Prosegue il viaggio di Greenreport all’interno della proposta di riforma della legge quadro sulle Aree protette, la 394/91, fatta dal ministro dell’ambiente Stefania Prestigiacomo. Oggi ci occupiamo dell’aspetto forse più delicato, quello che riguarda regolamenti e Piani, cioè la natura e l’utilizzo dei vincoli e delle possibilità offerte da un’area protetta. L’impronta “privatistica” annunciata poco dopo la sua nomina a ministro dalla Prestigiacomo pare diluita ma ben presente. Vediamo insieme.

Regolamento del Parco

Qui i cambiamenti sembrano marginali, più che altro precisazioni, aggiunte e aggiornamenti ( come la ricerca scientifica biosanitaria), sottolineature rafforzativi dei vincoli che già disciplinano le attività dentro il territorio del parco come ad esempio l’aggiunta al comma a) della 394/91 sulla tipologia e modalità di costruzione di opere e manufatti: «vietando le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat».

Confermati i divieti di caccia e disturbo, danneggiamento e raccolta di specie animali e vegetali e l’introduzione di specie estranee; l’apertura di cave, miniere e discariche e l’asportazione di minerali; la modificazione del regime delle acque; la pubblicità non autorizzata dal parco fuori dai centri urbani; l’introduzione di mezzi di distruzione dei cicli biogeochimici e di armi ed esplosivi; i fuochi all’aperto; il sorvolo non autorizzato. Resta immutata (nonostante le pressioni della lobby della caccia selvaggia) la regolamentazione dei prelievi ed abbattimenti selettivi.

La proposta Prestigiacomo, conseguentemente alle modifiche proposte per Consiglio direttivo e Comunità del parco, abroga invece l’articolo 11 Bis della 394/91 Tutela dei valori naturali storici e ambientali e iniziative per la promozione economica e sociale che recitava «1. Il Consiglio direttivo del parco e la Comunità del parco elaborano contestualmente e attraverso reciproche consultazioni di cui agli articoli 12 e 14, il piano del parco e il piano pluriennale economico-sociale secondo le norme di cui agli stessi articoli 12 e 14».

Piano per il Parco

Qui la riscrittura è completa rispetto all’attuale testo della 394/91 e la proposta Prestigiacomo sembra voler utilizzare il nuovo articolo 12 della legge per definire le vere funzioni del parco nazionale utilizzando un linguaggio scientificamente aggiornato rispetto ad una legge che ormai risale ani fa : «1. La protezione della biodiversità a tutti i livelli di organizzazione (geni, specie, habitat, ecosistemi, paesaggio) e delle relative funzionalità ed interconnessioni, come pure la tutela del paesaggio relativamente a quegli aspetti e caratteri che costituiscono rappresentazione materiale visibile dell’identità nazionale, in quanto espressione dei valori naturali e ambientali, nonché storici, culturali, antropologici tradizionali, economico-produttivi ad essi connessi, affidate all’Ente parco sono perseguite attraverso lo strumento del piano del parco, di seguito denominato “piano”. 2. il piano deve in particolare contenere: a) la ricognizione dell’intero territorio, attraverso l’analisi degli elementi della biodiversità a tutti i suoi livelli di organizzazione (geni, specie, habitat, ecosistemi, paesaggio)e delle relative funzionalità ed interconnessioni e la conseguente definizione dei valori da tutelare, recuperare, riqualificare e valorizzare; b) l’analisi delle dinamiche di trasformazione del territorio attraverso l’individuazione dei fattori di rischio e degli elementi di vulnerabilità, la comparazione con gli altri atti di programmazione e di pianificazione, al fine di individuare, descrivere e valutare gli effetti significativi che l’attuazione del piano potrebbe avere sull’ambiente nonché le ragionevoli alternative ai sensi della direttiva 42/2001/CE (La valutazione ambientale come strumento nell'elaborazione e nell'adozione di determinati piani e programmi sull'ambiente, ndr); c) l’individuazione generale delle aree da sottoporre a specifiche misure di salvaguardia e utilizzazione; (manca il comma d, ndr); e) la determinazione di misure per la conservazione degli habitat e delle specie e, ove necessario, indirizzi e criteri per gli interventi sulle risorse naturali a tutti i livelli di organizzazione mantenendo integre le relative funzionalità ed interconnessioni; e-bis) la determinazione degli interventi che possono essere esonerati dalla Valutazione di Incidenza in quanto direttamente connessi e necessari al mantenimento di uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti nei siti; f) la determinazione di misure per mantenere e recuperare la qualità del paesaggio e della produzione agricola, nonché la fornitura di servizi ecosistemici dell’ambiente rurale (con particolare riguardo all’impatto di prodotti chimici, alla perdita di suolo e di biodiversità del suolo, al mantenimento di connettività es. fossi e siepi, alla conservazione delle aree “marginali”) e per favorire lo sviluppo di pratiche e di tecnologie a basso impatto ambientale; g) l’individuazione generale degli interventi di recupero e riqualificazione di aree significativamente compromesse o degradate; h) l’individuazione generale delle misure necessarie al corretto inserimento degli interventi di trasformazione del territorio, alle quali debbono riferirsi le azioni e gli investimenti finalizzati allo svilupopo sostenibile delle aree interessate tra cui i sistemi di accessibilità veicolare e pedonale con particolare riferimento alle destinazione turistica delle zone».

