“CONCORDIA” … cum cordis

13 gennaio 2012 ore 21.30 circa, l’immensa nave procede lenta ed illuminata dal gran pavese e piena di risate, godendo della spensieratezza di un formicaio in mille faccende affaccendato. Pochi, a bordo, sanno di avanzare nel buio silenzioso che racchiude la meraviglia dell’Arcipelago toscano. E forse nessuno immagina di dare, innocentemente, un contributo a quanto sta per abbattersi su quel gioiello.

Per ora, nessuno ha pubblicamente dichiarato di sentirsi responsabile (sia pure in minima parte, e senza dolo, è ovvio) del macello avvenuto.

Eh no! E perché mai?

Chi sta dalla parte del business è stato abituato ad avere ragione. Meglio insistere sul dolente vittimismo che riscuote sempre simpatia, pietà, trasmissioni in tv,  dichiarazioni ai giornali, ecc.

Tanto c’è il comandante, dichiarato colpevole e reprobo già alle 23.00 della stessa sera, condannato da chi, per esperienza e responsabilità istituzionali, dovrebbe ben sapere che l’animo sconvolto non ha la grazia della ragione e che occorre prima sentire tutte le campane, anche quelle degli evidenti colpevoli, nonché attendere i risultati delle inchieste.

Dopodiché, se c’è da condannare, così sia.

Quando mai il panico, il terrore e la confusione moltiplicati per quattromila hanno prodotto un indizio, che sia uno, ragionevole? Per giorni e giorni si sono ascoltate caterve di sciocchezze, dirompenti come le cateratte del diluvio, o forse come i flutti che hanno violentato la povera “Concordia”. Somme non matematiche di commenti rilasciati sull’onda di una emotività, giustamente, fibrillante, cronisti improvvisati e non che hanno detto tutto e il contrario di tutto.

Chissà chi parlava?

Che grado di istruzione, credibilità e rispettabilità hanno nel loro paese o altrove? Che grado di conoscenza della scienza marinara e della “pratica del comando” ha autorizzato tanti commenti?

Chissà quanti hanno l’Alzheimer o avevano preso un sonnifero per l’insonnia? Se vedono o sentono bene, se erano ubriachi o drogati, o affranti e privi di capacità di giudizio? Se hanno precedenti penali, la “fedina” pulita, se è tutta gente per bene? Se capiscono l’italiano tanto da poter correttamente capire e riferire?

No, perché domande simili vengono comunemente, e spesso, rivolte a chiunque per accertarne l’attendibilità, la provenienza, od altro.

Com’è che in una circostanza tanto tragica e delicata, l’opinione pubblica ha ritenuto di poter fare a meno delle più elementari regole di saviezza?

“Scatola nera” e titoloni: “La verità sul naufragio della Concordia”…”Comandante inetto, codardo, ubriaco, impegnato in festini a bordo”…”L’eroismo di tizio, caio, meno male che c’erano, ecc. ecc.” Possiamo legittimamente aspettarci, da un momento all’altro, l’ennesimo colpo di scena da chi ha visto il comandante con l’alloro sulla testa suonare la lira, ispirato dalla dantesca visione della sua nave che affonda.

Telefonata choc tra la capitaneria di Livorno e la nave: l’unica cosa chiara era una voce esagitata, che rivendicava seccamente a sé il comando, sorda a qualunque altra ragione.

Certo che se fosse stato possibile salire e scendere dalla nave e mettersi a dividere la terrorizzata folla in categorie per contarla meglio, come mai i passeggeri non approfittarono di tale comodità per mettersi in salvo tutti, presto e bene?

Le ultime miglia percorse dalla “Concordia”, fortunatamente visibili in parecchi siti internet seri, mostrano chiaramente che, altro dall’affidarsi al caso, è stata una manovra da manuale nautico a portare la nave ad arenarsi con il suo osceno squarcio rivolto al cielo più che lasciarlo sommerso, forse per imbarcare meno acqua?

Quando si diffuse la notizia, in molti si saranno chiesti che cosa faceva la stella di Costa Crociere all’imboccatura di Giglio – Porto (o giù di lì). Adesso è chiaro: scampava i naufraghi da una sorte definitiva per metterli nelle sicure braccia dei gigliesi.

Un azzardo, certo, ma simile sciagura poteva avere un numero altissimo di vittime, se fosse accaduta più al largo.

Sappiamo che non è stato così, ma piangiamo ugualmente ogni singolo morto come se fossero mille anche se loro, le vere vittime, sono le uniche a non lamentarsi perché ormai al di sopra delle passioni umane.

Un gigante agonizzante che ispira pena e rispetto, ecco la nave Concordia, ammiraglia dei mari, con la sua ormai inutile dote di sofisticatissime strumentazioni satellitari, uccisa dai piccoli scogli de “Le Scole”, secca nota ai subacquei di mezzo mondo, per non dire ai marinai di mestiere.

E se, per un fatale attimo, il black-out non fosse stato solo elettrico, oscurando gli insignificanti e insidiosissimi sassi?

Ma, basta adesso. Basta anche cercare, dopo nove giorni ormai, solo cadaveri. E il momento di scongiurare l’altro gravissimo pericolo: un disastro ambientale di proporzioni indicibili, ed impiegare al meglio tutte le forze disponibili in un’azione efficace e tempestiva, si è perso anche troppo tempo e non vi sono giustificazioni valide per questo.

In queste ore decisive vorremmo un Comandante forte e sereno, quegli straordinari esseri che non hanno bisogno di urlare per imporsi, con le idee chiarissime sul da farsi e la giustizia nel cuore, capace di  mettere all’angolo ogni gesto o parola inutili allo scopo.

Si faccia avanti, se esiste, e lasciategli salvare il Giglio.

Bisogna svuotare la nave del suo veleno: migliaia di litri in carburanti vari ed altri agenti inquinanti, urge farlo immediatamente e nel modo più professionale possibile. Via le telecamere, via i cani da guardia che abbaiano ordini a destra e sinistra, via i presenzialisti, non ci saranno sconti per nessuno in questa faccenda e non credo basterebbe addebitare responsabilità per coprire una malvagità tale.

La bellezza particolarissima ed unica dell’isola e del suo ambiente, vanno protetti a tutti i costi e sappiamo molto bene che dopo tanti giorni, purtroppo, l’unico sopravvissuto da salvare è il mare del Giglio. Al lavoro, con lo stesso fervore encomiabile già dimostrato, perché il ricordo della maestosa “Concordia” sia almeno salvo dall’ingiuria di rappresentare una minaccia tanto grave.

Dedico una poesia alla splendida Isola del Giglio ed a quanti, nel naufragio della nave “Concordia” del 13/01/2012, vi hanno lasciato la vita.

Emmeffe 

La terra nell’acqua

Sei l’isola dove ho posato                                 Ora non ferma lo sguardo
le ali stanche e riparto ora                                sulle terre nei mari
più forte di nuove alleanze                               Ma scruta orizzonti più lunghi
e un grazie negli occhi                                     da accarezzare.
col miele di lacrime inattese                              Io ti porterei con me
che scorre senza bruciare.                                a volare
Nella caverna del cuore                                   tra i canti di stelle lontane.
ogni parola è un prezioso
cristallo e suona solo di riflessi                                          (Marilla Favale)
quando il sole amante
compare a baciarlo.