Gentile redazione di Giglionews e lettori tutti, 
come Francesco Bancalà, mi trovavo anch'io in compagnia di mia figlia tredicenne Giorgia sulla spiaggia di Campese, lo scorso martedì. Lo vedevamo a pochi metri da noi, con una potente reflex dotata di un lungo teleobiettivo e appoggiata su di un palo, immobile ad inquadrare chissacosa nel mare di fronte a lui. Stava in piedi, le gambe appena divaricate per guadagnare maggiore stabilità, curvo sull'apparecchio fotografico, l'occhio al mirino. Da uomo di poca fede, mi chiedevo che cosa mai trovasse di interessante in uno scenario da spiaggia banale, non meritevole di una macchina così sofisticata. 

A pochi metri dalla batttigia, di fronte al Delfino, ci godevamo indolenti un tiepido sole primaverile. Per puro caso, nel girarmi alla ricerca di una posizione atta ad esporre al sole il lato più pallido, notai un gruppo di ospiti dell'Hotel "da Giovanni". Guardavano con grande attenzione verso il mare. Mi voltai e dopo qualche secondo di osservazione attenta vidi, con stupore prima e gioia poi, diverse sagome scure a pelo d'acqua.

Riconobbi la classica pinna dorsale dei delfini. Comparivano per qualche attimo, giusto il tempo per permettere a mia figlia di scattare una foto, si immergevano e sparivano alla vista per decine di secondi. Dopo un po' riemergevano, chi semplicemente disegnando un arco col dorso per respirare, chi per saltare dimostrando, apparentemente, una tranquilla felicità ignora delle umane preoccupazioni. Credo sbucati dal faraglione, sembrava volessero attraversare il golfo, diretti in piccoli gruppi o isolati, senza fretta, fino a sotto alla torre. Da lì, evidentemente soddisfatti, fecero rotta ad ovest, per doppiare quel Faraglione da dove erano giunti. 

Diverse persone li osservavano emozionati dalla riva, mentre il gommone dell'istituto biologico e un'altra piccola imbarcazione a remi avevano il privilegio di seguirli da vicino, il primo con il motore fuoribordo al minimo, i secondi muovendosi a remi, sempre attenti a non disturbarli. Che spettacolo! Che bello poter fare un po' di whale whatching non in alto mare ma sulla spiaggia delle vacanze estive! Mi sono sentito veramente un privilegiato, come se una divinità del mare avesse voluto farci un regalo eccezionale, un segno unico di benevolenza.

Ho chiesto a Mimmo, che vive da tempo immemore in spiaggia e che a quel dio Nettuno certo un poco ci somiglia, forse è suo parente ..., se gli fosse mai capitato in passato di vedere i delfini a Campese. "Sono anni che non li vedo!" mi ha risposto ancora sorpreso, confermandomi così di essere stato testimone di un evento raro assai. 

A memoria futura dell'evento vi invio le migliori delle fotografie scattate da mia figlia Giorgia con la sua Canon Digital Ixus 95 IS, apparecchio fotografico compatto che però, data la distanza, ha dato un discreto risultato. 

Morale della favola: una storia in più per restare innamorato dell'isola del Giglio!

Saluti a tutti,
Franco Brega