Tre anni di presidenza del Parco nazionale dell’Arcipelago toscano: tre anni di lotte per la tutela dell’ambiente, tra la diffidenza degli autoctoni e la necessità di trovare una terza via per il turismo sostenibile, che rispetti la natura e vada oltre l’assalto agostano alle spiagge. Tutto questo lo racconta nel suo libro "Nel nome del Parco" (Effequ) Mario Tozzi, geologo e ricercatore del Cnr,a capo del Parco dalla fine del 2007, noto per i suoi scontri con gli isolani, che spesso non hanno visto di buon occhio il lavoro dell’istituzione. 

Con uno stile sarcastico, Tozzi racconta l’impresa di calarsi in una realtà così peculiare, dove l’ “elbanità” è un valore assoluto e chi viene da fuori è visto con una certa diffidenza, tanto più quando tenta di dare un ruolo vero e attivo a un ente che per molto tempo era rimasto fermo.
L’Arcipelago toscano è un paradiso in terra, tra vegetazione lussureggiante e mare cristallino, dove ancora oggi capita di avvistare specie rare: come la foca monaca che nell’estate del 2009 fu fotografata all’isola del Giglio. Eppure questo Eden si trova di fronte a un bivio che deciderà il suo futuro: optare per un turismo più sostenibile, spalmato in tutti i mesi dell’anno e non solo in alta stagione, valorizzando oltre al mare anche le ricchezze dell’entroterra, e puntando sulle Aree marine protette è per Tozzi l’unica strada che salverà la sua bellezza. 

Dopo tre anni di incontri e scontri con gli elbani, il Parco è oggi più accettato dalla gente, l’ambiente è protetto e, fra mille difficoltà, il turismo tiene. Inoltre il Parco ha destinato risorse come nessun altro organo dello Stato e, pure in periodo di vacche magre, riesce ancora a porre rimedio a guasti provocati da altri, come i cinghiali ridotti a numeri più sopportabili, o le isole riaperte al turismo di qualità. 
Tre anni che Tozzi riassume così: “Un’esperienza fondamentale di vita e la possibilità di imparare laddove sembrava ci fosse solo da insegnare”.