L’inizio non è fra i migliori. L’autoambulanza arriva in paese, è l’ultimo modello di autovettura che avremmo voluto vedere stasera. Come sempre ci domandiamo chi è lo o la sfortunata, chi sta male, la curiosità aumenta sempre più. Manca mezz’ora al concerto, finalmente la nostra curiosità viene appagata: porcaccia miseria è caduta la madre di un nostro amico e collega, sospetta frattura del femore, in tempo per partire con il traghetto delle 17:30. Dovremo fare il concerto con un trombone in meno e con l’umore non proprio alle stelle. Entriamo sulla nave, ci posizioniamo ognuno con il proprio leggio, davanti a noi ci sono le 100 sedie che si stanno riempiendo. Sono le 18:00 è l’ora d’inizio del concerto, come al solito, aspettiamo ancora un po’, le sedie sono piene, la gente in fondo è in piedi e sempre più numerosa. Siamo pronti. Il maestro sale sullo scranno, è elegante e attento come sempre, con lo stesso sguardo fra l’intimidatorio e l’incoraggiamento, le stesse raccomandazioni e via, la bacchetta vibra insieme alle nostre note. L’inizio è buono, suoniamo una marcia, la concentrazione è alta, l’acustica è perfetta, le trombe squillano come non mai, “Cavicchi” con la mazza non sbaglia un colpo, andiamo bene. Finisce il primo pezzo, quasi perfetto, se non fosse per gli strumenti come al solito freddi. Gli applausi si sprecano. Ad ogni pezzo ci guardiamo l’uno con l’altro come per compiacersi, siamo consapevoli di suonare bene, lo capiamo soprattutto dalla faccia del pubblico e questo ci spinge, ci motiva ancora di più. Continuiamo sempre in crescendo per un’ora e venti minuti circa. Verso la fine, come fanno nel Concerto di Capodanno a Vienna, il nostro maestro si gira verso il pubblico e lo invita a cantare mentre noi suoniamo, il brano non è la “Marcia di Radeski”, ma “La società dei magnaccioni”. Terminiamo con una simpatica canzone natalizia mettendo così la ciliegina sulla torta. E’ veramente un’ovazione, il pubblico si complimenta con il maestro e con ognuno di noi, siamo stanchi ma contenti, ci guardiamo l’uno con l’altro compiaciuti e soddisfatti. Beviamo un goccio di vino ansonico del nostro amico “Tittone” e ci salutiamo dandoci appuntamento a domani sera, ultimo giorno dell’anno per la solita caratteristica Serenata di Capodanno, con un pensiero al nostro collega e amico meno fortunato di noi. 

Pietro


Isola del Giglio OVAZIONE AL CONCERTO DELLA BANDA SULLA NAVE 1

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