Come Presidente del Sindacato USCLAC – UNCDIM, ovvero dell’Organismo che rappresenta molti appartenenti allo Stato Maggiore della Marina Mercantile, ed ancora come Comandante che ha dedicato alla passione di andare per mare la parte più entusiasmante della vita professionale devo, in coerenza a quanto appreso sino dai tempi, ormai remoti, della mia presenza come allievo sui banchi dell’Istituto Nautico, evidenziare lo sconcerto che nutro di fronte ad un avvicendarsi di notizie, spesso battute ed espresse da soggetti privi della competenza tecnica necessaria per offrirle con il giusto equilibrio, che minano, quando la credibilità professionale non solo del Com.te Schettino, quando l’attendibilità di una Compagnia Armatoriale, leader europeo nel settore crocieristico ed indubbio fiore all’occhiello della Marineria Mercantile Italiana, quando ancora si spingono a lanciare ombre di sospetto nei confronti della categoria dei Comandanti, che spesso appare descritta come popolata dasoggettività a dir poco sbadate e superficiali.

Prescindendo, per le ragioni che più oltre rappresenterò, da ogni espressione di giudizio in merito all’operato del Comandante Schettino, ritengo indispensabile ribadire la serietà e l’impegno professionale profuso quotidianamente da tutto lo stato maggiore della marina mercantile, composto da Comandanti e Direttori di Macchina ed Ufficiali di coperta e macchina che fanno della responsabilità nei confronti dei loro passeggeri e del rispetto del rapporto contrattuale che li lega alle compagnie di navigazione l’elemento cardine di ogni loro attività, e che legano ogni loro azione di comando alla specularità più capillare di ogni procedura tecnica, oltre che alla dovuta ottemperanza al dettato del Codice della Navigazione.

Nella mia esperienza professionale, che in navigazione si è protratta per molti decenni affrontando quando con navi da carico, quando con navi da crociera, tratte transoceaniche di considerevole ed esaltante impegno, di fronte alla sciagura occorsa nelle acque del Giglio lo scorso 13 gennaio, pur avendo prestato la massima attenzione ad ogni dettaglio tecnico comunicato dalla stampa, non mi sentirei di certo in grado oggi, al buio della decifrazione del contenuto della scatola nera, e di fronte all’antiteticità di molti dei dati diffusi, di esprimere qualsivoglia tipo di giudizio che addossi, scarichi o spalmi sui diversi possibili attori di questo dramma, purtroppo reale, i termini delle responsabilità, quando causative, quando foriere dell’ingravescenza del disastro.

Di fronte all’impossibilità tecnica di apprendere, attraverso le notizie che gli Inquirenti hanno voluto e/o potuto comunicare, elementi idonei ad operare, tanto una corretta ricostruzione fattuale, quanto la dinamica degli eventi successivi all’impatto con lo scoglio, mi interrogo, non senza disagio emotivo, sulla ragione che induce i più a tranciare giudizi che, nella migliore delle ipotesi, accrescono solo il dolore per chi è stato ed è vittima di quella tragedia.

Il mio non vuole, né può essere un intervento che manifesti solidarietà ad altri se non ai passeggeri della Costa Concordia e soprattutto ai parenti di chi ha visto trasformare, quando la vacanza sognata, quando la concretezza di una opportunità lavorativa, nella fine della propria vita.

Ciò che però obiettivamente non accetto, non solo come uomo di mare, ma soprattutto come uomo che in ottant’anni di vita ha imparato a percorrere con prudenza ed equilibrio ogni percorso induttivo di un giudizio, è la spettacolarizzazione che i media stanno offrendo sottoponendo all’attenzione dell’opinione pubblica una sorta di tutto e di contrario di tutto idoneo solo ad accrescere la tragedia di insopportabile confusione.

L’auspicio serio è che la Magistratura Inquirente possa, in tempi ragionevoli, scindere ed offrire al vaglio di quella Giudicante i termini delle responsabilità colpevoli, omettendo, allo stato, di lanciare input forieri di ascrizioni che potrebbero trovare variazioni negli accertamenti tecnici ancora sub iudice.

Com.te Antonino Nobile
USCLAC/UNCDI