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"Cantine e vendemmie gigliesi: l’eco di una festa senza tempo"

Cari paesani o amici del Giglio, il seguente stralcio sulle antiche vendemmie isolane fa parte del mio nuovo romanzo inedito intitolato "Sinfonia del Pianello" che spero di pubblicare presto, come spero diventerete miei lettori.

... Le Cantine nell'eco di San Mamiliano e la vendemmia al Giglio.
(Il 18 novembre, festa di orgoglio e gratitudine per la conquistata libertà. Il 15 settembre, festa in piazza nella ricorrenza della morte del glorioso Patrono avvenuta nell'Anno Domini 460.)

In codesto modo i cari antichi isolani, poterono godere in allegria e gaiezza di quello spazio temporo - religioso, lontano dalle brume di novembre, ricco di eventi attesi tutto l'anno: il palio degli somari, il tiro alla fune, i balli e le quadriglie che univano in un divertente scambio di dame, tutti gli umori presenti, ma alla mezzanotte del 15, come nella favola di Cenerentola, i botti dei fochi chiudevano i festeggiamenti, e codesti usi li abbiamo conosciuti un po' anche noi, come conosciamo e partecipiamo il 15 settembre alla festa in piazza Gloriosa.

Forse, quello che molti non sanno legato al 16 settembre è il rito della vendemmia dei tempi d'oro: lo raccontavano i nostri avi, o, seduti sul murello fuori porta, Dentistrinti, Biagino e Gaetano di Allori, Monichino, Camorro, il Piave ... o la vigna oggi secca di Eusebia, contadina estinta come tutti gli altri che contribuirono alla vita di tali lontane usanze.

Fredde e tristi lapidi affisse nelle piazze, elencano i nomi dei caduti nelle guerre; la nostra campagna isolana invece, ci elenca ancora con orgoglio e allegria l'eco della schiera di soprannomi, buffi, spiritosi e dati tutti azzeccati; eco che risuona nelle tante parti delle greppe lavorate ma avvolte dai rovi.
Tanti soprannomi da farne l'appello!

In agosto: festa dell'uva più bella esposta in piazza. Dopo i festeggiamenti del 15: la vendemmia.
Si aprivano così, ancora prima dell'alba, i lunghi giorni della vendemmia: che spettacolo!
Un andirivieni assonnato di donne, somari, giovanotti con ancora addosso l'odore della festa riempiva la campagna.

Un'allegria diversa dalla festa appena finita animava le cantine del paese aperte alla vendemmia, al sudore, all'uva ansonica, regina, biancone, mentre piccoli falò venivano accesi negli angoli delle mura: l'acqua bollente disinfettava e liberava dai residui "di spunto acetoso," le doghe in legno delle botti. Per calcicare l'uva, i più ingegnosi usavano un pestatoio di legno creato da loro stessi. Io ne ho uno appartenuto al nonno di Pietro di Sandrinello, lasciatomi con grande raccomandazione di conservarlo in attesa che nasca alla rocca un museo / archivio storico.

Per non parlare dell'entusiasmo dei figli più piccoli che correvano alla conquista della brace con una patata da abbrustolire ... e dovevano essere lesti perché la fame tutto trasformava in lotta per un posto ... anche una patata arrostita, gustosa cena di un'epoca carente del necessario, era un dono conquistato.

Nel ricordo di chi ci ha lasciato tale eredità come storia, saluto le antiche vendemmie esprimendo un piccolo canto: "Cantine ... Orgoglio e vanto dell'uva dorata /che i nostri Vecchi colà calcicata/ facevan bollire per poi ottenere/ l'ansonaco giusto dentro al bicchiere."

Buona festa dell'uva e delle Cantine.

Palma Silvestri