Dolori, rinunce, problemi che si legano a delle domande di cui non si hanno risposte. E mentre il mondo tace l’universo femminile urla a gran voce il proprio disagio. 

Quando i mostri hanno nome e cognome. Sarebbe bello svegliarsi e pensare di aver letto l’ennesimo episodio della collana “Piccoli Brividi”. A conferma cerchi il libro sul comodino quando la solita fitta pungente in basso a sinistra ti riporta alla dura realtà. Lei, lui o forse solamente quella terza incomoda, si chiama Endometriosi. Brutto appellativo per una migliore amica che ti accompagnerà tutta la vita. Noi, sì quelle diverse come me, preferiamo soprannominarla simpaticamente Domi. Non troppo dolce, non troppo buffa, forse neanche tanto ilare, semplicemente più vicina al linguaggio comune.

L’endometriosi è una malattia in parte ancora misteriosa che riguarda le donne in età riproduttiva. In Italia colpisce il 30% della popolazione femminile, ovvero 3 milioni di persone circa. Un numero sorprendente se si pensa che la maggior parte dei ginecologi ne sottovalutano la triste esistenza gettandosi in diagnosi affrettate e poco efficaci. Nei casi più fortunati ci vogliono circa 7 anni e 5 diversi specialisti per la scoperta del malanno. Tecnicamente Domi consiste nella presenza di endometrio, ossia il tessuto che riveste la cavità interna dell’utero, al di fuori della sua sede naturale, provocando così la formazione di "noduli", "tumori", "lesioni", "impianti", o "escrescenze". Tali formazioni possono essere causa di dolore, sterilità e altri problemi. Non male per quella che si è presa da sola il podio tra le tue best friend.

Ma quali sono le cause che portano alla sua formazione? «Uno studio pubblicato nel 2009 condotto dalla Fondazione per l’Endometriosi insieme con alcuni atenei italiani ha avvalorato la causa embriogenetica, dimostrando la presenza di cellule dell’endometrio al di fuori della cavità uterina nel feto umano già alle 16.ma settimana di vita» spiega il presidente della Fondazione Endometriosi Onlus, il dott. Pietro Giulio Signorile. Insomma, all’apparenza, tutta colpa di mamma e papà. Ma il vero problema non è questo quanto la mancanza d’informazione. La malattia è uscita alla ribalta solo di recente, ha molti più anni del GF (le prime scoperte risalgono al lontano 1690) e molto meno spazio mediatico di Chi l'ha visto?. Noi “malate”, l’abbiamo vista bene, più che altro sentita e tenacemente sopportata. Giorni trascorsi nelle quattro mura di una camera senza sapere il perché. Pianti, domande e pochissime risposte, se non la classica “tutta colpa dello stress”. «Il vero problema è la scarsa sensibilizzazione tra i cittadini come tra gli specialisti del settore di tutto il mondo. Dal 2007 abbiamo costituito la Fondazione Italiana Endometriosi Onlus (FIE) intraprendendo numerose campagne informative per meglio conoscere la malattia» continua il dott. Signorile.

E finalmente qualcuno ha deciso di parlarne. Quest’anno è stato realizzato infatti insieme al Ministero per le Pari Opportunità, uno spot che vede come testimonial Nancy Brilli, particolarmente attenta a questa malattia di cui ha sofferto per anni. Il video della durata di 45’’ è visibile sul sito www.pariopportunita.gov.it e su quello della FIE www.endometriosi.it. A proposito l’attrice romana ha confidato: «lavorare con i dolori dell’endometriosi non lo auguro a nessuno, erano così forti da farti svenire. Avendo sperimentato in prima persona cosa significhi questa malattia, la difficoltà a diagnosticarla e a curarla, credo ci sia bisogno di una comunicazione più seria per far sì che le donne sappiano cosa devono affrontare, e come».

Qualcuno sostiene che il dolore è donna. Io non ci sto. Domi è invalidante sotto molti profili: fisico, psicologico, affettivo e, altresì, lavorativo. L’AIE (associazione italiana endometriosi) che dal 1999 informa e promuove attivamente la malattia, sta raccogliendo firme per sostenere la promulgazione di una legge che tuteli i diritti delle donne affette da endometriosi. Il modulo è scaricabile dal sito http://www.endoassoc.it/COSAFACCIAMO/Raccoltafirme.aspx. Intanto Rosalba Vetri, direttore generale della Comunicazione Ministero Pari Opportunità, fa sapere che il proprio Dicastero è impegnato nel rimuovere ogni discriminazione dovuta alla malattia. Noi, quelle della casta presieduta dalla signora Domi, siamo le diverse di cui parlare e allora, come giusto, dateci lo spazio che meritiamo.

Ma se a livello nazionale la macchina sta iniziando a funzionare, sfortunatamente a livello locale la strada da percorre è ancora lunga. Allora se informazione è sintomo di interesse gridiamo a gran voce perché tante urla insieme creano un boato dall’eco rombante.