VIENI IN CANTINA CON NOI …
“Cantina”
“Raccontami la storia che appartiene alla mia famiglia, al mio paese, alla mia isola, perché voglio ritrovare la parte più vera e autentica delle mie origini soffocate da mattoni e cemento; da rovi e lentisco; Cantina, che hai tesori nascosti da cumuli di doghe marce, di ferro arrugginito; di terra. Oggetti della vera storia gigliese del vino, ottenuti con l’ingegno della necessità chiusa dal mare; residui che oggi parlano della nostra storia con la voce silenziosa del tempo andato.
“L’origine”
Terre scoscese, spesso veri dirupi si presentarono ai primi abitatori dell’isola del Giglio.
Un mondo aspro, che gli Uomini di quel trapassato remoto adattarono a loro misura, tagliando pietre di granito al fine di costruire greppe e poste da coltivare a vigneti, rendendo concreta una lunga fatica di opere traboccanti saggezza e fiero sudore.
Per secoli, tali vigneti hanno avvolto l’isola col verde delle loro foglie, tanto da lasciarle la definizione di “isola verde”.
“L’uva del Giglio”
Il ceppo ansonica, coltivato in terre dai nomi poetici e sognanti come “il Dolce, Aiarella, Pietrabona, Serrone, Verdello, Fontuccia, Scopeto, Canto del turco, Campana, Tre fonti, Altura, le Grotte, Dobbiarello, Pentovaldo, Appiata, Punta della Vena, Corvo, valle di sant’Antonio, Capelrosso e tantissimi altri, sigilla nel cuore di tutti gli isolani, la sacralità della lunga storia della vigna e dei suoi ritmi scanditi nelle stagioni dal lavoro dell’uomo gigliese.
Uva - la più bella- coltivata per essere venduta di là del mare: Ansonica, Regina, Biancone.
Cesti stracolmi di grappoli maturi in attesa dei bastimenti in arrivo dal Porto o dal Campese, si ancoravano lungo le calette granitiche, dove i coltivatori, a torso nudo, scuri di sole e di fatica aspettavano pronti a caricare e percepire il guadagno a volte magro a volte cospicuo, ma sempre portato a casa con meritata soddisfazione.
“I Palmenti”
Antichi siti campestri, protagonisti, fino agli inizi del ‘900 di quel ritmo finale della vigna: la vendemmia. La loro presenza nella campagna testimonia l’enorme produzione di uva e quindi di vino.
Calcicare (pestare) sul posto, nelle tine di pietra scavate dall’Uomo, i quintali d’uva che i ceppi ansonica producevano e portare il mosto, travasato negli otri di capra, nelle cantine: pronti gli asini carichi di soma, fedeli compagni di lavoro.
“15 settembre - festa di san Mamiliano - patrono dell’isola.”
“Il 15 settembre è una data importante, perché, subito dopo quei divertimenti, si dava inizio alla vendemmia” Testimonia Pietro Danei – detto Dentistrinti - contadino estinto come centinaia e centinaia di altri che hanno lavorato la terra palmo a palmo, “guardando in basso” per deformazione, anche fuori dalla vigna.
“Fine anni ’50"
Nella campagna isolana arriva la Fillossera, un parassita che farà strage del “ceppo ansonica” e di lì a poco tempo, chiude la miniera di pirite, che dava lavoro e vita ad un’isola con più di tremila persone.
Sgomento e incertezza del domani spinsero tante giovani famiglie, i cui sentimenti si leggevano negli occhi arrossati di pianto, a prendere decisioni dai distacchi drammatici, ma i gigliesi, spostandosi verso le fabbriche, verso città bisognose di manodopera seppero cogliere l’incerto destino lavorando, sgobbando e portando tutto a loro favore proprio come fecero gli antichi coltivatori e pigiatori dell’ansonica nel sistemare le greppe.
“La campagna abbandonata”
così bella, così vissuta, quasi si spopolò e pure l’isola.
Il “ceppo” fu innestato col selvatico americano, (vite americana). Ai gigliesi che restarono, col tempo subentrarono i figli che, occupati in lavori impiegatizi, andavano alla vigna nei ritagli di tempo riducendo le poste da lavorare; nelle restanti, abbandonate, crebbero la ginestra spinosa, il lentisco e i lunghi rovi che stravolsero i confini compattando un panorama quasi impenetrabile.
L’isola verde perse le strade vicinali che, collegando proprietà diverse arrivavano sino mare.
Perse, ad uno ad uno, i fedeli e muti aiutanti: i somari.
L’isola cessò di essere verde. Cessò di essere un’immensa vigna.
Da quegli anni le persone rimaste, per quel poco che potevano fare coltivarono salvando la tradizione e l’orgoglio isolano, perché dire:
uva ansonica - vino ansonaco, significava dire la storia della famiglia. Significava ritrovarsi in cantina con gli amici ed un bicchiere di vino in mano rispetto per le proprie radici e amore sconfinato verso il proprio scoglio.
“Il Turismo”
Negli anni ’70 il Giglio, immerso nel suo torpore forzato, viene scosso da una voce nuova che porterà benessere per alcuni e speranza di ripresa di lavoro per altri: il turismo.
Il turismo stravolge l’atavica realtà del Paese cambiando gli strumenti di lavoro degli uomini: Vengono appesi al chiodo marra, zappa e falcetto per dare spazio alla mescola, alla paiolella, alla calcina e ai mattoni. Per le donne, sempre partecipative nella vita agreste, si prospettano lavori ai fornelli, caldari, padelle; acquai zeppi di piatti da lavare e letti da rifare.
Le antiche celle degli asini e le pagliare, si trasformano d’incanto in accoglienti monolocali per forestieri innamorati delle bellezze naturali. Si balla, si canta e la vigna morente è lontana; l’importante è trovare nelle poche cantine del Paese un bicchiere di quel nettare.
Passano gli anni con la vigna ad uso familiare e a “frasca” estiva.
“2006”
La volontà della passione… e… “Prima che il rovo ci entri in casa”.
“la passione che provo per te, è sentimento puro” così dichiara il protagonista in un racconto di Italo Calvino; e con sentimento puro, seguendo tale passione per anni, nasce per volontà di un gruppo di gigliesi la Cooperativa Le Greppe; il fine è riportare le poste all’antico splendore, sbrogliarle dai rovi, far rinascere alcuni vigneti e coltivare ciò che la terra gigliese da sempre dà, naturalmente.
“Valore del mare, ma anche valore del territorio, in quest’isola benedetta”
Grazie anche alle nuove aziende vitivinicole sorte sul territorio isolano, vera linfa di questi anni moderni, tanti fazzoletti di terra tingono oggi la campagna di verde; Verde respiro isolano, che promuove la cantina anima della storia locale.
Palma Silvestri
Foto O. Brandaglia - festa dell’uva in piazza gloriosa; settembre 1954
Foto di Palma
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