Tutto molto “moderno” e sottoscrivibile, una cosa che non farà certamente felici gli antiparco di tutta Italia che vedono confermati e indicati come elementi costitutivi dell’identità nazionale “vecchi”valori come il paesaggio e vedono fare l’ingresso nella proposta di riforma di termini come biodiversità, fattori di rischio, vulnerabilità, valutazione ambientale… tutti elementi di una complessità che sono visti da chi si oppone e critica i parchi come pericolose ubbie ambientaliste che distolgono dalla necessaria crescita intensiva e dal motto che di solito li unisce: «In casa nostra facciamo come ci pare».

Non a caso la proposta di riforma Prestigiacomo mantiene invece intatta la zonazione dei parchi prevista dalla legge 393/91: Zone A di riserva integrale; B di riserva generale orientata; C Aree di protezione; D di promozione economica e sociale non cambiando nulla del testo originale.

Tutto bene quindi? Non proprio, nei comma successivi torna a galla lo spirito centralistico della proposta di riforma che abbiamo intravisto per quel che riguarda gli organismi politico-gestionali del parco. Il nuovo testo prevede che «4. Il piano detta prescrizioni per le aree per le quali si rendono necessarie integrazioni con gli strumenti della pianificazione territoriale di comuni e province» esplicitando e rafforzando il carattere sovraordinato del piano del parco rispetto agli altri strumenti urbanistici locali, addirittura in modo prescrittivo.

Poi la proposta di riforma fa una “concessione” che mantiene però il pallino in mano al parco: «4. L’Ente parco organizza, con le proprie strutture e di concerto con la regione e gli enti locali, il monitoraggio per valutare costantemente l’efficacia del piano e mantenere aggiornato il quadro conoscitivo».

Il piano non è più predisposto dall’Ente parco, come recita la legge in vigore, ma «6. Il piano è predisposto dal presidente dell’Ente parco entro otto mesi dall’insediamento degli organi dell’Ente, secondo quanto previsto dalla presente legge». Fino ad oggi i mesi previsti erano 18.

Ma la novità più corposa riguarda l’Iter di adozione del piano che esclude praticamente regioni e comuni: «7. Il piano è adottato dal consiglio direttivo sentita la Comunità del parco, è approvato dalla regione entro 90 giorni dal suo inoltro da parte dell’Ente parco. 8. Il piano è sottoposto a valutazione ambientale strategica ai sensi della direttiva 42/2001/CE e del d.lgs. 152/2006 ed altre forme di consultazione delle autorità e del pubblico ivi previste». Come nella legge 394/91 attuale, ma con tempistiche diverse, se il parco non rispetta i tempi previsti per l’approvazione del piano lo fa il ministero dell’ambiente, cosa molto teorica, visto che nessun parco ha rispettato i limiti posti dalla legge attuale ma il ministero non ha mai esercitato le proprie prerogative. La riforma prevede anche che «10. Il piano è modificato con la stessa procedura necessaria alla sua approvazione ed è aggiornato con identica modalità almeno ogni 5 anni», fino ad oggi erano 10 anni. Un ritmo che non potrebbe probabilmente essere sostenuto da apparati tecnici degli enti parco oberati di lavoro e spesso ridotti ai minimi termini.

Rispetto alla procedura prevista dall’attuale legge 394/91 le modifiche procedurali per l’approvazione del piano del parco sono grandi e tutte a discapito del “controllo” degli enti locali sull’iter approvativo dello strumento. Infatti, nella riforma Prestigiacomo rimangono solo i 90 giorni di tempo dati alla regione per l’approvazione e vengono cancellati: il deposito del piano per 40 giorni presso i comuni per dare modo a tutti di prenderne visione; i successivi 40 giorni per presentare osservazioni scritte al piano alle quali l’Ente parco deve rispondere entro 30 giorni; il parere sulle medesime osservazioni che la regione deve dare entro 120 giorni. Salta anche ogni possibilità da parte della regione di “bloccare” il piano.

La semplificazione è evidente e passa per l’esclusione degli enti locali ma avrebbe bisogno di essere supportata nella sua volontà di semplificare un iter procedurale che ha mostrato molti limiti di parchi ben strutturati dal punto di vista tecnico-scientifico-amministrativo, il che, salvo rare eccezioni, non è stato certo garantito fino ad oggi dai vari governi, che hanno preferito utilizzare le aree protette come luoghi dove eseguire i tagli per rimpinguare altri settori. Insomma, parchi più veloci hanno bisogno di migliori strutture ed investimenti, altrimenti le leggi galleggeranno sulle buone intenzioni.

Nulla osta

Anche per quanto riguarda i nulla osta si punta ad una radicale semplificazione: restano immutata la sua obbligatorietà per «il rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all’interno del parco» ma, salvo il nuovo riferimento alla legge 241/1990 in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi, scompaiono tutte i comma della 394/91 riguardanti le modalità di ricorso contro il diniego di nulla osta, i poteri del Consiglio direttivo in materia e le scadenza temporali che oggi il parco è tenuto a rispettare.

(continua)

Umberto Mazzantini da www.greenreport.it