E’ incredibile come a volte, avvenimenti importanti possano accadere nello stesso luogo uno di seguito all’altro e nel giro di pochi giorni. Così, la comunità gigliese, nella prima settimana di giugno si è svegliata dal suo torpore semi-estivo con una Grande Pioggia che si è abbattuta inesorabile due giorni e due notti per vicoli e stradelli, creando violenti gorghi e vallate. La Grande Pioggia si è anche inventata un suo torrente impetuoso lungo il dorso delle Cannelle che non si è fermato neanche di fronte al mare, portandosi via una povera signora inglese che amava quel luogo più della terra natia.

Con un tam - tam fradicio di tetti malati e gocciolanti è arrivata la notizia della morte del paesano Giovacchino Baffigi, il mitico, famoso come Giovacchino dei Lombi ma soprannominato ai tempi della sua giovinezza, Ceciangrano per il colore dei capelli che ricordavano appunto, quello del mais maturo. Fu Delfa, la mamma di Paoletto a dare tale soprannome: lui, Giovacchino, un giorno suonava la fisarmonica alla Cisterna scuotendo testa e ciuffo e Delfa, dall’uscio di casa osservando la chioma ramata lo paragonò alla spiga di granoturco mossa dal vento. Forse al suo orecchio tale definizione non arrivò mai, ma noi castellani della vecchia guardia, svezzati al ballo negli angoli della sala dei Lombi e poi maturati al suono della sua discoteca, lo chiamavamo cosi, con semplicità e simpatia e senza immaginare che il suo destino doveva incrociare, molto più tardi e per sempre, una donna i cui capelli avrebbero ricordato un campo di grano.

La scomparsa di Giovacchino richiama alla mente una canzone di Alvino (poeta del Porto) che inizia con la seguente frase: “ ... è finito ormai il tempo delle serenate, solo noi, con il cuore torniamo a cantarle ...”  Ecco, Giovacchino andandosene chiude per molti di noi un’epoca che ostinatamente tenevamo aperta perché custode dei nostri primi sogni: la sala da ballo, l’emozione degli incontri, gli amori, i giri di valzer, la giovinezza lontana ... Oggi, con il sapore amaro del distacco tutto si conclude al ritmo di quel ritornello “Caro Giovacchino,
solo noi con il cuore torneremo a quei sogni”.

Un tiepido sole stagliato nel cielo turchino, ha accompagnato invece i comizi e le votazioni amministrative dell’isola che hanno dato la vittoria alla lista di Sergio Ortelli, così i gigliesi hanno visto cambiare di botto, dall’oggi al domani, le idee, i passi, i volti dei suoi governanti: esultanti e sorridenti i primi, mesti e delusi i secondi. Auguri e buon lavoro alla nuova giunta ma un abbraccio affettuoso all’amico Attilio, l’unico sindaco che mi abbia fatto sentire quella bella sensazione di vera appartenenza al “Comune” grazie al suo raro dono della familiarità e dell’ascolto.

Con il tempo decisamente bello e con l’afa giusta per i bagnanti, nell’isola è giunta infine la notizia più bella di tutti i fatti sin qui citati: la Foca Monaca si è fatta fotografare nelle acque del Fondaccio, al Campese e ciò non poteva suscitare che meraviglia, gioia. Emozione. L’immagine di quel musetto dagli occhi furbetti mi ha riportato d’incanto alla mia adolescenza e alle nuotate estive che facevo con altri amici, tutti appoggiati ad un relitto d’albero, per raggiungere la grotta del Pertuso nel golfo del Campese e sentire il verso del Bove Marino. Ricordo ancora i brividi al pensiero che potesse essere sott’acqua, sotto i nostri piedi, poi lo vedemmo sbuffare. Fu un guizzo repentino che si perse nel buio algoso della cavità imminente. Ma a noi bastò.

Erano i tempi quieti del Giglio nostro, della spiaggia nostra e pure delle foche nostre, (allora, chi avrebbe disturbato il loro sonno?), poi, piano, piano tutto si è trasformato in situazioni sempre meno gigliesi, sempre più turistiche e con le foche migranti. Che ci ha voluto dire l’apparizione di quel musetto dagli occhi furbetti? Che tutto procede bene? O invece, (parafrasando un detto biblico) che non di solo mare vive il mare ma di coscienze oneste e di leggi giuste che vadano tutte a suo vantaggio?

Palma Silvestri - della Barroccia