asini.
Nel paese, d'ora in poi, nessuno sentirà più il raglio dell'ultimo somaro.
Aldo Aldi
Che dolci ricordi - il coro degli asini alle cinque del mattino, ben prima dei galli dormiglioni, quando uno cominciava e gli altri lo seguivano a turno per qualche minuto - poi di nuovo il silenzio. Che tristezza dover relegare anche questo alla memoria.
Vivevano in simbiosi come l'adolescente e il suo motorino. Penso alla sofferenza che il distacco, inevitabile, avrà provocato ad entrambi. Segniamo questa data come la conclusione della storia della civiltà contadina nel nostro Paese.
Grazie Aldo anche da parte mia per questa notizia e per i ricordi che mi porta, la mia figliola aspettava propio l'asino di Pietro tutte le sere per vederlo ed accarezzarlo.
Anch'io ringrazio Aldo per questo simpatico ricordo. Per una ragione particolare: Pietro tutte le mattine caricava l'asino e si apprestava a partire proprio sotto il baschetto di casa mia e la sera al tramonto ritornava. Ed era l'occasione per il ritrovo, d'estate, di tanti bimbi della città che amavano farsi fotografare con l'asino, animale che nella maggior parte dei casi non avevano mai visto. Come Aldo dedicherò a Pietro una foto, forse un po' malinconica, nell'apposita sezione
grazie Aldo per questa ennesima testimonianza. Forse uno degli obiettivi della mia generazione dovrebbe essere (almeno) quello di non perdere la memoria. Persa quella non solo perderemo i nostri usi e costumi, ma non ce ne accorgeremo neanche più.