Era nato a Giglio Castello il 9 settembre 1913 da Taddeo e Maddalena Bancalà. Da giovane aveva fatto il contadino e l'operaio. Non si era mai sposato e forse per questo motivo pensava di non essere un bell'uomo. Deve aver molto sofferto della sua solitudine esistenziale e, nonostante il carattere mite, fu un gran bestemmiatore. Memorabile la filza di bestemmie che disse in tempo di guerra, ai tempi della fame nera, allorché utilizzando della vinella per preparare la vegetina (una specie di minestra vegetale in polvere) finì per rovinare e rendere assolutamente immangiabile quel cibo già disgustoso di suo. Non so se le sue bestemmie siano sempre state espressione della sua rabbia contro il destino per le sue disgrazie o se, alla fine, la bestemmia rappresentasse solo un intercalare non intenzionale come capita a persone che, operate al cervello, diventano “afasiche”, cioè incapaci di parlare ma che continuano a bestemmiare come se nulla fosse.

Camillo Aldi fu pure emigrato in Svizzera assieme a un gruppo di scalpellini gigliesi. Il giorno del suo ritorno al Giglio crollarono delle case vicino alla sua, abbandonate da tempo, invadendo con le macerie la sua porta e il suo vicolo, che dovette liberare da solo, commentando: “Ti sembrava che dopo tanti secoli che erano ritte, queste case non dovevano “barà'” proprio il giorno che io tornavo dalla Svizzera!” ….e giù bestemmie.

Una volta, sempre al Giglio, durante una pausa per pranzare, alcuni suoi compagni di lavoro volevano convincerlo a votare comunista. Lui li ascoltò con attenzione e poi rispose: ”Voi dite delle cose giuste, ma se votando comunista poi andiamo a stà' peggio?”; al che ci fu uno scoppio di ilarità generale e tutti si misero a ridere e gli dissero : “Mangi pane secco di tre giorni con le acciughe e, come insalata, strappi “attaiola” dalle greppe! Hai paura di star peggio di così?”. Con la sua considerazione Camillo, che era di fede liberale, dimostrò comunque di possedere quella dignità e quella onestà intellettuale di chi riesce a dare giudizi sociali e politici indipendentemente dalla propria condizione personale , cosa di cui aveva comunque piena coscienza: una volta, al bar da Scipione, disse: “Se fondano la Società Mondiale dei Disgraziati, a me mi devino fa' presidente!”.

Camillo, ormai anziano, camminava lento, quasi sempre con l'ombrello ed aveva terrore dei tuoni e dei fulmini. Personalmente ho sempre provato per lui più un sentimento di tenerezza che di compassione e penso che se ne fosse reso conto. In ambulatorio mi raccontava i suoi piccoli guai. Una volta era alle prese con una ostinata stitichezza e mi disse, con quel vocabolario straordinario dei vecchi contadini gigliesi : “Le ho provate di tutte, pure le grugnole!”. Non avendo mai sentito tale termine, gli domandai che cosa significasse. Mi disse che sono le prugne che (per uno strano fenomeno naturale) non giungono mai a maturazione. Togo, che entrò dopo, mi spiegò che ne esistevano diversi tipi (melaie, ciabattone ecc.) facendomi addirittura una sotto-classificazione!

Camillo morì all'ospedale di Grosseto il 12 maggio del 2000, dato che trascorse gli ultimi periodi di vita in una casa di riposo del continente. Non è sepolto al Giglio. Nel piccolo cimitero di Giglio Castello, appena entrati a destra, una piccola croce di marmo (con la sua foto e i soli anni di nascita e di morte) lo ricorda con semplicità, come semplice e mite era stato in vita.

Non so cosa ci aspetta “al mondo di là” (mi perdoni Don Vittorio questa frase in un bollettino parrocchiale). Ma se Dio esiste e soprattutto se è vero che è infinita bontà, l'unica cosa di cui continuo a rimanere graniticamente certo è che Camillo, nonostante tutte le bestemmie dette in vita, siede ora in Paradiso, fra i beati di Dio Padre Onnipotente.

Armando Schiaffino